
Qui rido io – Lo spettacolo deve continuare | Venezia 78
Camera fissa sul lungomare di Napoli in bianco e nero e la silhouette del Vesuvio sullo sfondo, passanti curiosi guardano in camera rompendo, inconsapevoli, una quarta parete proto-cinematografica. Pochi minuti delle riprese partenopee dei fratelli Lumière fanno da prologo a Qui rido io, ultima opera di Mario Martone in concorso a Venezia 78, una nuova retrospettiva sulla Napoli primo-novecentesca – a 3 anni dal suo Capri-Revolution – e sul legame ininterrotto che la lega alla “scena” come orizzonte di senso. È la città-spettacolo quella che Martone presenta immediatamente attraverso pochi frame di repertorio, già allora “attrice” interessante per l’avanguardia del cinematografo, e per sineddoche se ne serve per il ritratto magistrale del protagonista del suo biopic: l’uomo-teatro Eduardo Scarpetta.
Nel suo lungo lavoro d’indagine sul binomio vita-teatro, persona-personaggio, il regista partenopeo decide di fare della componente scenica il trait d’union tra individualità e alterità, un omaggio alle arti visive e alla performance e unico terreno di autodeterminazione per Scarpetta, pioniere della commedia napoletana popolare. È la preparazione di Felice Sciosciammocca a cui assistiamo nei primi minuti di film, la metamorfosi nel corpo e nello spirito di Scarpetta nel personaggio frutto del suo ingegno drammaturgico – e di un eccezionale Toni Servillo nel suo alter ego teatrale. E ancora, il suo trionfale ingresso sul palcoscenico girato dalla quinta centrale, loop di entrare e uscite di scena che mostra il continuo cortocircuito tra chi guarda e chi è guardato.

Fedele alla biografia dell’istrionico Eduardo Scarpetta – pur concedendosi pochi momenti romanzati – Martone realizza il ritratto di un uomo senza poter prescindere dalla carovana familiare che lo circonda: mogli, amanti, figli legittimi e illegittimi – come i fratelli De Filippo – Eduardo costruisce un reticolo parentale locato all’interno di Palazzo Scarpetta, un’effettiva villa-teatro in cui ognuno indossa la propria maschera senza negarla. Ambientata negli anni della querelle che vide scontrarsi in tribunale Scarpetta e D’Annunzio a causa della parodia scritta dal drammaturgo napoletano de La figlia di Jorio, la pellicola riflette sull’opposizione tra la dimensione del tragico e quella del comico popolare e, più in generale, sulla qualità dello sguardo da adottare per convertire la vita in arte.

Ogni sequenza del film è concepita da Martone come una breve e compiuta mise en scène da camera. Girando quasi esclusivamente al chiuso, il regista ottiene da ogni componente della casa nuovo potenziale scenico. La continua alternanza tra i punti di vista scenici – visione frontale, visione di quinta, stanze-camerino, finto proscenio – concorre ad espandere la dimensione teatrale oltre i confini del palcoscenico e del “privato”, indugiando con forza sul bisogno di auto-esposizione del protagonista, la necessità di convertire il proprio dramma famigliare e professionale in un gioco, in un rito benefico di auto-ironica purificazione.
Qui rido io, che vede un Eduardo Scarpetta alla ribalta e al declino, narra del fare teatro come di un atteggiamento riluttante nei confronti del tempo che passa, delle sciagure in agguato. Nel teatro e nel pubblico il protagonista individua i confini della propria liberazione, un antidoto alla troppo onesta e brutale consapevolezza della realtà come unica forma di vita possibile. E se resta aperta la domanda su chi è uomo e chi è attore, sullo spazio destinato alla finzione e quello di dominio della verità, a offrire una risposta è forse una delle melodie napoletane cantata da Sergio Bruni lungo la pellicola: “Tramonta ‘a luna, e nuje, pe’ recitá ll’ùrdema scena, restammo mane e mane, senza tené ‘o curaggio ‘e ce guardá””.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] in comune Qui rido io di Mario Martone e No Time to Die? Entrambi avvitati in una dialettica tra tradizione e […]