
“Infinite Sea”, di Carlos Amaral – Ravenna Nightmare Film Festival 2021
Giunto alla XIX edizione, il Ravenna Nightmare Film Festival ha riaperto le porte della sua sala cinematografica al grande pubblico, mantenendo però una forma ibrida di fruizione grazie alla partnership con la piattaforma MyMovies. Una settimana di proiezioni e incontri – dal 31 ottobre al 6 novembre – tutti dedicati al “dark side of the movies”, cifra stilistica e fil rouge dell’intera programmazione del festival. Riduttivo, però, sarebbe identificare il Ravenna Nightmare col genere horror, che pur ne segna indelebilmente i caratteri; allora più che parlare di “genere”, a Ravenna si esplora l’intersezione tra i generi in qualche modo familiari alle atmosfere e ai topoi “dark”. Horror, distopico, thriller, fantascientifico, il carnet dei lungometraggi e cortometraggi in concorso si muove lungo questi punti cardinali fluidificandone i confini. Lo stesso vale per le altre categorie proposte dal festival: dai Nightmare d’essai ai classici, da Contemporanea a Ottobre Giapponese e Celebrazioni, tutti meticolosamente proiettati verso le zone d’ombra del reale, le alterazioni e le manipolazioni della normalità e l’esplorazione di mondi il cui accesso sembra essere negato. Anche quest’anno Birdmen Magazine è media partner del Festival.

Infinite Sea – Mar infinito di Carlos Amaral è l’ultimo lungometraggio del già noto regista portoghese, da sempre affascinato dall’universo fantascientifico come set privilegiato per le sue fatiche. Più che alla fantascienza di Star Wars e Blade Runner, il regista strizza l’occhio a Solaris, adoperando un apparato cinematografico che di Tarkovskij ravviva le intenzioni teoriche. In Infinite Sea la componente fantascientifica non è altro che la forma anti-realista di una riflessione sulla condizione umana, l’immagine che nei suoi mutamenti rivela possibili verità sugli uomini.

Infinite Sea è letteralmente un luogo di transizione, un oceano sterminato – che del suo blu tinge tutta la prima parte della pellicola -, la strada verso un altrove sconosciuto e lontano da un mondo irriconoscibile. Pedro, il protagonista e l’exemplum in quest’indagine sull’umano, è l’emblema del migrante in cerca di una nuova vita che tenta di partecipare all’esodo di un gruppo di terrestri verso un nuovo pianeta. L’amore provato nei confronti di Eva, così come la solitudine provata nei confronti di se stesso, sono due dimensioni che il regista analizza con alla mano la lente naturalistica dell’acqua marina: la vastità, la perdita a vista d’occhio del confine, il silenzio del mare, tutte componenti che sottolineano l’estrema difficoltà dello scendere a patti con qualcosa di ingestibile, del governare sentimenti e cambiamenti e di saperli metabolizzare a propria volta.
Situato a metà tra il topos classico della colonizzazione spaziale e la condizione dei migranti contemporanea, il film costruisce un universo quasi metafisico dove poter indugiare su sguardi e pensieri dei protagonisti senza fretta, una forma di bolla teorica in cui Amaral conserva tute le sue riflessioni esistenzialiste sull’uomo errante e il suo destino di navigatore alla ricerca di qualcosa, senza il bisogno di dover cedere alle leggi del realismo.
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