
IL COLLOQUIO. The assessment – La famelica ricerca di un posto
Uno dopo l’altro appaiono, gli aspiranti lavoratori protagonisti de IL COLLOQUIO. The assessment, spettacolo andato in scena al Teatro Fontana di Milano dall’1 al 4 dicembre 2022. Mano a mano si presentano, si siedono, si guardano, si studiano con sospetto.
È l’inizio dell’attesa, la premessa alla prova che dovranno sostenere, un colloquio che saggerà le potenzialità di tutti gli aspiranti… cosa? A meno che la memoria non inganni, non è mai esplicitato quale sia l’occupazione ambita da questi futuri impiegati. In fondo, non ha alcuna importanza. Importa fin dove sono disposti ad arrivare per ottenere ciò che vogliono.
La frenetica ricerca di un posto di lavoro muta l’animo delle persone, quasi ridotte a fameliche bestie che si agitano, si arrabattano, incapaci di darsi una direzione. Una confusione di movimenti, rispetto ai quali, in forte contrasto, il linguaggio di cui tutti si servono è quello tecnico dell’economia e della finanza, ricco di anglismi che si accavallano in brillanti effetti comici nei dialoghi fra i personaggi. Oppure c’è il linguaggio classico, che racconta il mito e rivela una cultura ridottasi a maldestra volontà di stupire.

Il percorso di ogni vita in scena si riduce ad una lotta spietata dove le capacità indiziare di ciascuno ricercano prove per vincere la più o meno fragile psiche dell’altro. Ma non c’è schema indiziario che tenga: la posa più squisitamente umanistico-intellettuale di uno degli aspiranti lavoratori tradisce l’imbarazzo di chi non riesce a rimanere nei tempi tecnici del colloquio. Il sapere matematico, con la sua algida quanto analitica forza di sintesi, suscita meraviglia, ma non è certo che il posto di lavoro sia di chi lo eserciti.
Non mancano in atto i più biechi sotterfugi, i ricatti meschini, le raccomandazioni di influenti genitori, fino a giungere all’assurdo: il sequestro del direttore, stordito, imbavagliato e posto sotto ricatto affinché dia lavoro a tutti, o quasi. L’assurdo ha il suo acme nel momento in cui il sequestro diviene esso stesso “colloquio di lavoro”. Sotto la pressione psicologica non manca nemmeno un tentato, quanto comico, suicidio.

Il dramma borghese ha avuto il salotto quale habitat naturale per lo svolgimento dell’azione, un salotto che è stato cornice esaustiva (ma anche claustrofobica) dell’azione scenica. Il dramma “sociale-contemporaneo” de IL COLLOQUIO. The assessment si consuma in uno spazio altrettanto claustrofobico ed esaustivo, quello dell’ufficio, possibile habitat dell’uomo contemporaneo. Tuttavia, se il salotto borghese aveva una sua compiutezza e il dramma lì rappresentato prevedeva, prescindendo qualsiasi analisi psicologica, che ciascuno avesse il suo, ancorché asfissiante, ruolo nel mondo, questo ufficio si caratterizza per la totale assenza di ruoli definiti. C’è il datore di lavoro (Augusto Masiello), influente uomo di potere, c’è il suo braccio destro (Alessandro Anglani), tutti gli altri sono alla disperata, goffa e angosciante ricerca di un posto da occupare. Il posto di lavoro diviene cristallina allegoria della ricerca di un posto nel mondo.
Dopo il caos generale, liberato il datore di lavoro, il “lieto” fine dal sapore dolceamaro genera stridente contrasto con quanto accaduto: la futura stipula di tre contratti non è lieto fine. Fra i sei aspiranti, non è dato sapere chi ha trionfato e chi ha fallito. La gabbia dorata di un ufficio idillico (e, latamente, di un’occupazione ideale) si è schiusa dinnanzi al pubblico rivelando la sua viscosa e corrotta natura: un luogo fatto di insicurezze, competizioni, paura del fallimento, costanti e biechi compromessi.
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IL COLLOQUIO. The assessment
di Marco Grossi
con Augusto Masiello, Giuseppe Scoditti, Fabrizio Lombardo, Alessandra Mortelliti, William Volpicella, Valentina Gadaleta, Marco Grossi, Alessandro Anglani
scene di Riccardo Mastrapasqua
luci Claudio de Robertis
produzione Teatri di Bari e Compagnia Malalingua
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