
Cigni che continuano a vivere: Swans Never Die a FOG Triennale Milano
Rappresentazione – dal latino repraesentare – significa rendere presente di nuovo, fare memoria di un avvenimento passato, riattivandolo nel presente. L’azione permette di attualizzare il passato: coinvolgendo il corpo, rende vivo e presente ciò che non c’è più. Fare teatro – nella sua ampia accezione di arte performativa – è fare memoria. Questa è la base del progetto Swans Never Die, raccontato sulla piattaforma Mnemedance: la riattualizzazione de La morte del cigno – coreografia del 1905 di Michel Fokine per Anna Pavlova – attraverso i corpi degli artisti coinvolti nel progetto, promosso da una rete di organizzazioni culturali.
Il 30 aprile Swans Never Die è arrivato al Teatro Out Off di Milano, nell’ambito del Festival FOG Triennale Milano Performing Arts: Swaën di Camilla Monga, musica di Filippo Vignato e Emanuele Maniscalco; L’Animale di Chiara Bersani con Veronica Tulli; Open Drift di Philippe Kratz con Antonio Tafuni e Nagga Baldina; La morte del cigno con Virna Toppi; sono quattro diversi sguardi che indagano connessioni tra corpi umani e animali, rese possibili dalla danza, arte dei corpi. Le quattro performance iniziano tutte in silenzio e in punta di piedi: prima ancora che le luci si spengano, mentre alcuni spettatori stanno ancora parlando tra loro, i performer prendono confidenza con il palco.

Swaën di Camilla Monga
Camilla Monga esplora il concetto di metamorfosi: il suo corpo diventa quello di un cigno. La trasformazione è accompagnata dal suono della tromba che riproduce realisticamente il fischio tipico del volatile. L’artista si concentra sul movimento della parte superiore del corpo, insistendo sul tronco, le spalle e le braccia. Compie movimenti fluidi e vitali, e ci si aspetta che da un momento all’altro le spuntino delle ali con cui prendere il volo. La vitalità che comunica la sua danza sembrerebbe in contrasto con La morte del cigno; la morte invece viene vista come una metamorfosi: il passaggio da una condizione a un’altra, da un essere a un diverso modo d’essere. Umano o animale che sia.
L’Animale di Chiara Bersani
La performance di Chiara Bersani – interpretata per questa data da da Veronica Tulli – è onomatopeica. Ha inizio con un respiro profondo, rumoroso, quasi affannato. Prosegue con suoni pregrammaticali a metà tra l’umano e l’animale, articolati dall’artista. Il corpo della performer è rannicchiato sopra una piattaforma. I lenti e misurati movimenti delle braccia e delle gambe seguono il ritmo dei suoni: si assiste a un progressivo risveglio. I movimenti sembrano però costare fatica, come se anche solo vincere la resistenza della forza di gravità fosse impossibile. Il corpo resiste ma alla fine viene schiacciato a terra.

Open Drift di Philippe Kratz
Antonio Tafuni e Nagga Baldina compiono movimenti segmentati, quasi nervosi, che richiamano i guizzi degli uccelli. Lo sguardo dei danzatori è fisso nel vuoto: lo puntano sul pubblico ma in realtà è rivolto oltre. Durante la danza i loro corpi entrano in contatto fino a fondersi in un unico corpo: le luci proiettano le loro ombre sulla parete e il nuovo corpo assume le sembianze di un uccello. I due performer si spostano a piccoli e rapidi passi, come se scivolassero sul palco.

La morte del cigno con Virna Toppi
Si percepisce che il palco dell’Out Off non è il suo. Tuttavia i pochi minuti in cui la prima ballerina del Teatro alla Scala si esibisce nella sua interpretazione della coreografia di Fokine emozionano e stupiscono, anche solo per la straordinarietà di vedere Virna Toppi danzare a pochi metri dal pubblico in una sala teatrale contemporanea. Improvvisamente lo spettatore rivede e riconosce gesti e movimenti dei danzatori precedenti: dai passi brevi ai movimenti che coinvolgono spalle e braccia. Le singole performance assumono senso, come se ogni artista avesse fatto suo un dettaglio della coreografia originale, creando una nuova drammaturgia dei corpi.
Se fare teatro significa fare memoria, va considerato che la nostra memoria è una componente viva e attiva del nostro corpo: i ricordi non rappresentano oggettivamente la realtà vissuta, che viene manipolata in modo creativo e selettivo. Anche per questo il teatro è finzione, una finzione che è poi realtà vista da punti di vista differenti: una verità personale. Swans Never Die è un progetto di archivio performativo, a cui ogni artista partecipa con il proprio contributo per far rivivere una coreografia del passato, portando la propria verità del presente sul palcoscenico.
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