
Medium – Incontrare la morte per tornare a vivere
La vita è fatta di momenti: alcuni in cui si accelera, altri in cui ci si blocca e si vive una crisi profonda. Il lutto, la perdita e la presa di consapevolezza del sé sono fasi delicate da affrontare soprattutto se si è soli. Ci sono momenti in cui è necessario rivolgersi a qualcuno ed incontrare la morte per poter tornare a vivere. Di questo parla Medium, il documentario di Laura Cini arrivato in sala lo scorso 2 luglio: riprendere in mano la propria vita dopo aver fatto un viaggio – un incontro – catartico.
Sirio e Nadia hanno delle questioni in sospeso da risolvere: lui deve elaborare la perdita della moglie, grande amore della sua vita, morta suicida. Lei deve fare i conti con il suo passato, con una madre e un padre che non le hanno reso facile la crescita e che con la loro assenza hanno condizionato tutte le sue scelte. Sirio e Nadia decidono – chi con più scetticismo e chi con meno – di rivolgersi a una medium, Tarika Di Maggio, nella speranza di ricevere l’aiuto di cui hanno bisogno.
Laura Cini porta avanti due storie parallele dal dipanarsi di cui prende forma la figura della medium, una donna che non cerca i riflettori, che non si arma di gesti e formule eclatanti per apparire, ma che lavora nell’ombra e nel silenzio portando avanti la sua ricerca. Mentre si entra, in punta di piedi e con estremo rispetto, nel cuore del privato di Sirio Nadia, Tarika ha modo di mostrare la sua arte, di dimostrare in cosa consiste, di spiegarsi senza incorrere in inutili didascalismi che appesantirebbero solo la narrazione, che al contrario deve e vuole essere delicata.
I defunti si palesano, entrano in contatto con Tarika davanti allo sguardo impaurito e speranzoso di chi con loro vuole dialogare. Nadia sente la necessità di scoprire chi fosse quella madre morta in carcere quando aveva lei aveva appena sette anni, vuole sapere se al suo profilo corrisponde realmente l’appellativo di ladra, di donna poco di buono che le era sempre stato affibbiato. Quando contatta il padre, temuto sin da bambina e mai affrontato, Nadia sente il bisogno di sapere se è mai stata amata, lei che nonostante tutto quel padre meschino e violento lo avrebbe anche perdonato di fronte ad un sincero pentimento. Sirio, invece, per poter andare oltre e tornare a vivere ha bisogno di conoscere le ragioni che hanno spinto la moglie a togliersi la vita, di sentirsi dire chiaramente se lui ne è stato la causa primaria del coraggioso – come lo definisce la medium – gesto.
Al centro dei contatti tra defunti e viventi ci sono le parole, quelle tutte da interpretare che arrivano a Tarika e che lei con una rapidità innaturale – o sovrannaturale – riporta prima su fogli di carta e poi all’interlocutore che col fiato sospeso – un po’ come lo spettatore – la osserva alla ricerca di risposte. Il linguaggio si manifesta dunque, anche in simili esperienze, la chiave dei rapporti. La chiarezza deve essere peculiarità di chi cerca il contatto, il potere evocativo dei ricordi e delle sensazioni è la cifra del defunto. Tarika, l’intermediaria, è invece alla continua ricerca di una possibile codificazione che semplifichi il dialogo, che colmi le lacune e che non lasci spazio a sospesi e non detti.
In Medium non ci sono solo “sedute spiritiche”. Queste sono solo la punta di un iceberg che si inabissa nella quotidianità e nel passato dei tre protagonisti. Laura Cini vuole mostrare l’inconsueto ma anche il consueto, di personaggi alle prese con la loro normalità, a contatto con gli oggetti e gli individui che determinano la loro esistenza presente. Chiaramente l’aspetto accattivante e perturbante sta nel mostrare Tarika Di Maggio a contatto con i suoi collaboratori, con le sue altre attività, assorta nelle pratiche meditative. La quiete, il silenzio, la calma diventano qualità estetizzanti nella rappresentazione di un personaggio che si allontana radicalmente dall’immaginario del santone straccivendolo o maestro di vita. Anche quando Tarika si racconta e dialoga con curiosi, lo fa con umiltà, con il sorriso, sfoggiando una capacità comunicativa garbata, mai irruenta o sopra le righe.
Il lavoro di Laura Cini è senza dubbio per pochi: non perché sia complesso o troppo intellettuale, piuttosto perché va a toccare con sicurezza, pragmatismo ed eleganza un tema difficile, da molti osteggiato e da altri temuto. Per lo spettatore, anche per il più versatile, è necessario prendere confidenza con le immagini e le suggestioni che esse rilasciano prima di abituarsi ed entrare a capofitto nella storia. Una bella prova, coraggiosa nel suo sapere sempre mantenere un saldo equilibrio, senza mai eccedere o tirarsi indietro. Pulito e fedele a se stesso Medium è una piacevole sorpresa, una finestra che si apre senza alcun frastuono sull’ignoto e sul ruolo che può avere quando ci si deve rialzare per ripartire.
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