
Supermarket: il prezzo assurdo della vita
Supermarket, la nuova produzione teatrale targata Elsinor Centro di Produzione Teatrale, colpisce fin da subito lo spettatore, attraverso una messa in scena originale, efficace ed eterodossa. Quello che Gipo Gurrado orchestra attraverso i nove attori del suo cast è nei fatti una tragicommedia musicale che riprende e rinnova gli stilemi del teatro canzone all’interno di una cornice dissacrante, politically incorrect ed a suo modo meditativa.
I corpi che vivono l’opera sono un’entità unica e comunque eterogenea, un gruppo formato da persone di sesso, età, corporatura, vestiario differenti – elementi caratterizzanti i diversi personaggi ma che non fanno altro che evidenziare la comune appartenenza, il comune destino: la condanna alla spesa nel supermercato, pena che colpisce gran parte della popolazione adulta mondiale, indistintamente. Un susseguirsi di distinte vicissitudini, che solo in partenza ricordano situazioni reali e frequenti e che si rivelano ben presto cupamente grottesche, è quello che, riguardando a turno un singolo o la collettività dei personaggi, porta avanti la pièce.
La forte componente tragica è magistralmente lavorata dal regista – che non a caso è anche autore del libretto, dei testi e delle musiche – e sublimata in una comicità sagace che crea un prodotto di puro intrattenimento. Se la drammaturgia degli episodi (curata a quattro mani dal regista e da Livia Castiglioni) in sé potrebbe far pensare ad un semplice susseguirsi di sketch, è invece proprio la potenza che deriva dal canto (corale ed individuale) e dalle coreografie (perfettamente equilibrate dal lavoro di Maja Delak) a caricare di significati simbolici le diverse scene, come dimostra l’intensa complicità del cast nel suo insieme. Anche il vuoto scenografico assume in questo modo un forte significato per rovesciamento: quello che importa non è la merce (sarebbe risultato facilmente parossistico ed inutile ricreare anche in parte un ambiente complesso e ridondante come quello di un supermarket) ma i corpi che da essa e solo da essa sono guidati. Non c’è niente di umano nei rapporti tra i protagonisti, se non una costante nevrosi priva di scopo ulteriore, tanto nei movimenti quanto nelle espressioni canore. Anche l’unico elemento fuoricampo, la classica voce degli annunci interni e promozionali, è travolta da questa follia collettiva: si direbbe quasi un’entità divina impazzita, che, se interviene, lo fa solamente in funzione di una legge superiore che tutti accomuna, quella del caos.
Non rifiutando elementi della tragedia classica quindi, e seppure con una struttura a episodi forse un po’ troppo assoluta nel complesso, Supermarket compie un salto in avanti proprio facendone uno indietro, realizzando un racconto originalissimo nel panorama teatrale italiano che conserva però del mitico – nel senso di classico, sempre attuale, senza tempo – sul tema dell’assurdità del comune vivere umano, sopra il quale, seppure con un po’ d’amarezza, non possiamo fare altro che ridere a crepapelle.
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