
Il libro delle soluzioni – Come sopravvivere all’arte
È difficile guardare Il libro delle soluzioni senza pensare a Michel Gondry. Il legame del regista francese con il suo ultimo film, che giunge a otto anni di distanza da Microbo & Gasolina, non è il semplice rapporto tra un artista e la sua opera, ma è più simbiotico e terapeutico. Il libro delle soluzioni, ora in sala grazie ad I Wonder Pictures dopo la proiezione in anteprima italiana questo giugno a Biografilm Festival, assomiglia a una confessione, una presa di coscienza del suo passato artistico, ma anche una riflessione sul processo creativo e sulle conseguenze che lo accompagnano. Michel Gondry con la sua ultima opera si guarda allo specchio, denunciando e celebrando le manie di grandezza, l’eccentricità e tutte le altre follie che accompagnano il mestiere del regista.

Marc Becker (Pierre Niney), il protagonista de Il libro delle soluzioni, è un alter-ego di Gondry: un regista che rimbalza tra un’idea e l’altra con la velocità di una trottola, trascinando la troupe nella sua perdizione artistica. Al momento sta lavorando su un’epopea di quattro ore e sette minuti dai toni surrealisti, che sembra avere molti punti d’incontro con lo spesso malignato Mood Indigo del regista. Quando però i finanziatori e i produttori dimostrano di odiare quanto girato dal protagonista fino a quel momento, lui decide di fuggire nella campagna francese presso la casa di sua zia Denise (Françoise Lebrun) con un paio di assistenti e tutte le pellicole di girato per finire il film e mantenerne l’integrità artistica senza piegarsi ai desideri altrui.
Credendo di trovarsi davanti al suo lavoro, Marc decide di abbandonare i farmaci perdendosi così nell’inspiegabile labirinto della sua mente. Costruire un camion dove è possibile montare un film con l’uso di clacson e marce diventa così molto più interessante del film stesso. Tante piccole missioni secondarie, come feste a sorpresa, un’inaspettata carriera politica, corrispondenze amorose e un documentario sulle formiche, diventano le protagoniste di un viaggio egoistico e autodistruttivo, a cui Gondry guarda con sorprendente affetto. Il libro delle soluzioni, che nell’universo del film è il titolo del libro che Marc è in procinto di scrivere, non vuole fornire delle facili soluzioni al suo protagonista, ma piuttosto evidenziare la necessità della follia.

Se Il libro delle soluzioni può essere inteso come una guida all’arte secondo Gondry, la scena in cui Marc prova a dirigere un’orchestra senza alcuna conoscenza musicale ne è la tesi centrale. L’assenza di una partitura, di una struttura precisa che funga da linea guida permette un processo creativo libero da ogni limite. Anche la forma del film risponde a regole simili, viaggiando tra realtà e sequenze al limite dell’onirico nel tentativo di seguire un personaggio che forse corre troppo veloce persino per Gondry. Il libro delle soluzioni, soprattutto, non ha una meta chiara in mente. È talmente innamorato del processo artistico da non considerare il suo possibile frutto. Forse per un film simile, un ghirigoro di fantasie, di variazioni sul tema e di distrazioni, non esiste una conclusione realmente soddisfacente. La serietà porterebbe al suo auto-annullamento, mentre la follia a fili di trama che non trovano un ricongiungimento.
Forse ancora più dell’arte stessa, la soluzione per Marc è l’universo femminile. Le donne non sono viste come mere muse, ma come bussole, vitali per fornire un percorso concreto a chi si perde nella sua stessa mente. Se la ferrea montatrice Charlotte (Blanche Gardin) lavora per trovare un senso alle paranoie di Marc e la produttrice Sylvia (Frankie Wallach) è costretta a mandare mail a direttori di supermercati e a famosi musicisti per evitare strigliate, Denise rappresenta l’emozione scatenante. La zia è per Marc la custode dell’arte, la persona che forse non vedrà mai la fine del suo capolavoro ma che lo spingerà a concluderlo. Proprio nel rapporto tra Marc e Denise, Gondry trova la concretezza nell’assurdità, l’unico schema ferreo che Il libro delle soluzioni sembra concedersi: l’amore.
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