
Le (nuove) luci della ribalta – I Barbe à Papa Teatro
Nel caso in cui il titolo vi avesse in qualche misura scosso, ecco un paio di coordinate per guidarvi nella fruizione di questo contenuto. La prima è quasi sinestetica, e ha a che fare con il sapore e la consistenza dello zucchero filato che da piccoli non potevamo fare a meno di sfilacciare tra le dita per lasciarci sopra una (duratura) colla dolce. L’altra è quantitativa: la soglia dei 35 anni, che per il circuito culturale italiano significa giocarsi l’ultima Olimpiade prima di cambiare mestiere.
Stiamo parlando della giovane compagnia indipendente Barbe à Papa Teatro (la barba di papà, cioè lo zucchero filato, ndr), gruppo di giovanissimi che lavorano principalmente su drammaturgie originali (guardate un cartellone qualsiasi di una stagione qualsiasi per capire che trovare parole proprie per dire le cose è questione delicata).
Chiara Buzzone, Federica D’Amore, Totò Galati, Roberta Giordano e Claudio Zappalà hanno dello zucchero filato la duttilità: a partire da una risorsa essenziale, e cioè la devozione alle arti dello spettacolo, mostrano l’agilità di costituirsi in forme sempre nuove, pur non rinunciando all’incisività e alla durevolezza dei sapori più dolci. Costitutiva della loro identità è certamente la base palermitana: qui realizzano le loro produzioni – Spazio Marceau è uno dei cantieri culturali che li ospita e sostiene – e, soprattutto, in questa terra hanno gettato i semi di una collaborazione con Partinico Solidale, associazione con cui dal 2020 sono impegnati in una riqualificazione dell’attività teatrale fuori dagli spazi in cui siamo abituati a confinarla secondo prassi istituzionale.

Perché parlare di loro? perché sono un efficace ritratto – uno di quelli con pennellate violente à la Van Gogh – di come una volontà feroce sia in grado di superare quella groviera che è il circuito culturale italiano, in cui pur di fare ci si reinventa (social media) managers, organizzatori, promotori, e pure PR e CEO e CCO e CTO di sé stessi. Hanno imparato a fare tutto, di bando in bando, per sostenere il processo creativo che – come descritto nel loro manifesto programmatico – deve essere una “sedimentazione” in cui le fasi, come sospese particelle, si ricongiungono in un campo di forza sempre imprevisto, necessariamente fertile. E per questo ci vuole tempo, affinché l’uva maturi e si possa raccogliere, invece che diventare chicco d’ira (i Grapes of Wrath di steinbeckiana memoria).
I giovanissimi Barbe à Papa Teatro, costituiti associazione dal 2019, restano saldamente ancorati alla fonte più prolifica di creazione: la realtà. Con un moto centripeto si invischiano nelle periferie e ai margini del lustro cittadino, e come prisma di verità riflettono sui luoghi perduti per rianimarli attraverso l’arte teatrale. Ma non dimenticano che, si sa, l’Italia è un paese di cose stabili (per non dire immobili), di teatri alla vecchia maniera e fondazioni semiprivate con la cataratta. Restano alcune perle disperse sul territorio, che questo vitale gruppo creativo non esita a cogliere.

Dal 2019 portano in giro per l’Italia Il coro di Babele, spettacolo sul cittadino globalizzato per cui il viaggio è necessità (quasi mai desiderio: di nuovo, Tom Joad era un Okie e avrebbe volentieri evitato la California) con tutto il suo intreccio di solitudini e nostalgie. Lo spettacolo ha avuto un destino fortunato: finalista del Crash Test 2019, in calendario e tra i vincitori del Fringe Festival Milano Off e vincitore del Premio Nazionale Giovanile di Udine. Vale la pena di recuperarlo anche perché lo spettacolo farà parte di una Trilogia Generazione Y: “Il coro di Babele”, appunto, seguito dal secondo capitolo “Mi ricordo”, creato nel 2020 e con un debutto durato la breve e fortunata stagione di riapertura dei teatri. L’ultimo appuntamento è dedicato a “L’arte della resistenza”, su cui la giovane compagnia ha lavorato con il supporto prezioso del periodo di residenza del Teatro Ferrara Off.

Tra un training e un laboratorio – disciplina e didattica sono un’endiadi che sorregge il lavoro degli artisti, alcuni dei quali formati nella Scuola dei Mestieri dello Spettacolo di Emma Dante -, i Barbe à Papa Teatro continuano a studiare – i nostri ministri direbbero che “acquisiscono le skills” – per ampliare il raggio della loro azione. Da dicembre, sostenuti dal Bando Start and Go voluto dal Comune di Genova in collaborazione con il Teatro Pubblico Ligure e Hangar Piemonte, apprendono nozioni di fiscalità, project management, fundraising.
I cinque, forse “affamati e sciocchi”, sono già in movimento per applicare questi strumenti alla (concretissima) azione creativa. Cosa c’è all’orizzonte? Il mettersi on the road e, come in un grande sistema nervoso, unire il centro alle periferie. Definiti il punto di partenza e di arrivo – i due comuni di Partinico ed Avignone con cui sono già all’attivo collaborazioni – i Barbe à Papa Teatro porteranno il loro carrozzone, con tanto di attrezzatura specializzata per la documentazione, ai margini delle stazioni linfatiche dello stabilissimo teatro italiano. Sul loro mini-van elettrico pochi bagagli, per fare spazio alla loro trilogia e alla vocazione pedagogica, e una penna, per non scordare niente di quest’Odissea tra dieci piccoli comuni.

Purtroppo, sul Wolkswagen verde petrolio – sic! – non c’è spazio per tutti, ma sarà presto possibile sostenerli con una campagna di crowdfunding. I più curiosi potranno vederli esibirsi al Teatro Basilica di Roma dal 12 al 15 maggio, o godendosi una vacanza ad Avignone dal 7 al 17 luglio.
12 e 13 maggio Il coro di Babele al Teatro Basilica di Roma
14 e 15 maggio Mi ricordo al Teatro Basilica di Roma
dal 7 al 17 luglio Il coro di Babele al Festival OFF d’Avignon (Francia)
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