
The Fabelmans – A Kind of Magic | Festa del Cinema di Roma 2022
Nonostante i ricavi miliardari, il cinema di Steven Spielberg non ha mai represso la sua natura profondamente artigianale. Forse solo James Cameron può reclamare, all’interno del cinema americano, una devozione per l’effetto speciale. Nelle mani di questi cineasti, i film diventano una celebrazione del cinema come gioco di prestigio. Esiste nella loro opera uno spirito che pare discendere dalle origini stesse del mezzo, un’innocenza magica e mistica che già permeava tutta l’opera di Georges Méliès.
Ecco allora che The Fabelmans si apre già con un riferimento alla persistenza della visione. Il protagonista, Sammy Fableman, scopre per la prima volta il cinema attraverso una scena in cui un treno deraglia scontrandosi contro un’automobile. L’impatto emotivo di questa scena spettacolare diviene per il giovane Sammy quasi un’ossessione. Spinto dal desiderio di ricrearla con un treno giocattolo, inizierà a inventare trucchi sempre più elaborati da presentare nei suoi cortometraggi amatoriali. In un arco di tempo che si dilunga dall’infanzia al primo anno di college, The Fabelmans contrappone a questa ricerca la separazione dei genitori. Ci troviamo di fronte all’archetipo di storia spielberghiana: lo spettacolo supera il suo obiettivo d’evasione, e diventa meccanismo di riconciliazione, di riparazione degli affetti. Tuttavia, il film è molto più che un semplice racconto autobiografico.

Steven Spielberg e Tony Kushner hanno redatto la sceneggiatura in quattro mesi durante la pandemia, a partire dall’Ottobre 2020. Sembrano così volersi allineare con molte altre opere realizzate in questo periodo. Nell’impedimento di vedere il mondo esterno, il cinema ha difatti reagito volgendo il proprio sguardo all’interno dei suoi simboli e dei suoi ricordi, cercando di comprendere il loro impatto sul mondo interiore ed esteriore.
Iniziò Tarantino, per poi essere seguito da Sorrentino, Paul Thomas Anderson, Joanna Hogg. In questo filone rientra anche un’altra pellicola presentata alla Festa del Cinema di Roma 2022, Aftersun di Charlotte Wells. Si tratta anche di fuga da un presente troppo complesso, ovviamente, ma in queste opere non c’è mai autocompiacimento nostalgico, e ognuno di questi artisti è riuscito a estrarre nuove e personali suggestioni dall’esplorazione del passato.
Nel caso di Spielberg, il suo cinema si muove animato dal desiderio di unire quelle fratture che al contempo definiscono i tratti caratterizzanti del paese che ama. Utopico e ossessivo al contempo, forse nessun altro regista occidentale è riuscito ad armonizzare così efficacemente i propri traumi con quelli della propria nazione. Ci si potrebbe aspettare che The Fabelmans sia un punto d’arrivo, un epilogo di una grande storia, l’opera con cui, finalmente, il regista si riappacifica con sè stesso e il proprio passato, ma così non è.

Esiste in The Fabelmans, al contrario, un profondo senso di rivalsa, di riappropriazione di un linguaggio la cui egemonia culturale è stata negli ultimi anni costantemente messa in discussione. Il film è poco interessato a riproporre stilemi di un cinema che forse non c’è più (West Side Story è molto più vicino a questo tipo di operazione filologica), ma anzi si pone come l’ulteriore elaborazione di una poetica che mai ha scelto di fermarsi. Si procede infatti su due binari paralleli: da un lato abbiamo le difficoltà familiari e affettive che Sammy deve affrontare nel corso della sua crescita, e dall’altra vediamo il suo percorso di regista, narratore visivo e scaltro inventore di effetti speciali.
I tre cortometraggi che Sammy gira durante il film sono infatti gli stessi che Spielberg ha girato da ragazzo. Questi piccoli film vengono a loro volta ricreati drammaticamente: assistiamo al loro backstage, dalla genesi e scrittura alla messinscena. Ma i cortometraggi “veri”, i risultati finali, non vengono mai mostrati. Sembra che il regista, più che usare i ricordi per dare dignità al cinema, voglia usare il cinema per dare dignità ai ricordi: la finzione diventa l’unico strumento per ricercare la verità, celando i suoi trucchi moderni per mostrare trucchi antiquati.
The Fabelmans è quindi ben più che un semplice regalo per cinefili. Al contrario è forse uno delle analisi più lucide sul rapporto che esiste tra passato e fantasia, tra realtà e desiderio. Perchè il cinema è uno spirito che nel suo magico nascondersi cambia forma e si rigenera. E quindi non muore mai.

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[…] Steven Spielberg | USA. The Fabelmans è molto più che un semplice regalo per i cinefili di tutto il mondo, ma una delle analisi più lucide sul rapporto che esiste tra passato e fantasia, tra realtà e desiderio. Unendo sguardo fanciullesco e spirito ingegneristico, lo spettacolo supera il suo obiettivo d’evasione, per diventare strumento di riconciliazione con il passato, di riparazione degli affetti. Uno dei migliori esempi dell’introversione che di recente sta caratterizzando il cinema d’autore americano. Leggi l’articolo completo di Marco Baratta […]