
Qual è la pecora nera? Le fumatrici di pecore al Teatro Gerolamo
Sofferenza. Spazi. Diagonali. Tempi. Volersi bene. Sono i cinque pilastri del teatro per Antonella Bertoni e Patrizia Birolo che insieme sono Le fumatrici di pecore, con la regia di Michele Abbondanza, in scena il 29 e 30 ottobre 2022 al Teatro Gerolamo di Milano.
Lo spettacolo inizia prima dello spettacolo: Antonella e Patrizia fanno il loro ingresso sul piccolo ma familiare palcoscenico del Teatro Gerolamo per riscaldare voce e corpo, e prendere confidenza con lo spazio, con il pubblico, con sé stesse. Anche gli spettatori si sentono messi a proprio agio: viene meno l’impatto con l’ignoto e con il buio che precedono l’inizio delle rappresentazioni. Si scivola gradualmente nel clima dello spettacolo, seguendo le due performer in questi step di progressiva confidenza: chiacchierano scherzosamente di attualità; misurano a passi, prima cauti, poi sicuri, il palco; sciolgono i corpi in movimenti propedeutici alla performance. Prove? Spettacolo? Azione che si compie in un processo.

Questa fase di riscaldamento nasce come esigenza di Patrizia Birolo, ma diventa esigenza comune: «Lei portatrice sana di una diversa abilità, noi portatori malati della nostra salute», parafrasando Antonella Bertoni. Lo spettacolo è una partitura aperta all’accadimento, basata su sequenze coreografiche miste a momenti di dialogo e azione. Le performer abitano lo spazio scenico in modo diverso: il corpo di Antonella lascia subito affiorare gesti e movimenti di una danzatrice professionista, delicati, quasi fragili, ma elastici. Il corpo di Patrizia è solido, ben piantato a terra, ma leggero: è reale, anche nelle battute dimenticate.
Antonella all’inizio appare come guida di Patrizia nella dimensione possibile della performance. Nel corso dello spettacolo invece Patrizia si fa carico del corpo fragile di Antonella, sostenendola nei movimenti, rendendosi presente per lei e con lei: «Ci penso io a te, Antonella» ripete Patrizia mentre la sua compagna rimane sdraiata sul palco. Come un albero che è insieme radicato a terra e svettante verso il cielo, così Antonella è foglia mossa dal vento, trattenuta con sicurezza dalle radici ben piantate di Patrizia. Una relazione che si fa reciprocità: teatro.

Nel corso della performance – che assume la forma di un rituale laico attraverso il canto, un’asse di legno che diventa una croce, una candela accesa presso cui stare in raccoglimento – Bertoni e Birolo tirano fuori delle pecore dai grembiuli neri che indossano. Vengono fumate, vengono usate come arma, vengono radunate in gregge. Assomigliano alle pecorelle del presepio, tutte bianche, tranne una che è nera. La pecora nera rimane in disparte rispetto alle altre che la osservano incuriosite, forse un po’ intimorite dalla sua diversità.
«Andrebbero viste più spesso cose così a teatro» commenta uno spettatore quando Antonella e Patrizia – dopo aver oltrepassato la quarta parete cantando e danzando tra il pubblico – lasciano la platea del teatro. Un gesto che non sia predeterminato, ma che superi i confini dell’arte e del sociale per aprirsi a tutte le possibilità di cui si fa portatore. Un gesto che si fa necessario per ognuno di noi, poiché è narratore di più storie: le nostre vite in cui siamo stati tutti, almeno una volta, la pecora nera in disparte, osservata con curiosità e diffidenza.
Un progetto di Antonella Bertoni
Regia Michele Abbondanza
Coreografie, scene e costumi Antonella Bertoni
Con Patrizia Birolo e Antonella Bertoni
Luci Andrea Gentili
Produzione Compagnia Abbondanza/Bertoni
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