
I migliori film di mummie a 100 anni dal ritorno di Tutankhamon
di Michele Marmo, Martina Polastri, Carlo Maria Rabai e Nicolò Villani
– Riuscite a vedere qualcosa?
– Sì, cose meravigliose!
(Dialogo tra Lord Carnarvon, finanziatore degli scavi presso la Tomba KV62, e l’egittologo Howard Carter)
A cent’anni dall’apertura della camera sepolcrale di Tutankhamon, faraone della XVIII dinastia, l’eco di una scoperta così sensazionale risuona ancora forte e chiara nel cuore di tante persone che si avvicinano all’archeologia, allo studio della storia e delle materie connesse, ma anche nelle menti artistiche che da un secolo immaginano con ancora più vigore mummie, segreti, tombe, maledizioni e tranelli architettonici. Il 17 febbraio 1923, dopo aver fatto sgomberare l’anticamera della tomba, Howard Carter e la sua squadra abbatterono il muro che li separava da una camera ancora sigillata, il sepolcro inviolato di un faraone. Non è un mistero che il ritrovamento di Tutankhamon sia la diretta ispirazione per The Mummy, prima tappa della nostra selezione di film di mummie, ma se l’Egitto era già fonte di storie tra le più affascinanti, la scoperta di Carter ha innescato un filone di processi e forme narrative ancora oggi vive e vegete. Dai romanzi di Wilbur Smith a film come I predatori dell’arca perduta e Stargate, da videogiochi mitici come Tomb Raider 1 a serie animate come Mummies Alive o Papyrus. La passione per l’Antico Egitto e le sue meraviglie è insomma indissolubilmente legata a quel 17 febbraio di un secolo fa, e noi abbiamo scelto di celebrare un avvenimento così importante per l’umanità, e per il cinema, selezionando 7 film di mummie che meritano di essere visti per il loro valore ora storico, ora artistico, ora di genere, dall’horror alla commedia per famiglie.
Benvenuti e benvenute nella nostra Valle dei Re, le porte sono aperte.

The Mummy – La mummia (1932)
L’inizio di un mito, un film nato dall’onda lunga della spedizione che riportò alla luce Tutankhamon, la sua maschera funeraria e il mistero della sua maledizione, che avrebbe punito con la morte il mecenate degli scavi, quel Lord Carnarvon morto appena due mesi dopo l’apertura del sepolcro del faraone, in circostanze sfortunatissime. Superstizioni a parte, la Universal mette Karl Freund alla regia e affida il ruolo principale al mitico Boris Karloff, perfetto interprete del tenebroso sacerdote Imhotep, risvegliato dalle formule magiche del Libro di Thot, letto ad alta voce da un ignaro avventuriero inglese. Chi ha visto il remake del 1999, di cui trattiamo più avanti, conoscerà già la trama, intessuta di amore e morte, tutta volta al ricongiungimento tra la mummia rediviva e la sua amata Ankh-es-en-Amon. In mezzo ci sono forti similitudini con le vicende di Dracula e l’immortale primo piano di Boris Karloff che manda bagliori dagli occhi. Un film che va dall’alfa all’omega senza troppi ghirigori, badando al minutaggio e soprattutto al budget. Ma in quell’ora e spicci risiedono parimenti la magia dell’Egitto e quella del cinema: forse la vera storia d’amore è tra di loro, e non finirà mai. (di C.M.R.)

The Mummy’s Curse (1944)
Realizzato nel 1944 sulla scia del successo dei precedenti film, The Mummy’s Curse si piazza come terzo sequel di The Mummy’s Hand (Christy Cabanne, 1940), oltre che come ultimo sfoggio della saga della Mummia della Universal prima del famoso remake del 1999 (se non si conta l’appendice comica di Abbott and Costello Meet the Mummy di Charles Lamont, 1955). Il film, che vede per la terza e ultima volta Lon Chaney nel ruolo del famoso mostro, non potrebbe apparire come esempio migliore per descrivere il fenomeno della consacrazione dell’horror come un genere di serie B: Boris Karloff e Bela Lugosi avevano contribuito a loro modo per rendere i loro film iconici già alla loro uscita, complice anche il fatto che il codice Hays non fosse ancora entrato in vigore. Proprio per questa ragione, dopo il 1934 l’horror viene surclassato a “genere minore” dalle majors, permettendo un ridotto spreco di budget in caso di insuccesso al botteghino e, allo stesso tempo, una maggiore sperimentazione. Non sembra essere questo il caso, tuttavia: tralasciando i soliti stereotipi e una trama superficiale in cui un sacerdote tenta di riunire un principe egizio mummificato con la sua amata, risulta invece interessante l’intervento così insistente della presenza umana che, con ruspe e attrezzi vari usati per i vari scavi, toglie tutta la magia a un’atmosfera non più così piena di mistero e superstizioni. (di M.P.)

The Mummy – La mummia (1999)
È certamente il film sulle mummie più noto al grande pubblico, se non altro per le continue repliche passate in televisione. Remake dell’omonimo film del 1932, La Mummia di Stephen Sommers segue le vicende di Rick O’Connell (Brendan Fraser), avventuriero americano alla ricerca di un antico tesoro in Egitto. Come si può facilmente prevedere, durante la spedizione qualcosa va storto e Rick e il suo team finiscono per risvegliare la mummia di un sacerdote malefico, che inizia poi a perseguitarli. In questo film gli elementi classici delle narrazioni mummiesche ritornano tutti: abbiamo profanatori di tombe, piramidi labirintiche, antiche maledizioni, richiami confusi alla mitologia egizia e ovviamente un grande quantitativo di scheletri umani. Imhotep, la mummia in questione, è un personaggio interessante perché viene presentato non solo come figura spettrale ma anche come l’essere umano che era un tempo, prima dell’imbalsamazione. I desideri di potere e d’amore che nutriva in vita costituiscono infatti la chiave per comprendere le motivazioni e dare un senso alle azioni che compie da morto. Insoliti sono anche i poteri di cui questa mummia dispon: supportata da una massiccia dose di CGI, vanta infatti la capacità generare tempeste, controllare gli oceani, provocare piaghe, trasformarsi in sabbia per intrufolarsi ovunque e così via. Non è affatto cosa da poco per un mostro che, in fin dei conti, altro non è che un mucchio d’ossa tenuto insieme da vecchi stracci. Il successo del primo film ha portato alla realizzazione di due sequel, La mummia – Il ritorno (2001) e La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone (2008), ma a parte il carisma di Imhotep e gli effetti speciali avanzatissimi per gli standard dell’epoca, la saga non offre molto di più. (di M.M.)

Bubba Ho-Tep – Il re è qui (2002)
Qui l’antico Egitto c’entra ben poco: siamo nel Texas degli anni ’70, in una casa di cura per anziani. In queste mura un attempato Elvis Presley (Bruce Campbell) trascorre malinconici pomeriggi aspettando la fine dei sui giorni, ma è chiamato a rimettersi in gioco e a combattere l’ultima epica battaglia della sua vita quando una mummia egizia che si nutre di anime umane prende di mira lui ed altri pazienti. Si alleerà – per non farci mancare proprio nulla – con un JFK di colore in sedia a rotelle (Ossie Davis). Poco conosciuto qui in Italia, Bubba Ho – Tep è un B-movie del 2002 diretto da Don Coscarelli che negli Stati Uniti ha raggiunto nel giro di poco tempo lo status di cult. Ben lungi dall’offrirci una rappresentazione anche solo vagamente realistica delle pratiche funerarie egizie, il film mette in scena la solita mummia zoppicante e polverosa ma le affibbia in compenso un look stravagantissimo: al posto delle bende questo mucchietto d’ossa va in giro con una camicia da cowboy, un paio di jeans e un cappello con le penne. La transculturalità del mostro si riflette anche nel suo strano nome, perché si fa chiamare ‘Bubba’ come gli uomini di campagna degli Stati Uniti meridionali, i redneck, mentre il cognome ‘Ho – Tep’ rimanda alle sue antiche origini egizie. Però, più che di una mummia in stato di clandestinità, il film parla di solitudine, d’amicizia e della ricerca di conforto ovunque lo si possa trovare. Per questi motivi (e, ovviamente, per esigenze di budget) il mostro non compare che in poche scene. Bruce Campbell ci ha però già largamente abituato a memorabili film dell’orrore in cui la vittima ruba completamente la scena al cattivo (si veda la saga di Evil Dead), e a lamentarcene saremmo ingiusti. (di M.M.)

Les Aventures extraordinaires d’Adèle Blanc-Sec – Adèle e l’enigma del faraone (2010)
È l’equivalente narrativo della visita a una grande galerie parigina, dove tutto, dalla preistoria alla modernità, passando per l’esotismo dell’antico Egitto, si omogeneizza e parla rigorosamente francese, l’effetto di Adèle e l’enigma del Faraone, esperimento poco ricordato di Luc Besson che adatta per lo schermo i ferocissimi fumetti di Jacques Tardi, guardando un po’ a Spielberg e un po’ ai suoi contemporanei francesi. In una Parigi di inizio Novecento dove uno pterodattilo appena nato sembra mettere in crisi i perfetti meccanismi della società positivista — e la credibilità delle sue forze dell’ordine — Adèle, una giornalista, si improvvisa archeologa per risvegliare la sorella vittima di un grave incidente: la chiave del racconto è un potente telepate, capace di far schiudere uova preistoriche e apparentemente di risvegliare la versione mummificata del presunto miracoloso medico di corte di Ramses II, Patmosis, mummia in CGI talmente surreale e raffinata nei modi da creare una miracolosa chimica con la protagonista e tenere in piedi un racconto altrimenti difficilmente traghettabile fuori dalle pagine del proprio fumetto.
«But aren’t you happier here eyeing the girls than in your tomb?» Questa domanda, che se posta da Louise Bourgoin ha la risposta scontata, è più eloquente di qualsiasi possibile Bazin. (di N.V.)

Night at the Museum: Secret of the Tomb – Notte al museo – Il segreto del faraone (2014)
Non solo mummie: Una notte al museo (e i suoi sequel affezionati, tutti diretti da Shawn Levy), del 2006, è rimasto nel cuore degli spettatori per molteplici motivi: dall’accoppiata imprevedibile del cowboy Jedediah e del legionario romano Octavius (Owen Wilson e Steve Coogan), al tormentone «scemo scemo» della statua dell’Isola di Pasqua, dalle gag linguistiche incomprensibili di Attila al compianto, amatissimo Robin Williams nei panni di Theodore Roosevelt. Siamo ormai fuori dal contesto horror e avventuroso, ma la mummia in questione si rivela essere il deus ex machina dei film: Ahkmenrah (con un Rami Malek per la prima volta sul grande schermo), a differenza dei suoi predecessori filmici, si rivela essere un ragazzino di bella presenza e dal marcato accento inglese che, senza brutte intenzioni, mette la tavola che fa animare tutto il Museo di storia naturale a disposizione dell’eroe Larry. I capitoli successivi operano nello stesso modo: se nel secondo abbiamo suo fratello come villain principale, nel terzo appaiono addirittura i suoi genitori, al British Museum di Londra. In questo contesto, viene rivelato che la tavola che porta tutti in vita è stata creata con il potere del dio della luna Khonsu, giustificando il motivo per cui tutti gli amati personaggi prendono vita solo di notte.
Una notte al museo, rivolto soprattutto a un pubblico giovane, funziona anche per tutte le altre generazioni, che vogliono ridere e provare nostalgia senza la solita “paura” del mostro. Si è ben lontani dal pensare alle mummie come cadaveri in putrefazione avvolti in bende ammuffite, risvegliati per volontà propria, per maledizioni o per iniziativa di sacerdoti fanatici: le mummie, più che mostri, sono ormai diventate amiche sia dello spettatore che del protagonista, che si rassegna a dir loro addio, alla luce di un’altra alba.
«Smile, my boy. It’s sunrise.» (di M.P.)

Under Wraps – Halloween con la mummia (2021)
Dopo avervi parlato di mummie vendicative, innamorate, con i super poteri, multietniche, magiche e dal sofisticato accento inglese, per amor di completezza vi segnaliamo anche Harold, la mummia – migliore amico dell’uomo protagonista del recente Halloween con la mummia (2021). Prodotto per Disney Channel e ora disponibile su Disney+, il film segue tre adolescenti che resuscitano accidentalmente una mummia destinata al museo. A differenza dei suoi simili, Harold una volta riaperti gli occhi né è affamato di anime umane né ha alcuna smania di potere: disorientato e impacciato, gli vanno più che bene una cena a base di pizza e di salsa piccante in compagnia dei suoi nuovi amici. La disneyficazione di questa figura simbolo dell’immaginario horror stravolge le convenzioni di genere e porta la mummia ad una deriva tenera e goffa, e di fatti Harold viene definito come «il meno spaventoso di tutti i mostri spaventosi». Una su tutte, la scena in cui i ragazzi provano ad usare questa mummia per girare un film dell’orrore sull’antico Egitto ma lei manda all’aria i loro piani perché proprio non riesce a far paura. (di M.M.)
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