
La pianessa: storia di una surrealtà interdisciplinare
La stagione di prosa 2019/2020 del teatro Gerolamo propone un intrigante percorso – decisamente sui generis nel panorama milanese – intimamente legato alla letteratura, in particolare novecentesca, ai suoi personaggi più iconici e ai suoi protagonisti di spicco: dai racconti di Buzzati, agli atti unici di Natalia Ginzburg, passando per lo struggente carteggio tra Luigi Pirandello e Marta Abba e senza trascurare voci molto recenti – tra cui Raffaele La Capria e Lidia Ravera – o altre cronologicamente più datate, ma tematicamente attuali, quale ad esempio Katherine Mansfield.
L’uno e il due febbraio, in prima milanese, è andato in scena un appassionato tributo alle sfaccettature di un artista brillante e poliedrico: La pianessa, con Lucia Poli, si configura come collage di alcuni testi di Alberto Savinio (Pianista bianco, La pianessa, Vecchio pianoforte e l’affascinante, malioso ritratto di Isadora Duncan), sapientemente giustapposto alle suggestive note di pianoforte del Maestro Marco Scolastra.
Una voce decisa dal tono fiabesco, sporadiche arguzie mimiche e spartiti cari a Savinio – da Mozart a Chopin, imbattendosi in Rossini – o da lui stesso composti traghettano lo spettatore in un universo onirico-allucinatorio, che non si fa fatica ad associare alla statica attesa dei manichini solitari in piazze deserte nei dipinti di suo fratello Giorgio, vertice della pittura metafisica.
Un pianista fantasma, un pianoforte orgoglioso e disobbediente che decide di suonare Bach, i piccoli pianoforti imbizzarriti a casa della solitaria signora Fufù: Lucia Poli conduce lo spettatore attraverso una coacervo di immagini surreali e, nel dare voce alla parola arguta e variopinta di Savinio, valorizza la carica dirompente delle atmosfere, destabilizzando uno spettatore di volta in volta esterrefatto e divertito, talvolta turbato.
L’ordinaria quotidianità sfuma gradualmente in situazioni fantasmagoriche e atmosfere visionarie; il passaggio dal reale al fantastico si manifesta impercettibile, quasi fosse intrinseco al bíos, connaturato nell’esistenza umana: l’insolito e l’eccezionale si vanno a incastonare nella norma del quotidiano, ne diventano parte integrante. L’effetto che ne deriva è il perturbante, soglia in cui alla realtà si sovrappongono il chimerico, l’astruso e il proibito; Lucia Poli si immette in quell’interstizio dove esiste una storia ancora possibile che aspetta di essere raccontata con leggerezza e ironia.
Il pianista, dal canto suo, coglie le molteplici sfumature della personalità di Savinio e l’eclettismo del suo linguaggio artistico, materializzando il metafisico e il soprasensibile in note ora agili e soavi, ora grevi e sgraziate. Il reale appare perciò scomposto, disarticolato, sorpreso nella sua stravagante eterogeneità; e ciò grazie alla sinergia di forme artistiche disparate e complementari. Il connubio di spartito musicale e testo letterario si fa esplicito rimando all’approccio trasversale di Savinio, catapultando lo spettatore nel tumultuante caleidoscopio verbale dell’ingegnoso ateniese.
Musica, scrittura e ars teatrale danno vita a suggestivi affreschi e questo, al di là degli straordinari testi selezionati, rappresenta l’omaggio più grande al versatile Savinio: rompere le barriere fra le varie arti, all’insegna di un dinamico, ironico e inquieto divertissement interdisciplinare.
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