
“Moon Knight” Episodio 2 – Gioco di specchi
A guardare i primi episodi di Moon Knight non si può fare a meno di notare la moltitudine di specchi e superfici lucide che riflettono l’immagine di Steven Grant in quasi ogni scena, chiaro (e forse fin troppo reiterato) simbolismo della sua personalità frammentata e del disordine dissociativo di identità di cui è afflitto. Ma se per gran parte del primo episodio gli specchi alludevano silenziosamente a queste tematiche restando perlopiù sullo sfondo e da contorno all’azione, nel secondo capitolo di Moon Knight si fanno carico sin da subito di una vera e propria funzione narrativa in quanto unico mezzo di scambio comunicativo tra le varie identità in lizza per lo stesso corpo.

Questi bizzarri ma estremamente informativi scambi dialogici costituiscono il fulcro dell’intero episodio, concepito (è il caso di dirlo) in modo speculare al precedente. Se il pilot si costruisce infatti intorno al “non – sapere” di Steven circa gli eventi e i personaggi che si susseguono freneticamente, offrendo una narrazione volutamente monca per portare lo spettatore a condividere la stessa confusione provata dal protagonista, quello che il secondo capitolo offre è proprio il “sapere” agognato che permette di iniziare a gettar luce sugli eventi.
Molti sono infatti i tasselli slegati del primo episodio che già da ora trovano un loro posizionamento: da Marc che chiarifica il modo in cui lui e Steven sono legati al dio Khonshu si passa a Layla che fornisce notizie sul passato di Marc, per arrivare infine allo stesso villain Arthur Farrow che comunque non resiste alla tentazione di rivelare un po’ della sua storia e del suo piano. Questo secondo episodio più che occuparsi di portare avanti le vicende terminate nel primo sembra allora volerne essere in qualche modo una loro spiegazione e corretto inquadramento, il che evidenzia come forse Moon Knight – dopo quel folle pilot – cerchi di assestarsi su sentieri più conosciuti agli spettatori di casa Marvel e vada a ritrovare una linearità narrativa tale per cui chiunque possa riuscire a seguire con relativa facilità gli eventi esposti e non rischi di perdere pezzi per strada.

L’urgenza di chiarificare scopi e relazioni tra i vari personaggi sembra tradire l’intenzione della serie di voler tranquillizzare tutti quegli spettatori che potrebbero sentirsi disorientati dal pilot adrenalinico e volutamente confusionario. I vari spiegoni sembrano rassicurare tra le righe che anche questa storia, a prima vista così inusuale, si svolge alla fine secondo i soliti pattern e ruota intorno a temi e figure con cui siamo già in perfetta confidenza: abbiamo il villain che espone i suoi deliri di onnipotenza; la partner amorosa che per quanto ci si provi non si riesce a tenere fuori dalle situazioni di pericolo; gli sgherri e mostri magici vari meno potenti del cattivo principale ma resistenti abbastanza per poter mettere in scena combattimi articolati e a forte impatto visivo, e via dicendo.
Mr. Knight, la versione psicopatica del colonnello Sanders
Se in questo secondo episodio si riserva quindi più tempo a schiarire le idee a Steven che non a mostrarcelo impegnato in scene d’azione, il finale (quasi a volerci ricompensarci per la pazienza) non manca di momenti spettacolari. Memorabile è l’apparizione di Mr. Knight, caratterizzato in modo decisamente più scherzoso rispetto alla sua controparte fumettistica.

A sorpresa il Mr. Knight del MCU altri non è che la versione ‘super’ ed eccentrica dello stesso Steven, e le brevi scene in cui appare sono piene di gag sulla sua maldestria ad usare i super poteri che inaspettatamente si ritrova. Se pure la goffaggine e le battute di spirito che rendono Mr. Knight «la versione psicopatica del colonnello Sanders» (come lo definisce lo stesso Marc) a primo impatto possono stranire, il personaggio è apparso per così poco tempo che è impossibile potersi ancora esprimere su di lui. Al momento, è sicuramente da apprezzare l’operazione della Marvel di voler aggiungere altra carne al fuoco per i prossimi episodi complicando ulteriormente il già intricato conflitto tra le diverse personalità e alter ego che si alternano nel corpo di Steven.

Il cambio di rotta più interessante si ha forse nel finale, in cui è Marc Spector ad assumere il pieno controllo del corpo (come nei fumetti) mentre Steven viene confinato al riflesso negli specchi, relegato al ruolo di mero osservatore esterno. Questo cambio di identità – nascostoci nel primo episodio e anelato da Marc per tutto il secondo – sembra promettere molto per il futuro: Steven (e noi con lui) siamo finalmente messi in condizione di poter assistere alle assurde vicende che accadono a Marc e di cui finora non ne abbiamo assaporato che poche e sparse briciole.
L’impressione generale che si ha allora di questo secondo episodio è che sia stato concepito per svolgere una funzione complementare al pilot e che entrambi servano da prologo per porre le basi per quello che deve ancora venire. In altri termini, solo ora lo spettatore dispone di tutte le competenze necessarie per entrare nel vivo della vicenda e sapersi muovere nell’inedito mondo di Moon Knight che è ancora di là da esplorare.
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