
Il Walk and Talk – Dalla TV a Tenet e Cold War
Il walk and talk è un elemento del linguaggio audiovisivo, formato dall’unione del dialogo tra due o più personaggi ed il loro movimento in uno spazio. Grazie al dinamismo che lo caratterizza, spesso coincide con il piano sequenza. Il Walk and talk può sviluppare la sua dinamica in modo complesso, ad esempio è molto frequente una costruzione di una sequenza che parte da due personaggi e si completa con un dialogo tra tre o quattro, magari con diverse entrate in scena e diverse uscite. Questo tipo di sequenza è nata per dare movimento alle corsie d’ospedale, ai distretti di polizia, ai luoghi teatro di un’indagine. Viene elaborato nell’ambito della serialità televisiva americana degli anni Novanta, grazie a serie come West Wing e E.R. – Medici in prima linea che avevano la necessità di dare dinamismo ad un intreccio basato principalmente sul dialogo. Qui sotto potete vedere uno dei più articolati walk and talk della serie West Wing.
Tuttavia, in quest’articolo analizzeremo due sequenze in walk and talk prese da due film, per giunta molto diversi tra loro: Tenet di Christopher Nolan, una spy story con elementi fantascientifici, e Cold war di Paweł Pawlikowski, un dramma sentimentale. Entrambe le opere si sviluppano in un clima di guerra fredda. Il film di Nolan narra della battaglia contro un male inizialmente non ben identificato, una lotta per evitare la terza guerra mondiale; quello di Pawlikowski racconta di una donna e un uomo follemente innamorati e dei loro tentativi di rimanere insieme nonostante il clima di destabilizzazione politica ed esistenziale nell’Europa degli anni Sessanta.

Tenet
Nella pellicola firmata da Nolan (qui la nostra recensione) il walk and talk è utilizzato più volte, in generale per raccontare la messa a punto di piani incredibilmente elaborati ed emozionanti, mettendo a confronto il protagonista interpretato da John David Washington con diversi personaggi principali e secondari. Nel walk and talk preso in esame, il ritmo è ad altissimo giro. Sebbene durante la sequenza i personaggi passeggino, il tono dello loro battute è fortemente apprensivo. Devono sconfiggere un avversario potente, mettendo a rischio le loro vite, la posta in palio è il mondo intero.
Si assiste a un denso scambio di informazioni: viene introdotta la parte finale del film (in cui ci sarà la lotta per recuperare l’algoritmo) e vengono poste le domande essenziali nella comprensione del ruolo che i personaggi principali occupano in questo universo stratificato. In particolare il protagonista chiede al personaggio di Priya, importante figura nello scacchiere di questa battaglia, di garantire l’incolumità della consorte dell’antagonista Sator, Katherine “Kat” Burton, e del loro bambino, in quanto innocenti e molto lontani dal voler assecondare la follia del magnate dell’energia nucleare.
Tuttavia, Priya si oppone, nel suo disegno non c’è posto per i sentimentalismi, bensì solo per l’eliminazione di chi costituisce un pericolo all’anonimato al quale l’operazione deve necessariamente sottostare. Nella sequenza viene stabilito l’obiettivo della missione: lasciare che le pedine di Sator riuniscano l’algoritmo che consente l’inversione dell’entropia della materia e sottrarlo per scomporlo e nasconderlo in molti posti sicuri. Viene infine apertamente affrontato il perno del confronto tra Priya e il protagonista, ovvero stabilire chi sia il capo dell’operazione.
Il quesito chiude la scena, siamo davanti a due personaggi dalle doti straordinarie, abituati a comandare più che a farsi comandare, dunque una questione niente affatto secondaria è il capire chi risponde a chi. La risposta ci verrà data nel finale, quando (ATTENZIONE: SPOILER!) scopriremo che la manovra a tenaglia temporale con la quale si riuscirà a recuperare l’algoritmo dell’entropia invertita verrà concepita nel futuro dallo stesso protagonista. Questa rivelazione rappresenta la tipica maturazione del sé che il protagonista di qualsiasi film raggiunge alla fine del proprio percorso. Se volessimo tentare di comprendere l’ordine morale dell’opera di Nolan, potremmo riflettere su quel passo di Story di Robert McKee, opera di riferimento per lo studio della creazione della sceneggiatura, nel quale il celebre studioso sostiene che il finale dice tutto sulla visione della vita di chi ha scritto l’opera.

Questo svelamento circa il peso politico del protagonista, unito alla rivelazione sul rapporto con il co-protagonista Neal, cosa ci dice di Christopher Nolan? In Inception, Interstellar, Memento e quasi tutti i film del regista britannico, assistiamo ad uno svelamento sulla storia personale del protagonista, raggiungibile dallo stesso solo quando ha profondamente compreso le leggi dell’universo, i meccanismi che hanno regolato tutta la sua esistenza. Nella seconda parte della filmografia del regista si parla in particolare dei viaggi nel tempo e dei loro paradossi.
Forse Nolan cerca di restituire un concetto poliedrico dell’esistenza, quasi la lezione che il Siddharta apprende al termine del proprio percorso nel capolavoro di Hermann Hesse: si può entrare in armonia con l’universo quando si ha il coraggio di seguire se stessi, affrontando la paura del guardare in volto le peggiori derive dell’essere umano, accettando di mettere a rischio la propria vita, per amore degli altri, della conoscenza, della verità più profonda e ultima di tutte le cose, il divenire che è alla base della vita stessa. Il tutto racchiuso in una operazione di genere, solidamente supportata da temi filosofici e scientifici, in grado di elevare queste opere a dei prodotti di genere con interessanti chiavi di lettura.
L’ultimo elemento da valutare del walk and talk in analisi si inserisce proprio in questo discorso. Priya chiede a cosa serva dare la propria parola nell’ambito del controspionaggio, in seguito alla richiesta del protagonista di salvare la vita di Katherine e di suo figlio. Il protagonista non le risponde, tuttavia la domanda retorica posta dal confronto di questi due personaggi è chiarissima: “per che cosa salviamo il mondo altrimenti?”.

Cold War
In Cold war i walk and talk sono dedicati esclusivamente ai due protagonisti Zula e Wiktor. Più che la trama è fondamentale il loro rapporto, o meglio, l’intreccio si basa sull’evoluzione della relazione dei due innamorati. Il ritmo della sequenza in esame è molto rilassato in apparenza, tuttavia entrambi i personaggi si stanno chiedendo se l’altro provi ancora l’impeto emotivo e sessuale sentito fino al momento della separazione. E la risposta non tarda ad arrivare. Il distacco accade nel momento in cui lui oltrepassa il confine tra Berlino est e ovest, prima della costruzione del muro, e lei no. Avevano stabilito di farlo insieme, infatti l’uomo attende tutto il pomeriggio, fino a notte fonda, ma lei non andrà.
L’indecisione rappresenta l’instabilità del periodo, Wiktor cerca la libertà di esprimersi attraverso la musica, Zula invece scopre di avere un legame con la terra natia più forte di quanto immaginasse. Conflitto struggente, necessario al racconto di questa splendida storia. Tutto il walk and talk, decisamente più breve di quello scelto per Tenet, è retto da questo breve scambio di battute:
Wiktor: Sei sposata?
Zula: L’ho fatto per noi. E tu sei sposato?
Wiktor: Ma smettila. Aspettavo te.
Bacio.

In quel “l’ho fatto per noi – e tu sei sposato?” si può scorgere l’intero dramma delle loro esistenze, lo scontro tra il blocco occidentale e quello orientale, che obbliga a dover scegliere tra l’amore, la stabilità economica, il loro bisogno di esprimersi come artisti, l’amore per la Polonia (loro terra natia), di cui non condividono la deriva filo sovietica. Il matrimonio contratto infatti è con un uomo piuttosto influente in patria, il quale tutto sommato offre una via di uscita dai suoi problemi legali. Inoltre, Zula specifica di non averlo contratto in chiesa, dunque non si tratta di un matrimonio di spirito.
Questa specificazione racchiude un concetto molto potente, che di fatto offre una chiave di interpretazione dell’intera vicenda. Nel finale, senza la presenza di un sacerdote, di invitati e di qualsiasi altro elemento cerimoniale, i due amanti si sposano in una chiesetta di campagna, esclusivamente dinanzi a dio. La profonda devozione della donna è l’essenziale per entrambi. I titoli sociali, civili, o professionali, sono secondari, a contare è la forza e la convinzione con cui si cercano. Un finale poetico dal sapore di un epilogo definitivo, con loro seduti su una panchina, quasi fossero anziani. Un “vivranno per sempre”, magari non felici, se non altro insieme.
Abbiamo osservato due casi decisamente personali di walk and talk, ad esempio sia in Tenet che in Cold war manca la dinamica complessa tra più personaggi in ingresso e in uscita. Tuttavia, questi due autori ci mostrano interessanti vie espressive percorribili a partire da un elemento di linguaggio a lungo reiterato.
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