
Il dittatore dello stato libero di Bananas – 50 anni dell’Allen che ci conquistò
Siamo, o forse sarebbe più corretto dire eravamo, così abituati a ritrovare Woody Allen in sala una volta l’anno, che quasi ci stupisce pensare che Bananas uno dei suoi primi film – quello che gli diede davvero per la prima volta visibilità – compia cinquant’anni.
Il 28 aprile del 1971 a New York si teneva la première de Il dittatore dello stato libero di Bananas (Bananas), film che il mese seguente sarebbe stato distribuito nelle sale statunitensi, e nel mese di luglio avrebbe aperto il Taormina Film Festival. Era la terza regia di Allen che si affermava come autore indipendente capace di raccontare la nevrosi dell’uomo e la sua inadeguatezza in un mondo che non si ferma – New York e più ampiamente gli Stati Uniti –, brulicante di seduzioni, fuochi fatui e situazioni surreali. Ma qual era la peculiarità e la grande novità di Bananas? Una forte satira politica e sociale che porta all’immediata esilarante parodia. Allen guarda agli scenari politici dell’America Latina, dove le dittature militari si susseguono – proprio nel ’71 ci sarà il colpo di stato in Bolivia –, inventa una nazione immaginifica con un nome che la identifica con il bene materiale maggiormente prodotto, tratteggia una serie di personaggi bizzarri e svitati tra i quali decide di mimetizzare il suo alter ego, ed il gioco è fatto. Sulla carta il progetto risulta estremamente esilarante, proprio come lo sarà il prodotto cinematografico concluso.

Fielding Mellish (Woody Allen) è un giovane newyorkese, figlio di chirurghi, che si è fermato al secondo giorno di università e che di professione fa il collaudatore di superflue tecnologie per uomini ricchi e annoiati. Insoddisfatto, insicuro e nevrotico, perde la testa per Nancy (Louise Lasser), un’attivista che lo convince a firmare una petizione a favore dell’interruzione dei rapporti degli Stati Uniti con lo stato latino-americano di Bananas, governato dalla dittatura militare di Vargas. Una volta conclusasi la relazione con Nancy, proprio per volere della ragazza che lo definisce troppo immaturo e disinteressato alla politica e al sociale, Fielding parte per Bananas. Giunto a destinazione verrà strumentalizzato dal dittatore, salvato dai ribelli e, attraverso un’escalation di grottesche disavventure, diventerà il nuovo Presidente della nazione.

Ma chi è Fielding Mellish, e quanto è interessato alla politica? Il personaggio di Allen è un qualunquista, a modo suo pacifista, ma fondamentalmente estraneo a tutte le vicende politiche che interessano una certa cerchia di suoi coetanei. Con Nancy scoprirà gli atti sovversivi che lo portano ad essere un criminale e che saranno capi d’accusa al surreale processo a cui verrà sottoposto una volta tornato negli Stati Uniti come Presidente di Bananas. Anche accolto tra i ribelli, Fielding deve fare di necessità virtù, schierarsi, allenarsi ed agire per poter ottenere la libertà e tornare a casa. Lui stesso, privo di qualunque velleità militare, politica ed oratoria, viene stregato dal fascino del potere che porta l’uomo a perdere la ragione. I dittatori ed i presidenti che si susseguono a Bananas non presentano alcuna predisposizione al governo, tanto meno dimostrano di conoscere le leggi che muovono il denaro e definiscono i rapporti internazionali. La politica viene ridotta a una parodia giocata sull’esagerazione e sull’alternanza di uomini di spicco che non sono altro che macchiette e maschere atrocemente decadenti di un mondo che segue regole assurde ed instabili a cui l’uomo si appella nella speranza di rendersi credibile.

Fermo restando che quello appena descritto resta il nucleo dominante della narrazione di Bananas, nel film di Allen sono ben riconoscibili tutte le ossessioni che da questo momento – già presenti in Prendi i soldi e scappa – caratterizzeranno la prolifica produzione cinematografica del regista. L’amore è infelice, non corrisposto, manipolato e adattato al comodo delle donne instabili ed inconsapevolmente mantidi: Nancy non è altro che un’acerba e ancora un po’ offuscata Annie Hall che, nonostante le sue pretese, otterrà un lieto fine che mette tra parentesi il “felici e contenti”, oltre che il “soddisfatti”. Mellish, non ancora ipocondriaco e acerbo nella dipendenza dalla psicanalisi, è già perseguitato da quell’idea di morte che si trasformerà in personificazione in Amore e guerra. La comicità nella sceneggiatura scritta insieme all’amico Mickey Rose – ultima di tre fortunate collaborazioni – è ancora multiforme: ampio spazio viene dato allo slapstick che strizza l’occhio al cinema muto di Keaton e dei Fratelli Marx. Esempio lampante ne è il divertente siparietto sulla metropolitana in cui il protagonista, ritenendosi superiore, in un atto di insolito coraggio, sfida i malviventi che si vendicheranno sull’ignaro una volta ritenutosi al sicuro. Cadute, imprevisti, gags esilaranti sono disseminate nel corso dell’addestramento dei ribelli, momento cruciale della pellicola in cui Fielding sembra trasformarsi nel goffo protagonista di un cartone animato, parabola ascendente che lo porterà all’inaspettata e mai perseguita gloria. La comicità di parola, invece, è ancora in fase di perfezionamento: sagace, irriverente, ma non sufficientemente tagliente. Il riso – mai sguaiato – è generato più dal gesto che dalla parola, e forse proprio per questa ragione resta una delle pellicole alleniane favorite degli americani. Per nulla di contorno rimane l’aspetto che probabilmente più di tutti rende Bananas un film tutt’oggi attuale: il ruolo dei media e della televisione che si dimostrano invasivi all’inverosimile, tanto che la prima notte di nozze del signor e la signora Mellish viene trasmessa in diretta e commentata da un cronista sportivo che la paragona ad un match a cui assiste anche dal vivo un coinvolto pubblico pagante. I media influenzano e distorcono le immagini che riprendono e che commentano con il solo scopo di renderle più eclatanti e perversamente accattivanti. In conclusione, quello che per anni è stata considerata solo una commedia divertente, primo grande successo di pubblico per il buon Woody, può essere riletta e considerata un interessante, mirabile e profetico quadro del mondo che sarebbe venuto e che si sarebbe imposto con le sue incongruenze, assurdità e distorsioni
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