Such Brave Girls – La tragica ed esilarante assurdità di una famiglia disfunzionale
La tragica ma esilarante assurdità di Such Brave Girls – la sitcom britannica vincitrice del BAFTA 2024 come Miglior Scripted Comedy, realizzata per la BBC Three e in parte prodotta anche da A24 – non potrebbe essere più evidente già a metà del suo primo episodio quando, in un’automobile parcheggiata all’esterno di una libreria, Josie (Kat Sandler, anche creatrice dello show) è in preda al panico all’idea di dover ritornare a lavoro e si sfoga con la madre e la sorella dicendo loro con fare concitato: «Do other people really just walk around pretending they are absolutely fine when everything in their head is on fire? I genuinely think I’d rather be dead than if I’ve got to spend the rest of my life smiling and pretending like I’m someone else». Lo sguardo di disapprovazione della madre Deb (Louise Brealey, la Molly Hooper di Sherlock) ci viene mostrato farsi sempre più duro attraverso lo specchietto retrovisore finché l’inquadratura si allarga all’improvviso e ci rivela la sorella minore Billie (Lizzie Davidson, sorella di Kat Sandler anche nella vita reale), seduta nel sedile posteriore e anch’ella in attesa di essere accompagnata alla ludoteca dove lavora che – vestita da strega e con la faccia dipinta di verde – senza staccare gli occhi dal suo cellulare intima risoluta a Josie: «Get out of the fucking car».
Definita dalla sua creatrice come una “family sitcom about trauma”, la serie è ispirata per molti versi alle difficoltà affrontate durante il lockdown dalle due sorelle protagoniste (Kat Sadler a causa dei suoi problemi di salute mentale e dei suoi tentativi di suicidio, mentre Lizzie Davidson a causa di un grave indebitamento) e segue nei suoi sei episodi le a dir poco disfunzionali vicende di questa singolare famiglia composta da tre donne molto differenti accumunate da un legame di sangue, ma soprattutto da un trauma comune: l’abbandono da parte del padre delle ragazze avvenuto dieci anni prima che – dopo essersi allontanato con il pretesto di andare a comprare delle bustine da tè – non ha più fatto ritorno a casa, lasciando per giunta alla moglie un enorme debito da sanare.
Such brave girls riflette dunque e innanzitutto sul trauma, sulle sue conseguenze e su quanto quest’ultimo possa incidere e trasformare le persone definendo anche profondamente la loro identità; nel primo episodio infatti, discutendo sul diverso rapporto di ognuno con il trauma, Josie dirà «I guess we just have to remember that most people aren’t wet for trauma like we are», «But trauma‘s all we’ve got» le verrà risposto con semplicità disarmante da Billie.
Diametralmente opposte eppure incredibilmente simili, le due sorelle protagoniste sembrano essere state segnate allo stesso modo dall’abbandono della figura paterna, ma vi hanno reagito in maniera del tutto differente: la fragile e impacciata Josie è ancora alla ricerca di sé stessa («Finding yourself is hard. That’s why I’ve been on this gap year for so long» dirà ad un certo punto), si rifiuta di venire a patti con la sua queerness ed è ossessionata dai suoi problemi di salute mentale mentre la (apparentemente) molto sicura di sé Billie è intrappolata in un discutibile tira e molla con il fidanzato Nicky (Sam Buchanan) che si limita ad usarla per i suoi traffici illeciti di droga entrando e uscendo dalla sua vita di continuo (d’altronde, «drug dealer who looked like he wanted to hurt me» è per sua stessa ammissione esattamente il suo tipo). La disillusa e al contempo delirante madre Deb, invece, è chiaramente priva degli strumenti necessari per occuparsi delle sue due complicate figlie e, nel tentativo di risolvere i problemi economici lasciati dal marito, è all’affannosa ricerca di accaparrarsi un uomo che possa prendersi cura della sua famiglia e che sembra aver trovato nello strambo vedovo Dev (Paul Bazely) di cui non è innamorata, ma che possiede un’enorme casa.
La riuscita della serie deriva perciò in maniera forte dall’intenso legame intrattenuto con la realtà: la spontanea naturalezza posseduta dalle due sorelle sullo schermo così come la veridicità attinta dalle loro biografie garantisce a Such brave girls un’autenticità comica vincente.
Crudo, a tratti uncomfortable e impregnato del distintivo black humor britannico, lo show di Kat Sandler ci mostra senza filtri e senza fronzoli l’assurda tragicità che le tre protagoniste sono costrette ad affrontare quotidianamente, sviscerando episodio dopo episodio tematiche forti come la salute mentale, il suicidio, il sesso, la povertà e il già citato trauma e ponendoli costantemente alla mercé della risata. Se il titolo di un famoso film comico recitava allora come non ci restasse altro che piangere, questa volta – è il caso di dirlo – sembra proprio sia necessario fare il contrario.
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