
Unsane: la rivoluzione in tasca?
Tre iPhone 7 plus. Tre lenti Moment (18 mm, 60 mm, un fisheye). Un’app da quindici dollari, FiLMiC pro. Tutto comodamente riponibile in uno zaino.
Per Steven Soderbergh questo è il futuro. Ed è principalmente con questo equipaggiamento che ha voluto girare il suo ultimo film, l’horror a bassissimo budget (circa un milione e mezzo di dollari complessivi) Unsane (2018). Un esperimento (non il primo, se si conta Tangerine di Baker, 2014) ma anche una sfida: il regista americano ha voluto scommettere sul fatto che chi non fosse stato al corrente del metodo di esecuzione non si sarebbe accorto di alcuna differenza rispetto a un normale film.
E in parte, penso che la sua sia una provocazione riuscita: l’uso di mezzi così fisicamente ridotti non ha limitato la fantasia registica in termini di movimenti di macchina, né la resa visiva finale per ciò che riguarda la texture e la fotografia, da lui stesso curata. Anche la storia, incentrata su una donna rinchiusa, suo malgrado, in un ospedale psichiatrico insieme al suo stalker, trae giovamento dal gioco di lenti distorte messo in campo da Soderbergh, usate per accentuare al massimo il sentimento di claustrofobia. Lungo tutto il film piani diversi della vicenda vanno a sovrapporsi, in un’oscillazione indecisa tra il puntare sulla denuncia al sistema sanitario statunitense, sull’orrore della reclusione forzata o su quello dello stalker inarrestabile.
Ed è qui che sta la seconda, e più interessante, chiave di lettura di una simile operazione, evidenziata anche dall’attore Joshua Leonard, eccellente nei panni della nemesi di turno: l’eliminazione dello scarto tra il momento dell’impulso creativo e quello dell’esecuzione e trasmissione sullo schermo. La sensazione di imperfezione e confusione che si porta dietro Unsane è figlia di una istintualità di fondo, un entusiasmo proprio solo del frontiersman cinematografico che ha voglia di provare e far provare emozioni senza tempo attraverso mezzi tecnici prima impensabili. Poco (o tanto, a seconda della sensibilità) importa dei buchi di trama, della storia che a tratti sa di già visto, di personaggi che non brillano eccessivamente: Soderbergh è il regista che ha provato a rifare Solaris, capace di girare due-tre film all’anno e di spaziare dal thriller allo storico-biografico confrontandosi con la figura di Che Guevara. Si potrebbe dire che egli è stato ed è tuttora un regista che fa cinema for the sake of cinema, alla ricerca di un’esperienza liberatoria che non si lascia azzoppare dal tenore della ricezione finale del prodotto. Il divertimento, comunque modesto, che ho tratto da Unsane nasce e finisce entro i confini del film stesso; l’interesse nel comprendere motivi, genesi e sviluppi di un progetto ed una visione nuovi si rinnova, invece, continuamente. La perfezione e la gloria, davanti alla rivoluzione, possono attendere.
Trailer ufficiale in italiano: https://www.youtube.com/watch?v=-FGHW2FrCBM
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