
High Life – Verso il buco nero della coscienza
Lo scorso mese di aprile è stata diffusa la prima “foto” ufficiale di un buco nero grazie al lavoro del progetto internazionale Event Horizon Telescope. Pur trattandosi in realtà di una ricostruzione elaborata da un supercomputer, questa prima prova visiva è bastata ad accendere la fantasia dei cinefili, che hanno subito provato a tracciare curiosi paragoni con i buchi neri rappresentati nei film di fantascienza per vedere quanto l’immaginazione del cinema si è avvicinata alla realtà. Il più recente (e incredibilmente somigliante) è sicuramente quello di High Life (2018), l’ultimo film dell’apprezzata regista indie francese Claire Denis. La storia è infatti interamente ambientata all’interno di una nave spaziale diretta verso un buco nero da cui si spera di estrarre un’energia alternativa per salvare l’umanità. L’equipaggio è formato da un gruppo di criminali condannati a morte o all’ergastolo che hanno accettato di partecipare alla spedizione in cambio di un’improbabile promessa di libertà, e nel prologo incontriamo quelli che apparentemente sono gli ultimi due sopravvissuti del viaggio, Monte (Robert Pattinson) e la sua neonata figlia Willow, di cui seguiamo la routine giornaliera mentre l’astronave si avvicina inesorabilmente alla destinazione. Attraverso una serie di flashback si ripercorrono poi i tragici eventi che hanno portato alla morte del resto dell’equipaggio e alla nascita della piccola.
Con un budget di soli 8 milioni di dollari, Claire Denis dirige il suo primo film in lingua inglese realizzando un progetto che aveva in cantiere da ben 14 anni. La regista mette in scena un autentico kammerspiel nello spazio, inserendosi a pieno titolo nel solco della fantascienza più riflessiva e filosofica (i “soliti” Kubrick e Tarkovsky, ma anche Alex Garland), in cui lo stile algido del Nolan di Interstellar incontra gli incubi psicosessuali di Alien. Il passo lento e meditativo, interrotto solo da improvvisi squarci di violenza, si combina con una colonna sonora ipnotica e con un design interno della navicella all’insegna di un retrofuturismo freddo e asettico, tra rudimentali ventilatori e corridoi immersi in spettrali luci blu e rosse (l’unica memoria della Terra è una serra, una piccola oasi verde di piante e fiori). Emozioni e sentimenti sono solo un lontano ricordo: ogni gesto è meccanico, ogni pulsione puramente biologica. Reietti sulla Terra in quanto pericolosi criminali, i membri dell’equipaggio diventano paradossalmente gli ultimi rappresentanti di un’umanità che li ha condannati all’oblio in una missione suicida, vere e proprie cavie da laboratorio recluse in una prigione da cui non esiste possibilità di fuga. A peggiorare la situazione ci pensa la mefistofelica dottoressa Dibs (Juliette Binoche), impegnata in esperimenti di natura sessuale sull’equipaggio e ossessionata dall’idea di creare un bambino tramite l’inseminazione artificiale. Ed è così che questa agghiacciante e ambigua odissea nello spazio diventa un viaggio metaforico nei più oscuri recessi dell’animo umano, regalando immagini scioccanti che saranno difficili da cancellare dalla memoria. Come spesso accade nei film di Denis sotto la lente d’ingrandimento ci sono i rapporti famigliari, in questo caso quello padre-figlia, che forse rappresenta l’ultima speranza di sopravvivenza nonostante il prezzo da pagare potrebbe rivelarsi molto salato.
Presentato al Toronto Film Festival 2018 e subito acquistato dalla A24, High Life conferma il talento eccezionale di Claire Denis, capace di restare fedele alla propria personalissima poetica maneggiando con sorprendente sicurezza una materia sempre scottante come la fantascienza. La regista centra l’obiettivo con un film claustrofobico e spiazzante che si interroga su cosa significhi essere umani nell’immensa solitudine dello spazio, sollevando intriganti questioni etiche e morali senza preoccuparsi di fornire risposte concilianti. Ottima la prova di Pattinson, ormai impegnato in progetti sempre più interessanti: apparirà a breve nell’horror in bianco e nero The Lighthouse di Robert Eggers e sarà il protagonista del prossimo film di Nolan. Magnetica e versatile come sempre Juliette Binoche, protagonista della scena più “spinta” del film, e buono il cast di supporto composto da Mia Goth, André Benjamin, Agata Buzek e Lars Eidinger. Nella speranza di vederlo presto anche nelle sale italiane, High Life è una gemma sci-fi che nei prossimi anni saprà sicuramente ritagliarsi un ruolo come pellicola di culto.
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