
Conan il ragazzo del futuro – L’importanza di saper volare
L’anno era il 1977: la Nippon Animation radunò alcuni dei più promettenti animatori giapponesi con il progetto di creare una serie per ragazzi che adattasse il romanzo The Incredible Tide di Alexander Key. La direzione fu affidata a Hayao Miyazaki e Isao Takahata (qui la recensione del suo ultimo film), che – con l’aiuto di Kenji Hayakawa – usarono il romanzo come base per una storia originale. Yasuo Ōtsuka, scomparso lo scorso 15 marzo, collaborò a definire il design di personaggi e robot; era stato lui il grande maestro di Miyazaki e Takahata, nonché il primo a riconoscere il loro talento: vennero così alla luce nel 1978 i 26 episodi di Conan il ragazzo del futuro (Mirai Shōnen Konan).

Un’opera stratificata, al tempo stesso semplice e complessa, capace di raggiungere il cuore di piccoli e grandi: i tanti livelli di lettura (non gerarchizzati: hanno tutti la stessa importanza) sono tenuti assieme da un’unica costante, la leggerezza.
Gimsey – La terra
In un mondo distrutto dalla guerra, in cui la superficie terrestre è stata ormai quasi del tutto sommersa dalle acque, si muovono tre ragazzini: Conan, Lana e Gimsey, che hanno undici anni e si trovano coinvolti in un conflitto che in teoria non dovrebbe riguardarli. Ognuno di loro è (inconsciamente) caratterizzato dalla predilezione per un elemento, per un certo habitat: il simpatico e affettuoso Gimsey, per esempio, è il migliore amico di Conan ed è associato alla terra, alla pietra.

Grande importanza è affidata alla gestualità e ai dettagli: Miyazaki investe una grandissima cura nell’animare la mimica dei suoi personaggi. Una carezza, un’espressione del viso, i movimenti minimi del corpo sono resi con attenzione e grazia. Anche gli spazi sono fondamentali: Mario Pasqualini, in un bellissimo articolo su Dimensione Fumetto, ha evidenziato che una costante di Miyazaki è il viaggio, il movimento attraverso gli spazi. Senza uno spostamento, senza una rotta da percorrere, i suoi personaggi non possono crescere.

In Mirai Shōnen Konan gli spazi sono “parlanti”: nelle rovine della Terra distrutta, convivono la nostalgia del passato e il confronto col futuro. È emblematica la piccola Isola Perduta dove vive Conan: al suo centro c’è un’astronave caduta, ultimo rimasuglio della guerra, che ora è diventata una riserva d’acqua e una casetta. Tutta la serie è animata da un intento pacifista che si concretizza nella comunità di High Harbor: un’isola, un’utopia pacifica dove gli abitanti vivono in comunione con la Natura, usando i suoi frutti senza sfruttarli.
Lana – Il vento
Lana, la ragazza di cui Conan si innamora, è invece associata all’aria, al vento e agli uccelli che lo popolano. Nell’episodio 8 c’è una bellissima sequenza ambientata sott’acqua: Conan è legato al fondo del mare e non riesce a liberarsi, allora Lana nuota in superficie, prende una boccata d’aria, si immerge e lo bacia per salvarlo, restituendogli il respiro. E questo è proprio quello che fanno, su grande scala, i tre protagonisti: il loro obiettivo è liberare la Terra dall’industria, dalla guerra, dalla violenza che stanno soffocando il pianeta, per donargli di nuovo il respiro, la pace.

L’unica generazione in grado di riuscirci è quella di Conan, Lana e Gimsey: i ragazzini. Loro tre agiscono e vivono in modo molto diverso dagli adulti: i rapporti che li legano sono disinteressati, incorrotti, puri. Sono giovani e soprattutto – come riconosce il dottor Rao nell’episodio 11 – sono leggeri. Una leggerezza che – come insegna Italo Calvino nelle Lezioni Americane – non è frivola o ingenua, ma consapevole e serena. È la capacità di volare al di sopra delle paure, affidandosi alla speranza.

Conan – Il mare
Conan, infine: il suo ambiente naturale è il mare, il suo elemento è l’acqua. E senza usare pistole o fucili, solo con un rudimentale arpione riuscirà a salvare il mondo. Per lui leggerezza è sinonimo di compassione, empatia, apertura all’altro. I tre piccoli protagonisti si capiscono al volo tra di loro, non serbano rancore e provano pietà anche per i personaggi più cattivi (uno su tutti Repka, malvagio industriale senza redenzione), a cui offrono fino all’ultimo la possibilità di fare la scelta giusta. Sentono la sintonia che li lega alla Natura: sono loro gli unici in grado di capirla, di percepire la sua sofferenza. Miyazaki, in un’intervista al Guardian, affermava che i bambini sono «gli eredi della memoria storica delle generazioni precedenti»: Conan è capace, solo con le sue azioni e i suoi gesti, di cambiare le persone che incontra, di lasciare un segno.

La cosa più stupefacente è che Miyazaki non si sforza di rendere esplicito tutto questo. Non ne ha bisogno: per lui l’importanza dei più piccoli è un assioma, un presupposto necessario e quasi scontato, che dà una forma ben precisa alla narrazione. Una narrazione il cui respiro naturale è quindi la compassione: non esistono personaggi totalmente buoni o cattivi, come dimostra la bellissima evoluzione di Monsley, da guerriera spietata a spigolosa eroina.
Conan il ragazzo del futuro è un capolavoro. È una parabola pacifista sullo sfruttamento industriale del nostro pianeta e sulla possibilità di salvarlo, confidando nel futuro. Un futuro così diverso dal passato da risultare quasi incomprensibile agli adulti, la cui forza più grande è la speranza, la serena e leggera consapevolezza che le cose andranno meglio. Un futuro in cui, citando Elsa Morante, il mondo sarà davvero salvato dai ragazzini.

Tutte le città della terra sono un’unica, maledetta congrega contro i ragazzetti celesti.
Elsa Morante, “Addio” (da “Il mondo salvato dai ragazzini e altri poemi“), Einaudi 1968
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