
Attore, chi sei? – L’operazione. Lo spettacolo da vedere… per forza!
È davvero così: lo spettacolo di Rosario Lisma va visto «per forza», come recita il titolo stesso (L’operazione. Lo spettacolo da vedere… per forza!). Andato in scena al Teatro Fontana di Milano dal 1 al 4 ottobre, per recuperare le date annullate della stagione 2022, l’opera si configura come un dolce e amaro momento di riflessione sulla condizione dell’attore oggi e, più in generale, sullo stato di salute del teatro.
Quattro attori (interpretati da Rosario Lisma, Fabrizio Lombardo, Andrea Narsi e Alessio Piazza) decidono di mettere in scena il testo scritto da uno di loro che racconta di un gruppo di terroristi clandestini negli anni di piombo. La scena è un continuo avvicendarsi di problemi, ora di natura estetico-artistica, ora di natura più individuale: da un lato le difficoltà che lo spettacolo pone, dall’altro le avversità che la vita mette davanti a questi attori non più tanto giovani, sospesi tra l’alto ideale creativo e la gretta ricerca di trovare espedienti per arrivare a fine mese.
La fatica, il pensiero di non farcela, la rosa di emozioni che investono l’animo di chi lavora nel teatro cercando di essere attore di professione, tutto questo trapela da una scena in cui ogni cosa è indeterminata, labile, poiché si crede in ciò che si fa, ma al contempo non ci si crede più come una volta. Nell’indecisione più totale, ciascuno tenta di proporre la propria idea: Saverio, l’autore del testo da mettere in scena, difende la sua idea di spettacolo naturalista, guardandosi dalle critiche dei colleghi per mezzo delle parole di Eduardo de Filippo («Chi cerca lo stile trova la morte, chi cerca la vita trova lo stile»); i suoi colleghi si lanciano in soluzioni che vogliono fare leva sulle aspettative del pubblico, accattivarselo, recuperando il dialetto, oppure tentando di stupire con soluzioni sceniche rocambolesche, inveendo magari con un turpiloquio, che ha la pretesa di rendere lo spettacolo più vivido.

A turno, ciascuno mette in scena la propria idea. Tuttavia, l’effetto finale si carica di tratti quasi grotteschi, poiché ogni tentativo possibile di spettacolo viene messo in crisi, divenendo caricatura di sé stesso, una somma di elementi “già visti” che genera delle larve: scenicamente efficaci, anche belle a vedersi, ma prive di senso, pura forma, puro effetto.
Dovendo ognuno far vedere ai colleghi la propria idea di spettacolo, a turno gli attori in scena diventano spettatori, oltrepassano il palcoscenico e si siedono in prima fila. Così facendo, metaforizzano una condizione essenziale perché si possa dare spettacolo, ossia la presenza di uno spettatore, un riguardante, l’assenza del quale riduce, annulla il fare teatrale. Questa essenzialità è insita nell’etimologia stessa del termine ‘spettacolo’, dal latino spectaculum, derivato di spectare ‘guardare’.
Chi è che deve guardare lo spettacolo? Al momento del debutto e per i giorni seguenti, tre dei quattro attori sono contenti che il teatro sia stato pieno per loro. Saverio (Rosario Lisma) no, non accetta che tra gli spettatori, tra i riguardanti manchi lui, il critico, colui che sancisce vita e morte del fare teatrale.
La vanità degli attori, prima di ogni cosa vanità umana, non riesce a rinunciare al riconoscimento che può venire loro soltanto dal presunto e più riconosciuto intenditore, il critico per l’appunto, cosicché si inventano un’escamotage perché lo spettacolo venga visto per forza da Marco Mezzasala, un eloquente cognome parlante, interpretato da Gianni Quillico. Accecati dal delirio dei personaggi che interpretano, i quattro attori, alla stregua dei brigatisti, sequestrano l’autorevole critico, compiendo il loro personalissimo “sequestro lampo”.
Nonostante sia messo alle strette, il critico dopo pochi minuti si addormenta. Se il suo lavoro è fondamentale per gli attori, non lo è per il grosso pubblico che si è sempre più disabituato a una lettura colta del fatto artistico, al punto da non riconoscere nell’attore (soprattutto di teatro) un lavoratore professionista. Il critico è stanco, risente del cambiamento dei tempi, è consapevole di scrivere per un numero esiguo di lettori appassionati, è conscio di muoversi all’interno di un circuito chiuso. Sa che il suo lavoro è ormai affine a quello di un pubblicista: poche righe che sappiano vendere un prodotto, poco conta se dietro ci sia un lavoro artistico valido o meno.

Marco Mezzasala esce di scena, i colleghi escono di scena. Saverio rimane solo. La sua condizione è quella di un precario, una condizione a cui il professionista dello spettacolo sembra doversi sottomettere, quasi fosse tragicamente iscritta nella genesi della sua professione. Ma se il precariato è ancora sopportabile, e lo svilimento dell’agire teatrale che alla lunga sfibra, portando Saverio ad appoggiarsi, sfinito, sul tavolo che ha davanti. Si spengono le luci, cala il sipario. Al pubblico in sala viene consegnata l’immagine di un’uomo avvinto, ma anche dei suoi colleghi che, più tristemente speranzosi, decidono di guardare al domani, fiduciosi nei più incerti confini del futuro.
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L’operazione. Lo spettacolo da vedere… per forza!
testo e regia di Rosario Lisma
con Rosario Lisma, Fabrizio Lombardo, Andrea Narsi, Alessio Piazza e con Gianni Quillico
realizzazione scene Opificio Creativo di Marcello Prandina
luci Luigi Biondi
costumi Neva Viale
ripresi da Simona Dondoni
tema musicale Gipo Gurrado
aiuto regista e direzione tecnica Francesco Traverso
assistente alla regia Alessia Donadio
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale
foto locandina Luca Del Pia
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