
Angelus Novus. La man che trema – Pasolini Déluge #5
È una curiosa commistione quella alla base di Pasolini. Angelus Novus. La man che trema, una raccolta di scritti e interventi su Pasolini di svariati autori e di taglio diverso curata da Katia Migliori per Aras Edizioni. Eppure la frammentarietà di questo Angelus Novus rappresenta uno dei maggiori punti di fascino del volumetto, certo irrisolto ma colmo di intuizioni sulla figura di Pasolini e sulla sua eredità.
La preziosità del volume dipende in parte anche dalla presenza di interventi di intellettuali come Gianni Scalia e Paolo Volponi, il cui dialogo apre il libro; Scalia e Volponi avevano conosciuto Pasolini da giovane avevano anche collaborato con lui su esperienze fondative importanti, come la redazione della rivista Officina. Altrettanto interessante è il secondo capitolo del libro, il caldo commento a freddo di Scalia su Salò o le centoventi giornate di Sodoma, l’ultimo film, postumo, di P.P.P., redatto una decina d’anni dopo la sua travagliata uscita nelle sale e giocato tutto su una consapevolezza rilkiana della coincidenza tra il bello e il terribile. “Il potere nega il desiderio in due modi”, è questa la morale che Scalia trae dal film, “lo nega divenendo esso stesso desiderio, e, nell’altro senso, eliminando il desiderio di vita per affermare il desiderio di morte”. Sempre a Scalia si deve un altro intervento cruciale di questo Angelus Novus. La man che trema, quello su Pasolini Insegnante, che si concentra sul connubio didattico ed erotico celato nel termine greco paideia, un breve saggio ricco di echi ad Hadot, a Foucault, allo stesso Roland Barthes.

Successivi interventi assumono un taglio più specialistico e monografico: Alfredo Luzi affronta il tema del Mito del pasto totemico in Porcile di Pasolini, Maurizio Giuseppucci propone un occasionale confronto tra Pasolini e Camus sullo sfondo comune dell’interesse per le figure di Piero Della Francesca, Roberta Casadei propone una cavalcata nella lirica pasoliniana senza disdegnare un riferimento anche a Cristiana Campo, e via dicendo. Ricorrenti nel volume sono le citazioni estese di poesie, sia di Pasolini, sia di Gianni Scalia, sia della stessa curatrice Katia Migliori, ed è da una omonima poesia di Pasolini che è stato tratto il sottotitolo La man che trema. “…oppure devo scriverne/con la man che trema/con la coscienza/cioè di un’autoaccusa, che consacri/l’umiliazione a cui sono destinato/dai miei fratelli che non mi vogliono/‘dei loro’”, versi che Pasolini inserì verso il termine della raccolta del 1971 Transumanar e organizzar, e che sembrano accennare alla sua posizione di perenne eretico all’interno delle dinamiche e delle ideologie della Sinistra italiana del suo tempo, posizione feconda e liminare rivestita dai fatti di Ramuscello in poi.
Pasolini si è “consacrato” al sacro, un sacro che non è mai “a portata di mano” – questo è il verdetto di Gianni Scalia. Sorprende allora da molti punti di vista che l’intuizione più felice del volume, contenuta sin dal titolo, resti inespressa, appena evocata: l’Angelus Novus è un quadro, anzi uno schizzo, di Paul Klee, che il pensatore ebreo tedesco Walter Benjamin elesse a suo personalissimo Angelo della Storia poco tempo prima di morire nel tentativo di fuggire dalla Francia occupata dai nazisti. Angelus Novus. La man che trema non disdegna gli alti riferimenti teorici, tra Heidegger, René Char e i già citati Foucault e Barthes, ma forse proprio per questo decide di lasciare fuori campo, sullo sfondo, la personalità di Benjamin, forse il più frammentario, irrisolto ed esoterico dei pensatori del Novecento. Se un confronto a distanza tra Pier Paolo Pasolini e Michel Foucault è ormai diventato quasi un tic accademico, se adesso Giacomo Tagliani con le sue Estetiche della verità ha proposto un più originale sistema in cui a fianco a Foucault e P.P.P. compaiono anche Elio Petri e Roland Barthes, se, per non farci mancare nulla, prima l’allievo Gabriele Fadini e poi il maestro Massimo Recalcati sono arrivati a lacanizzare Pasolini o il suo fantasma, tuttora manca uno studio di riferimento che evidenzi fino in fondo le numerose, molteplici assonanze tra Walter Benjamin e Pier Paolo Pasolini. La curatela della Migliori ha senza dubbio il merito di indicare la strada, senza disdegnare di inserire notevoli frammenti di pregio lungo il corso di tutto il volume.

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