
4 marzo 1943 – Lucio Dalla tra musica e cinema
Senza volersi avventurare per scoscesi terreni astrologici, si può dire senza troppi timori che marzo sia il mese dei cantautori: solo tra i più noti, sono nati in questo mese Antonello Venditti (ovviamente «sotto il segno dei Pesci»), Franco Battiato, Lucio Battisti, Pino Daniele, Ligabue e Cesare Cremonini.
Se però c’è un cantante italiano che ha fatto del suo compleanno un vero e proprio marchio di fabbrica, intitolando una delle sue canzoni più celebri come la sua data di nascita, quello è Lucio Dalla, nato com’è noto il 4 marzo 1943.
Oggi l’avvicendarsi di questa data è l’occasione per ricordarne l’opera ancora presentissima anche con un po’ di malinconia, dal momento che, nell’anno che lo avrebbe visto ottantenne, ci viene ricordato anche che sono ormai passati più di dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta il primo marzo 2012.
Asserire che Dalla è «il più cinematografico dei cantautori italiani» potrebbe sembrare un facile gancio con i temi che albergano solitamente sulle pagine di Birdmen: per quanto sembri una frase fatta pronta all’uso, ripercorrendo la carriera di Lucio Dalla – che ha attraversato più di cinque decenni e molte fasi musicali – ci si rende infatti conto che i suoi contatti con la Settima Arte sono stati non solo frequenti, ma anche molto variegati.

Innanzitutto bisogna ricordare che, benché molti dei film a cui partecipò siano oggi (in alcuni casi giustamente) dimenticati, il folletto bolognese ha avuto una carriera da attore piuttosto ampia per un musicista: il suo esordio (sbarbato!) fu nel 1965, con il “musicarello” Questo pazzo, pazzo mondo della canzone, di Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi, e poi un’altra decina di altre pellicole senza troppe pretese, come spalla di Rita Pavone, Franco e Ciccio o al fianco di Tognazzi e Villaggio. In questo periodo, l’unico ruolo che si stacca dal resto è quello del ribelle Ermanno ne I sovversivi dei fratelli Taviani, del 1967, che gli farà guadagnare anche plausi alla Mostra del cinema di Venezia.
Poi a metà anni Settanta Dalla abbandona le velleità recitative, ma molti decenni dopo farà in tempo a regalare un’ultima interpretazione in Quijote di Mimmo Paladino, in cui veste il ruolo (cucito su misura) di Sancho Panza.
Se però Dalla lascia la recitazione, non disdegna di collaborare col cinema nella maniera che gli è più congeniale, ovvero attraverso le colonne sonore: scrive o collabora a quelle di vari maestri del cinema italiano, dal film a episodi Signore e signori, buonanotte (1976) a I picari di Mario Monicelli (1987), dal Pinocchio animato di Enzo D’Alò (2012) ad Al di là delle nuvole di Antonioni (1995). Inoltre, sue canzoni segneranno film-ritratto di varie generazioni come Marrakech Express di Salvatores (1989), La terrazza di Ettore Scola (1980) o Paz! di Renato De Maria (2002). Ma è probabilmente con Carlo Verdone che si crea il binomio più indimenticabile, quando nel 1982 il regista romano costruisce il suo Borotalco attorno alla sua figura, rendendolo una presenza iconica aleggiante sull’intero film e contribuendo a fissare nell’immaginario italico canzoni come L’ultima luna o Cara.

Ma Dalla è stato cinema anche quando si limitava ad essere raccontato da altri: è stato così in vita nel 1979 con lo storico film-concerto di Banana Republic di Ottavio Fabbri, che immortalava su celluloide l’incredibile estate in cui gli italiani avevano accantonato le tensioni degli anni di piombo e riempito gli stadi per ascoltare Dalla e De Gregori. È stato così anche dopo la morte, con diversi documentari celebrativi: Senza Lucio (2014) di Mario Sesti, Caro Lucio ti scrivo (2017) di Riccardo Marchesini, e Per Lucio di Pietro Marcello, opera forse troppo autoriale presentata alla Berlinale nel 2021 e basata sui racconti di due vecchi amici di Dalla intersecati ad immagini d’archivio.
Lucio Dalla è cinema anche per il suo da sempre dichiarato amore del mezzo: nel 1993 coinvolse Marcello Mastroianni per un breve cameo parlato nella traccia intitolata proprio Cinema, spiegando che la canzone era nata come omaggio a Fellini. Solo tre anni prima, quando il Maestro riminese era ancora in vita, i due avevano tenuto una gustosissima conversazione radiofonica per RaiStereoDue, con Fellini apparentemente molto a suo agio con Dalla, tanto da dichiarare scherzoso: «Mi sembra di averti conosciuto alle elementari, anche se tu sei un po’ più grande di me», e definendo in maniera tipicamente felliniana un suo concerto come «un’immagine salgariana… Sembravi un corsaro, un pirata, Sandokan, tantopiù che i clangori che partivano dalla tua tastiera potevano sembrare delle cannonate».
Cos’altro? Beh, chiunque sia cresciuto negli anni ’80 o ’90 non può non conoscere lo storico “duvudubà” di Lunedì Cinema, la sigla televisiva dell’appuntamento settimanale col grande cinema che fu un appuntamento fisso di RaiUno dal 1983 al 2002, e che altro non era se non uno scat di Dalla accompagnato dagli Stadio, che ne pubblicarono anche una versione estesa nel 1986.
Ma in fondo non è stato ancora citato quello che è forse il legame più importante, ovvero il suo talento naturale per catturare immagini, creare personaggi e raccontare storie che sembrano davvero dei piccoli film, come disse lui stesso («Il cinema è la passione della mia vita, forse ancor più della musica, non a caso le mie canzoni da qualche tempo in qua somigliano sempre più a dei piccoli film»).
I testi di Dalla sono movimento di macchina, montaggio alternato, sceneggiatura: basti pensare al fortuito amore di provincia di Anna e Marco, che ballano «con un’aria da commedia americana» che potrebbe essere quella di American Graffiti o La febbre del sabato sera; oppure le peripezie bolognesi itineranti di Disperato erotico stomp, Il cucciolo Alfredo o Dark Bologna; l’apocalisse a metà tra Buñuel e Kubrick de L’ultima luna; i biopic struggenti di Caruso e Ayrton; il quadretto felliniano di Sonni Boi e Fortuna, misteriosi gitani protagonisti de Il parco della luna; il corto erotico-politico di Futura; La dolce vita aggiornata agli anni di Renato Nicolini che è La sera dei miracoli; i piloti simil-Top Gun di Washington, oppure l’epica maestosa delle auto da corsa che Roberto Roversi scrisse e Dalla impersonò con Nuvolari e Mille miglia.
Insomma, dopo questa lunga rassegna, forse Dalla può essere davvero definito «il più cinematografico dei cantautori», e fortunatamente la sua “filmografia” rimane a disposizione di chiunque abbia voglia di figurarsela nella mente semplicemente ascoltando un suo disco.
(Foto: Renzo Chiesa)
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