
Luna Park – Il lato oscuro della Dolce Vita
Famiglia, intrighi e destino sono gli ingredienti principali della nuovissima serie Luna Park, prodotta da Fandango, scritta e ideata da Isabella Aguilar e disponibile su Netflix dal 30 settembre 2021. I sei episodi diretti da Leonardo D’Agostini e Anna Negri costruiscono un microcosmo ricco di avvincenti intrecci familiari dove lo spettatore viene catapultato nella Roma dei primi anni Sessanta, ancora duramente colpita dalle conseguenze della guerra, ma in rapida trasformazione all’ombra della Dolce Vita e delle sue abbaglianti luci.
La storia di Nora (Simona Tabasco), giovane giostraia, si intreccia casualmente con quella di Rosa (Lia Grieco), ricca rampolla di una delle famiglie più influenti della città. Le due ragazze, apparentemente senza nulla in comune, scoprono di essere sorelle, ma vivono vite completamente agli antipodi. La semplicità e la libertà della moderna Nora all’interno del luna park oscura la vita apparentemente perfetta, quasi schematizzata, di Rosa. Dopo la clamorosa scoperta, entrambe iniziano una lunga indagine alla ricerca della verità, attraversando diversi intrighi, misteri e memorie da svelare. L’incontro tra le due conduce inevitabilmente allo scontro tra classi sociali, tra famiglie con ideali diversi e passati in comune. Il loro percorso verso la verità costituisce l’inizio del viaggio verso la rivelazione condiviso da tutti i personaggi.

Direttamente dal mondo della fiction Rai (I Bastardi di Pizzofalcone), Simona Tabasco esordisce nel suo primo ruolo da protagonista e dimostra nei panni del suo personaggio un’ottima capacità di catturare la scena e far immergere lo spettatore all’interno della sua storia. Ad affiancarla Lia Grieco, la rivelazione della serie, che restituisce una performance audace e complessa, un personaggio borderline in costante cambiamento, divisa tra le buone maniere di una donna degli anni Sessanta e la figura della donna moderna totalmente indipendente. Complessivamente Luna Park presenta un cast ben riuscito che appassiona facilmente lo spettatore dove è facile l’immedesimazione con i suoi protagonisti.
Ma è forse la fotografia della serie la vera rivelazione. Le ambientazioni, sapientemente costruite, richiamano alla memoria un immaginario ambivalente: da un lato il mondo fiabesco e luminoso del luna park con dei rimandi ad opere quali Big Fish del genio visionario di Tim Burton e il recentissimo Freaks Out, in concorso alla 78^ Mostra del Cinema di Venezia, di Gabriele Mainetti, nonché la sfavillante atmosfera della Roma di Cinecittà, delle star hollywoodiane e del cinema italiano nella sua epoca d’oro che ben si collegano all’immaginario felliniano. Dall’altro lato, invece, troviamo la guerra e le sue conseguenze, restituite visivamente attraverso una fotografia cupa e delirante, con degli elementi che ricordano facilmente il capolavoro del Neorealismo italiano Roma Città Aperta di Roberto Rossellini.

Sono diversi gli elementi che preannunciano il successo della serie prodotta da Fandango, Luna Park: la faida tra famiglie, tematica prettamente italiana, la Roma del boom economico, l’avvento di Cinecittà, dei primi programmi Rai di successo e del cinema italiano, il ruolo della guerra nella vita dei protagonisti e il destino, unico vero elemento che sembra tornare in continuazione senza mai mostrarsi del tutto. Non per ultimo anche l’amore, soprattutto quello giovanile, diventa uno dei motori della storia, capace di unire universi sociali opposti in un’epoca pregna di una mentalità ancora legata alle differenze di classe. Il cocktail di Luna Park presenta quindi tutti i presupposti per iniziare una lunga serie di stagioni appassionanti. Molto interessante è l’idea di creare un sottofondo, parallelo alla storia principale, in cui, oltre al processo di trasformazione delle protagoniste, assistiamo alla trasformazione della città di Roma, immagine principale del cambiamento della società italiana in quegli anni.
Il cinema è uno degli elementi ricorrenti nel corso degli episodi. Si presenta sotto diverse fattezze: dalla mera proiezione tramite bobina che ricorda i cinematografi dell’epoca, alla sfavillante atmosfera di Cinecittà e dei suoi studi televisivi, fino alle comparse intente a recitare nei kolossal hollywoodiani che popolavano i set della Città Eterna durante il dopoguerra. Si potrebbe quindi parlare di una buona operazione di metacinema in cui, oltre al filone narrativo principale, viene mostrata e raccontata la storia del nostro cinema e di come ha cambiato la vita di molti italiani.

Altro elemento interessante è sicuramente il racconto delle diverse sfaccettature della figura della donna all’interno della società dell’epoca. In Luna Park le donne sono al centro del racconto, alcune forti e indipendenti, altre ancora soggiogate dall’uomo in quanto figura dominante. Il cambiamento, anche per queste ultime, avviene gradualmente e subito dopo lo scontro con l’ambiente libero e meno severo dei giostrai. L’incontro tra i due mondi innesta una reazione a catena irreversibile e costituisce il momento di rottura con gli usi e costumi dell’alta società dell’Italia del dopoguerra.
Luna Park è un bel viaggio da affrontare con pienezza e in cui lasciarsi catturare. Unica pecca? La narrazione si esaurisce troppo velocemente nel corso dei sei episodi, ma il finale aperto lascia presagire un grande ritorno in cui potremo vedere svilupparsi ulteriormente la storia delle protagoniste.
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