
Padrenostro – L’arte dei ricordi
Padrenostro, per la regia di Claudio Noce, è un tenero racconto in prima persona che, costruendosi come una di quelle storie familiari ritratte nei temi scolastici dei bambini, si rivela però la testimonianza di una tragedia. Presentato in anteprima alla 77ª Mostra del Cinema di Venezia e disponibile da gennaio su Sky e Prime Video, la pellicola racconta di Valerio (interpretato dall’emergente Mattia Garaci), un ragazzino la cui vita ordinaria viene sconvolta dall’improvviso attentato al padre (portato sulla scena da un impeccabile Pierfrancesco Favino) da parte di alcuni gruppi terroristici, nella Roma degli anni di piombo.
«Venga il tuo regno, / sia fatta la tua volontà, / come in cielo, così in terra»: così, come la famosa preghiera che chiunque abbia ricevuto un’educazione cattolica saprebbe recitare, il film sembra fluttuare tra le due dimensioni – cielo e terra – e allo stesso tempo appare tra esse diviso, come se raccontasse di due mondi paralleli sospesi in una realtà terribile.

Il soggetto è di chiara matrice autobiografica: il regista ricalca l’episodio avvenuto al padre, il vicequestore Alfonso Noce, rimasto gravemente ferito in un tentativo di omicidio da parte dei Nuclei Armati Proletari nel 1976, e cerca di ricostruire il proprio devastato nucleo famigliare rimettendo insieme i suoi ricordi di bambino. Proprio come nella delicata arte giapponese del kintsugi, pratica che incoraggia la riparazione degli oggetti di ceramica utilizzando materiali preziosi come oro o argento in forma liquida, Padrenostro raccoglie e rimette insieme la storia di una famiglia attraverso uno speciale collante che non sembra avere nulla a che fare con il corso degli eventi ma sarà capace di rendere il risultato finale diverso e unico nel suo genere.
Valerio infatti, dopo il terribile avvenimento di cui è suo malgrado testimone, è in uno stato di solitudine e confusione: il regista Noce, riflettendosi nel protagonista, lo mostra in maniera elementare, come vengono rappresentati tutti i bambini, con i bulli a scuola, la passione per il Subbuteo e gli amici immaginari. Tuttavia, come se una di queste presenze irreali si materializzasse per una legge non scritta, quando più ne ha bisogno nella sua vita irrompe Christian (interpretato da Francesco Gheghi), un ragazzo misterioso con cui instaurerà un rapporto di profonda amicizia, quasi a colmare la frequente assenza del padre.

È lui che riesce a dare una speranza al giovane protagonista, lui che lo aiuta a rimettere insieme i pezzi perduti di una famiglia sconvolta dal trauma, allo stesso tempo portando il film, come uno scambio ferroviario, su un binario differente, verso una direzione di significato parallela a quella data dall’input iniziale: questo personaggio (forse il più intrigante del film) diventa il nostro collante d’oro liquido, l’elemento che riesce a rendere questa storia speciale, contemporaneamente offrendo allo spettatore un prodotto completamente diverso da ciò si aspettava all’inizio. padrenostro claudio noce

Il film, a partire dai trailer, cerca infatti di porsi come una ricostruzione di fatti di cronaca, non solo riguardante una famiglia ma un’intera epoca oscura dell’Italia: allo spettatore vengono continuamente ricordati i luoghi e gli individui di quel periodo storico, complice anche la colonna sonora. La presenza di canzoni rimaste nella memoria comune come Buonanotte Fiorellino di Francesco De Gregori o Impressioni di Settembre della Premiata Forneria Marconi, inserite come sottofondo musicale extradiegetico su scene che vogliono apparire particolarmente cariche di tensione, dona al film un effetto totalmente straniante. Tuttavia, con l’apparizione del personaggio di Christian il film prende una piega diversa, passando dal dramma famigliare al coming of age.

Al di là dell’abbozzato tentativo di parlare di terribili fatti realmente accaduti, Padrenostro trova un ulteriore orizzonte di significato nel vivido ritratto di patti di sangue a sancire amicizie che non finiranno mai e gite in bicicletta dove chi non guida sta in piedi sul sellino, con una radio che da lontano trasmette Moliendo Café di Mina: è l’immagine di un’adolescenza che ancora non si merita di essere stravolta dall’ingresso prepotente della Storia, ma che dovrebbe essere conservata per quello che è, tra urla in castelli abbandonati e un numero di Tex abbandonato sulla spiaggia. padrenostro claudio noce
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