
Quanto vale un Milione? Essere una compagnia emergente oggi – Intervista a Pietro De Nova e Maurizio Zucchi
Pietro De Nova e Maurizio Zucchi insieme sono Il Milione: compagnia di ventura teatrale, nata a fine 2022, ma con una visione e una progettualità già molto chiare e decise. Il 18 maggio è andato in scena all’Auditorium di San Tommaso dell’Università di Pavia 80 centesimi di e con Pietro De Nova, co-prodotto da Il Milione. Abbiamo approfittato del loro scalo pavese per intercettare i due compagni di ventura che, da Pavia alla Valtellina e passando per tutta l’Italia, rimodulano il concetto stesso di “casa”: la casa che va oltre lo spazio fisico, e diventa una pratica di stabilire relazioni con le persone attraverso il racconto delle reciproche storie. Sulla scorta di questa loro intrinseca identità, l’intervista diventa subito itinerante e così ci spostiamo per Pavia, dai tavolini di un bar di piazza Petrarca all’anfiteatro urbano dei Giardini Malaspina, cercando di cogliere gli estremi della loro avventura teatrale.
Il Milione è un nome denso di suggestioni: come nasce?
Pietro e Maurizio: Il Milione è una compagnia nata pochissimo tempo fa alla prima edizione del Catania Off Fringe Festival (ottobre 2022) dove abbiamo vinto il primo premio internazionale. Abbiamo così deciso di darci un’identità formando una compagnia, Il Milione, che rimanda innanzitutto all’idea del viaggio e della scoperta, intesa come esplorazione di quello che non è conosciuto. È una cifra di lavoro: scoprire nuovi lidi, nuovi paesi, nuove tradizioni. È evidente anche il legame con la figura di Marco Polo: viaggiatore che sapeva adattarsi a ogni luogo e a ogni cultura, ascoltando storie, a tal punto da diventare consigliere, nonostante fosse straniero, proprio per questa sua attitudine alla scoperta e all’ascolto. E poi, considerando che il nostro spettacolo si intitola 80 centesimi, ci auguriamo sia di buon auspicio per noi passare da 80 centesimi a un milione.

Veniamo quindi a 80 centesimi: quanto vale davvero?
Pietro e Maurizio: 80 centesimi è uno spettacolo sul valore delle persone. È una performance che comunica in modo diretto con la sua semplicità. È ambientata in un non luogo, una stazione del treno, che diventa un contenitore di storie e persone. La stazione è letteralmente abitata da figure fantasmatiche, i drop out che vivono un non luogo come se fosse un luogo, e più precisamente la loro casa. Questa scelta di ambientazione ci aiuta ad adattare lo spettacolo a luoghi diversi: non ha una connotazione precisa, è allusivo. In scena ci sono elementi evocativi e lo spazio viene definito attraverso l’interazione con questi oggetti semplici, anime di metallo. È il tentativo di racconto della relazione tra il padre ferroviere e il figlio aspirante calciatore, più aspirante che calciatore, e del loro disagio a incontrarsi: è uno spettacolo sulla difficoltà di accettare il fallimento soprattutto di quelli a cui vogliamo bene. Parla dei meccanismi che mettiamo in atto per superare il dolore e la sofferenza, come le bugie: il modo migliore per negare qualcosa è autoconvincersi che sia la verità. In questo modo, raccontando la propria verità agli altri, ci si autoconvince della propria bugia, trasformandola in realtà. L’essere umano è l’unico animale che è in grado di convivere con i problemi, facendo finta che non ci siano, negandoli.
È uno spettacolo che si può fare anche fuori dai teatri?
Pietro e Maurizio: 80 centesimi si adatta a qualsiasi luogo. Siamo noi che ci adattiamo al teatro in cui arriviamo. Di conseguenza è uno spettacolo che si può fare anche all’aperto. Lo abbiamo portato in un cortile, in un appartamento, in un teatro istituzionale e in una sala parrocchiale, in un teatro studio, e anche in un bunker. Ogni spettacolo teatrale si nutre di quello che ha intorno: la varietà di luoghi e persone che si incontrano.

Perché andare a teatro?
Maurizio: la percezione teatrale è quella più soggettiva in assoluto. Il teatro rende liberi, spinge a porsi domande e lascia anche liberi di trovare le risposte. Uno spettacolo teatrale possiede il dono di rinnovarsi ogni volta. Spesso quando si guarda il teatro da fuori, si pensa a qualcosa di ripetitivo, soprattutto per chi lo fa. Invece ogni spettacolo è diverso dall’altro, come diverso è il legame che ogni volta si crea tra attori e pubblico: il pubblico inizia a respirare con l’attore. Quando si stabilisce questo respiro comune significa che sta accadendo qualcosa.
Perché lavorare a teatro?
Pietro: ognuno deve avere un suo motore personale, una sua esigenza, che lo spinga a fare teatro. Ognuno deve trovare il suo modo di esprimersi, la propria via. Un grande maestro, César Brie, dice che ciascuno fa il suo teatro come può e come vuole. Deve innescare un cambiamento, che può essere personale o collettivo. Il teatro è fatto di cambiamento: uno spettacolo è costruito da eventi che creano curve improvvise alla linea retta della narrazione. Così come accade nella vita, durante la quale le cause non sono quasi mai seguite dagli effetti.

Diteci un bene e un male della scena teatrale attuale italiana
Pietro: una cosa bella del teatro in Italia adesso è la situazione dei Fringe Festival in cui si respira di nuovo un senso di collettività e si sperimenta l’idea di un’impresa personale in cui l’obiettivo è raccontare una storia, in un posto lontano da casa, arrangiandosi con gli strumenti a disposizione, condividendo il problema della gestione degli spettatori.
Una cosa brutta è il teatro chiuso su sé stesso: un teatro stabile, sovvenzionato, che mette nella propria stagione spettacoli noti, di nomi forti, puntando esclusivamente al guadagno, senza rischiare con spettacoli altrettanto validi che però non sono famosi e legati a garanzie di nomi. Così non ci può essere evoluzione, ci si arena nell’autocelebrazione.
Maurizio: un male della scena teatrale italiana è il teatro a pacchetti. Succede spesso nei teatri delle città di provincia di affidarsi a esperti esterni che propongono pacchetti di spettacoli calati dall’alto, per dare vita a una stagione teatrale che si spera possa raccogliere il favore del pubblico. In questo modo si accettano le proposte a scatola chiusa, senza indagare le vere esigenze del pubblico, offrendo questi pacchetti di spettacoli per organizzare una stagione teatrale che però manca delle caratteristiche profonde del teatro: crescita e valorizzazione.
Di contro a questo fenomeno dell’impacchettamento, ne scaturisce un altro: ci sono persone che provano a far rinascere piccoli teatri in provincia abbandonati in mezzo al nulla. Si rendono conto che esiste un pubblico, non servito dai circuiti teatrali, che vive nella gigantesca periferia urbana, rurale e montana. L’obiettivo diventa portare il teatro alle persone ancora prima di portare le persone a teatro.
Pietro: si tratta di intercettare le esigenze di questo pubblico estremamente vitale. Un esempio è il lavoro della Compagnia Salz che porta gli spettacoli nei rifugi di montagna. Così avviene una risemantizzazione di un luogo non deputato al teatro ma vivo. Gli spazi del territorio e della comunità assumono nuovi significati e vengono riabitati da tutta la collettività.

Qualche assaggio dei vostri progetti futuri?
Pietro: lo annunciamo adesso per la prima volta: Carte Mute è un progetto che ha avuto una produzione a Lugano per Fondazione Claudio Lombardi. È una produzione in perfetto stile Il Milione: fai da te, non ci sarà il tecnico delle luci perché saremo entrambi in scena e ce ne occuperemo noi direttamente da lì. Sarà uno spettacolo concepito per luoghi teatrali e non teatrali, in situazioni diurne e serali, all’aperto e al chiuso. Anche con la pioggia. Si concentrerà sul valore delle cose. I protagonisti saranno due personaggi: Ponente e Levante, due mercanti, due variabili umane che rappresentano tutta la spazialità e la temporalità, riportando le storie che hanno vissuto. Non sono mai a casa propria ma si sentono a casa solo quando stabiliscono una relazione con qualcuno che inizia a raccontare di sé. Per un altro progetto prevediamo di lavorare con un coro alpino C.A.I per la costruzione di uno spettacolo corale in cui la narrazione sarà fatta anche attraverso una drammaturgia canora.
Maurizio: un altro progetto futuro è Un elicottero azzurro Tiffany, spettacolo tratto dal libro di una ragazza mancata qualche anno fa per fibrosi cistica. Stava scrivendo questo libro che non è riuscita a concludere: era convinta di guarire e di dare così speranza ad altri attraverso la sua storia.

Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista