
Foga dei passi – Cinemavita | Torino 40
Ad opera di Katia Viscogliosi e Francis Magnenot, conosciuti insieme come Cinéma Fragile, Foga dei passi – Cinemavita viene presentato alla quarantesima edizione del Torino Film Festival nella categoria documentari italiani.
Foga dei passi – Cinemavita è un documentario girato durante il 2020 e il 2021 – anni del lockdown – tra Lione e Roma, seguendo gli spostamenti degli autori durante la quarantena. È un prodotto spoglio di qualsiasi ornamento: le inquadrature sono semplici, con una messa a fuoco all’infinito che priva le sequenze di profondità, instabili. La mano degli autori è perfettamente tangibile, non c’è alcun tentativo di coprire le immagini con finzione o complessità.
Il cinema di Foga dei passi è, appunto, Cinemavita, cinema di prossimità. Un approccio sperimentale che ricorda Pasolini: quando vita e cinema si incontrano, intrecciano e infine sovrappongono.

Cosa vedevamo quando chiudevamo gli occhi durante il lockdown?
Le sensazioni che si provano guardando il documentario sono contrastanti. Il film è un continuo avanti e indietro tra situazioni che sembrano reali e altre che sembrano immaginate, con passaggi circolari, che tornano più volte in 90 minuti di visione. Possono essere frasi, scene, singole parole. Si parla spesso, ad esempio, di ‘apolidi’ – tema già caro al Cinéma Fragile, che così ha intitolato un documentario del 2020 – senza riuscire a capire inizialmente se gli autori parlino di loro stessi o di altri. Tutto risulta in una specie di provocazione allo spettatore, che invece fa fatica a orientarsi, almeno fino a quando non entra nell’ottica pasoliniana che ‘la vita è cinema’ e contestualizza quello che vede nel periodo in cui è stato girato.
In che modo passavamo le giornate quando eravamo in lockdown? Quali pensieri avevamo?
Se ci si pone queste domande, diventa più facile entrare nel film. I tempi dilatati, il tono di voce pacato e i dialoghi che oscillano tra realtà e immaginazione diventano l’espressione di quello che è stato un periodo di vita lento per chiunque l’abbia vissuto. La voglia di fuggire dalla monotonia e di trovarsi in posti impossibili da raggiungere sono stati un elemento condiviso, e qui vengono percepiti come il principale fil rouge del documentario. Allora sì, capiamo che apolidi lo siamo stati davvero.

Foga dei passi ha un sapore amaro, e forse proprio per questo alcuni passaggi sembrano vuoti, nonostante i tanti stimoli che contengono: ricordano perfettamente momenti che all’apparenza sembrano pieni di confusione, nei quali improvvisamente ci si ritrova in mano il pettine per sciogliere i nodi.
Quello che resta è un sentimento di vicinanza con gli autori, che raccontando di loro sembrano parlare anche di noi. Perché se dalle scene togliamo tutto meno che le persone e i dialoghi, allora il risultato è necessariamente qualcosa di estremamente vicino alla vita di tutti i giorni. Un flusso di situazioni in cui non rimane altro che l’essere umano, il mondo che lo circonda e l’arte come mezzo di rinascita.
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