
Buon compleanno, Gaspar Noé: tempo, desiderio e movimenti di macchina
Gaspar Noé, 57 anni oggi, è uno dei cineasti più discussi degli ultimi anni. Considerato eccessivo e provocatorio, ha da sempre graffiato gli occhi e le menti del pubblico. Fin dallo scandaloso Carne (1991), Gaspar Noé ha narrato il desiderio come impulso verso l’annichilamento. Ciò che colpisce non è tanto l’apparente gratuità con cui sulla scena si susseguono scene di incesto, stupri e violenza, ma piuttosto l’occhio inquieto e mai banale con cui Noé le cattura.
Il perno espressivo che contraddistingue il regista franco-argentino sta soprattutto nell’approccio formale al contenuto, nella dialettica tra macchina da presa e messa in scena.
L’uso che compie dei movimenti di macchina, rispecchia il rifiuto ad un approccio lineare e trasparente, che favorisca la storia sul racconto. Per Noé, il contenuto è forma e viceversa; e non c’è nulla di più scomodamente autoriale di questo assunto.
La vertigine dei meandri più cupi e tragici del desiderio contagiano la macchina, la agitano come se fosse incastonata nei pensieri dei personaggi. Le traiettorie irregolari e scorbutiche del punto di vista non permettono allo spettatore di abbandonarsi ad una fruizione passiva. Questo perché la macchina è al contempo materia narrata e istanza narrante. Sembra proprio il desiderio dei personaggi di Noè a muoverla, ad avvicinarla alla carne, all’animalità dell’uomo.
Ogni suo protagonista compie un percorso centripeto verso l’appagamento di un’istintualità violenta, nella falsa speranza di una catarsi. La vendetta più brutale e l’atto sessuale come oggettivazione dei corpi sono le mete più ricorrenti di una discesa agli inferi che influenza tanto la scenografia quanto la traiettoria della macchina da presa. Le carrellate a precedere e a seguire, le panoramiche e semi-panoramiche non sono solo degli elementi formali ma sembrano connettersi all’emotività del personaggio e acquisire lo stesso tormento interiore. Una sorta di danza visiva tra personaggio e forma che arriva all’astrazione nelle sequenze allucinogene di Enter The Void, richiamando a 2001: Odissea nello spazio (1968).

Queste traiettorie irregolari trasformano in visione il pensiero del protagonista sul tempo. Lo sforzo mnemonico, il rimuginare su eventi passati, si trasforma in immagine e quindi racconto.
Nella sequenza iniziale di Irreversible (2002), la macchina da presa gira sul suo asse, richiama il concetto di ciclicità e irreversibilità temporale. Segue vettori apparentemente casuali, orbitali, quasi come fosse mossa dal vento. Siamo dopo ‘il regolamento di conti’ ma il film procede al contrario. La macchina si assesta su un plonge che inquadra Marcus (Vincent Cassel) su una barella, trasportato sull’ambulanza. Analizzando la sua filmografia, è evidente come il plonge riassuma uno dei suoi tratti concettuali più ricorrenti: il vedersi da fuori, l’alienazione allucinogena del riconoscersi oggetto da parte del soggetto. La stessa inquadratura ferma il tempo durante gli amplessi scultorei di Love (2015), restituendo l’idea di estasi, di uscita da sé. Un’esperienza straniante, che ammicca agli esperimenti di arte concettuale e installativa come il Video-corridor (1970) di Bruce Nauman.

La macchina sta sulla soglia tra narratore e narrazione, e allo stesso modo i protagonisti di Noé: raccontano loro stessi, scompongono le proprie vite, permeano tutti gli strati narrativi del film. E si raccontano soprattutto attraverso il movimento di macchina, più che con i dialoghi e il voice-over, rendendo il punto di vista fragile, in balia delle elucubrazioni, eliminando la differenziazione tra oggettiva e soggettiva.
I personaggi di Gaspar Noé sono votati al desiderio impulsivo, ma al contempo sono analitici, riflessivi. Il loro tratto comune è l’esperienza mentale del concetto di tempo. Infatti, è proprio attraverso il tempo che la psicologia del personaggio si fa vicenda narrata.
I protagonista corali di Climax (2019) vivono un tempo presente allucinatorio, restituito da una predominanza di longtake di matrice quasi Baziniana nella loro trasparenza. In Enter The Void (2009), le ambiziose carrellate in plonge sono trasposizione visiva del pensiero sul tempo futuro alla morte di Oscar, un pensiero impossibile e straziante. Infine, in Love (2015), i movimenti di macchina si atrofizzano nella poca profondità di campo, nei raccordi di posizione, simbolici salti mentali in un tempo passato troppo doloroso per essere reso fluido.

In fondo, i movimenti di macchina di Noé rispecchiano l’assenza di coordinate temporali delle sue storie. L’impossibilità di vivere un tempo certo, consequenziale, agita lo spazio, arriva a capovolgerlo a testa in giù, come in Climax, in cui il corpo umano diviene speculare a sé stesso ma anche animalesco, mostruoso – come a dire che quell’armonia tra corpi e individui rispecchiata dalla danza è in fondo illusoria -.
Sta proprio qui il tratto poetico distintivo di Gaspar Noé: l’aver eliminato, tramite un uso ardito dello strumento cinematografico, la divisione tra i settori espressivi. Aver reso la macchina da presa la base sotto-testuale delle sue storie, averla fatta dialogo visivo, trama nella trama.
Quelli che molto spesso sono stati liquidati come freddi virtuosismi formali sono, in realtà, coraggiosi tentativi di svelamento del pensiero. La mente del protagonista – e in qualche misura di Gaspar Noé – che si fa immagine, nel suoi desiderio, nelle sue fobie, nei suoi ricordi. Il risultato è angosciante, straziante, spesso crudele, gioca con l’emotività dello spettatore.
Gaspar Noè ha sempre diviso pubblico e critica nel suo ritrarre il desiderio nei suoi aspetti più negativi. Quello che è certo, è che non basta mai a sé stesso. È uno di quei cineasti che spingono l’orizzonte rappresentativo sempre un po’ più in là, arrivando a trattare l’arte cinematografica come atto espressivo totale, modellandola come fosse una materia plastica con cui giocare in modo intimo e profondo.
Leggi Anche – Gaspar Noé racconta il suo amore per Eraserhead di David Lynch.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Si pensi però a quanto siano debitori a questo film registi come Guillermo Del Toro, N.W. Refn, Gaspar Noe, e non ultimo Luca Guadagnino che ne ha diretto un discusso remake. In Italia nessun altro regista […]