
L’eterno successo di Don Matteo, tra sceneggiatura e pubblico
La dodicesima (e forse ultima) stagione di Don Matteo si è ormai conclusa, registrando il record di share a ogni puntata.
Una delle più longeve fiction di RAI 1, caposaldo assoluto del palinsesto primaverile, è da sempre un mix perfetto di generi e stili: il giallo all’italiana, che alle prove del DNA preferisce improbabili confessioni spontanee; la commedia romantica, tutta giocata su fraintendimenti e malintesi, grandi amori e imperdonabili disastri; gli immancabili siparietti comici generati da personaggi-macchiette, dal maresciallo impiccione, ma di buon cuore agli strampalati abitanti della canonica; e infine, la geniale spennellata di moralità religiosa.
Tutto questo retto alla perfezione da un cast eterogeneo di attori, che alle solida fondamenta dei personaggi principali (Don Matteo ‒ Terence Hill, il Maresciallo Cecchini ‒ Nino Frassica ecc.) aggiunge di anno in anno volti nuovi, pescati o tra le giovani star di Instagram (è questo il caso di Mariasole Pollio, new entry dell’undicesima stagione; ma anche di Pasquale Di Nuzzo, ex ballerino di Amici seguitissimo sui social) o tra i nomi diventati famosi grazie ad altre fiction italiane.
Un meccanismo che funziona, perché genera un ampliamento di pubblico costante: i milioni di follower di Mariasole, per lo più ragazzini, seguono Don Matteo per vedere la loro beniamina; gli appassionati di Che Dio Ci Aiuti o de l’Allieva o di qualsiasi altra fiction italiana, si ritrovano loro malgrado a seguire i nuovi panni di attori amati e conosciuti, in un sistema di connessioni che giova un po’ a tutti.
Per non parlare poi degli ospiti speciali che vengono coinvolti in alcune puntate, unendo mondi tra loro lontanissimi. Dall’indimenticabile prova attoriale di Andrea Damante, che nell’undicesima stagione interpreta un languido e irriverente tronista, si è quest’anno passati alle comparsate di Fabio Rovazzi e dei The Jackal, inaspettatamente alle prese con videocamere e social network. Sì, gli sceneggiatori di Don Matteo si divertono un mondo. E probabilmente sì, sono gli stessi de Gli Occhi del Cuore. Quest’anno hanno davvero dato il meglio di sé, con addirittura un messaggio audio del Papa (!) fatto apposta per una puntata della serie.
Altra novità è stata poi la scelta di abbinare ogni episodio a un comandamento, per un totale di dieci storie tematiche. Particolarmente riuscita la trama di «Non nominare il nome di Dio invano», in cui il senso del comandamento è stato declinato in varie azioni delittuose in alcun modo collegate all’atto di bestemmiare. Semplicemente, ogni tanto ai personaggi scappava di paragonarsi a Dio, o di esprimere le proprie emozioni con, nell’ordine “O mio Dio” “Dio santo!” “Dio Mio…” in maniera assolutamente spontanea e non forzata.
Ma questo è anche l’episodio che contiene un importante messaggio rivolto ai giovani telespettatori: la droga è pericolosa ed è meglio non averci a che fare. Il ballerino ex amico di Maria de Filippi assume infatti a sua insaputa dell’MDMA, poi fa un incidente in moto e perde una gamba, amputata assieme alle sue velleità di danzatore. Come se non bastasse, i genitori vogliono mandarlo “in una clinica per drogati”, perché giustamente non credono alla versione mi hanno sciolto la droga nel bicchiere.
Un tale concentrato di sfighe lo si era visto solo nei testi di Irama, ma qui gli sceneggiatori hanno chiaramente voluto veicolare alla puntata un insegnamento forte e difficilmente fraintendibile. Naturalmente però, i cattivi non sono cattivi davvero, e anche il personaggio dello spacciatore viene via via riabilitato, si pente, capisce la gravità del suo gesto e arriva ad autodenunciarsi, sotto lo sguardo placido e soddisfatto di Don Matteo.

Ma soprattutto, questa dodicesima edizione ha messo bene in evidenza lo stretto legame che unisce sceneggiatura e pubblico, il cui volere è abilmente intercettato dai canali social della serie. La pagina Facebook di Don Matteo è un microcosmo perfettamente funzionante, dove tutti esprimono la propria opinione sull’andamento della trama, tifando ora per questo ora per quel personaggio, disperandosi per determinate scelte di regia, criticando attori, costumi e colonne sonore. Natalina è perciò unanimemente ritenuta colpevole di vestirsi in maniera poco appropriata per ruolo ed età, mentre le scelte amorose della Capitana sono fonte di aspri dibattiti. Come in ogni film dogma che si rispetti, la bella protagonista è contesa tra due pretendenti: il bello e dannato, ex delinquente poi riscopertosi bravo ragazzo e un PM dal cuore di panna ma fin troppo maldestro. Tra colpi di scena, puntante cariche di suspance e incredibili plot twist, il fandom di Don Matteo si ritrova diviso nei due #team, in un vero e proprio derby d’amore.

Ma la vittoria più significativa il pubblico di RAI 1 l’ha ottenuta sulla sigla: nella scorsa edizione infatti, un cambio repentino della musica che da sempre accompagnava i titoli di testa della fiction aveva distrutto le certezze di molti. Nulla identifica Don Matteo più di quel nananana iniziale, e il non sentirlo genera effettivamente un vero e proprio senso di disorientamento. Compatto, il popolo del web ha così espresso il proprio dissenso, minacciando azioni di massa e rivendicazioni sindacali. Un anno dopo, la sigla è tornata quella di sempre. El pueblo unido jamàs serà vencido!
Se non hai ancora visto il video di Putin e Trump che suonano insieme la sigla di Don Matteo questo è un buon momento per farlo: Clicca qui per il video
Lo stesso sembra star accadendo in risposta ai rumors che danno la serie per finita, dopo dodici entusiasmanti stagioni. Petizioni su change.org, scioperi della fame e mail bombing sono già in atto per convincere i produttori a cambiare idea, mentre l’ala estremista dei fan minaccia di rapire Terence Hill e gettare il paese nel terrore. Toglieteci tutto, ma non quella tunica rammendata, il finto italiano strascicato, il sorriso-paralisi e quei magnetici occhi azzurri che guardano fisso in camera.
Allora sì che #andràtuttobene.
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