
La gabbianella e il gatto – Considerazioni pratiche sul ritorno di un classico
Disponibile in streaming sulle piattaforme Netflix ed Infinity, La gabbianella e il gatto (1998) si (ri)presenta alla nostra attenzione di appassionati dell’animazione in questo periodo di quarantena. Il noto capolavoro, opera di Enzo D’Alò, tratto dal romanzo dello scrittore cileno Luis Sepúlveda, ci invita oggi a nuove e più ampie considerazioni.
Perché rispolverare un film come La gabbianella e il gatto? Indubbiamente vi si trattano temi che risultano centrali in più fasce d’età, sicché il pubblico di riferimento è certamente ampio. Tuttavia, non è solo nei temi che risiede la scelta di riproporre al fruitore delle due piattaforme la visione della più celebre delle opere del regista napoletano. La scelta di rispolverare vecchi classici potrebbe considerarsi determinata da esigenze legate anche al contesto in cui ci troviamo a vivere.
Le conseguenze del blocco delle produzioni in corso fanno ipotizzare un contesto di cambiamento dalla portata non certo ancora quantificabile per il mondo dello spettacolo. Con la totale chiusura delle sale, il cinema viaggia prevalentemente in streaming e ciò rappresenterebbe un momento di centralità delle piattaforme come Netflix. Sennonché la chiusura di tutte le sale è accompagnata dal blocco delle produzioni che inevitabilmente si tradurrà in una forte riduzione di nuovi contenuti. Il concreto rischio di un esaurimento del materiale, o comunque di una sua diminuzione, determina l’esigenza di trovare modi e mezzi affinché un canale come la piattaforma rimanga in vita: rispolverare alcuni capolavori sembrerebbe un ipotesi di intrattenimento valida al momento.
Del resto invogliare a rivedere prodotti che hanno avuto ampio consenso fa perno anche sulla nostra dimensione emotiva: chi non ha cominciato un re-watch della propria serie preferita o dei film più cari? Il rivedere opere note permette allo spettatore di alimentare un senso di sicurezza poiché consente il rifugiarsi all’interno di un orizzonte di assoluta prevedibilità, una comfort zone dove le capacità indiziarie rispetto alla trama sono soddisfate al massimo grado: non c’è colpo di scena che sia realmente tale, imprevisto che non si possa riportare entro un orizzonte di normalità. E di senso di sicurezza in questo momento sembra essercene bisogno più che mai.
In questi termini La gabbianella e il gatto risulta una scelta sicura, non soltanto per l’universalità del tema centrale del racconto, ma anche per la scelta di un’animazione che renda accessibile il testo filmico a chiunque senza inficiare l’esito estetico finale. La regia di Enzo D’Alò si è dimostrata capace di cogliere le novità del suo momento storico, producendo un pregevole prodotto artistico. Nel 1998, anno d’uscita de La gabbianella e il gatto, l’animazione digitale aveva permesso la creazione della mastodontica sala da ballo ne La bella e la bestia (1991) e di un intero prodotto, Toy Story (1995); con il suo lavoro, D’Alò non solo si è mostrato in grado di cogliere le novità della computer grafica, ma anche di saper far dialogare il tradizionale disegno a mano con la più moderna tecnica, fra l’altro impiegata in un momento cruciale del racconto, il danno alla petroliera, danno che è il motore della vicenda narrata.
La gabbianella e il gatto è stato ad oggi il più grande successo del regista, accompagnato da altri celebri lavori quali Momo alla conquista del tempo (2001) e Pinocchio (2012). Le scelte di D’Alò contribuiscono a far acquistare all’Italia una sua importanza nel mondo dell’animazione, con successi di pubblico e critica. Ma, se la tecnica è degna di considerazione per le novità che accoglie e per l’immaginario poetico universale che riesce a creare, sembrerebbe che riproporre la pellicola nell’estrema incertezza di questi giorni voglia rispondere più a un fine pratico: tenere vive le piattaforme con un prodotto di successo collaudato. La gabbianella e il gatto non è che una possibilità tra i molti film d’animazione offerti sempre su Netflix: Dragon Trainer, Madagascar 2, Le 5 leggende… Ma fin quando può funzionare questo meccanismo?
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