
I 10 migliori cortometraggi | Concorto Film Festival 2020
Giunti alla conclusione della XIX edizione di Concorto Film Festival (qui per leggere la nostra copertura), Birdmen Magazine ha deciso di selezionare i dieci migliori cortometraggi tra i 46 in concorso.
di Maria Francesca Mortati e Luca Mannella
Giòng Sông Không Nhìn Thấy (The Unseen River), Pham Ngoc Lan
Legittimo vincitore di Concorto Film Festival 2020, The Unseen River sale e ridiscende la china del tempo come i suoi protagonisti: due ex-amanti che si ricongiungono sulle sponde di un fiume vicino a una centrale idroelettrica, e una giovane coppia in cerca di una cura contro l’insonnia. Alle due storie corrispondono anche due direzioni temporali, una verso il passato e una verso il futuro, come metaforizza lo scorrere incessante del fiume Mekong. Pham Ngoc Lan, con maestria e una certa maturità, dice e non dice tutto questo, lascia all’immagine e alla sospensione temporale in cui sembra oscillare il significato del suo film.
T, Keisha Rae Witherspoon
Vincitore dell’Orso d’Oro come miglior cortometraggio a Berlino e proiettato al Sundance Film Festival 2020, T di Keisha Rae Witherspoon è sicuramente una delle perle di questa edizione concortiana. T è un documentario sperimentale su tre partecipanti al T-Ball di Miami, una festa annuale in onore dei parenti deceduti. T è anche un film-rituale, un rito della -e alla- morte e della distruzione che si rinnova e cresce come il livello del mare sulle coste della città.
Uzi (Ties), Dina Velikovslava
I rapporti familiari sono fili che si annodano e si sfanno, si sfilano con la lontananza, con la partenza; sono fili che ci compongono, che fanno da contorno alla nostra esistenza. Questo, in un certo senso, sembra volerci dire Dina Velikovskaya in Uzi (Ties, nodi per l’appunto), un film d’animazione i cui disegni, che in realtà sono contorni vuoti e instabili, rappresentano il tema stesso del cortometraggio: la figlia che si stacca dal nucleo familiare equivale alla disgregazione delle figure, alla linea nera 3D che le definisce.
Postcards from the end of the world, Kostantinos Antonopolus
Dimitra e Dimitris sono in vacanza con le proprie figlie, e sentono di condurre una vita piatta e monotona (in cui “nothing happens”), intrappolati in uno stile di vita tipico della classe media. Finché si presagisce la fine del mondo. Il primo sentore passa attraverso l’impossibilità delle telecomunicazioni, catapultando la famigliola da quello che sembra uno slice of life a un tentativo di fuga dall’isola. Difficile cercare aiuto negli altri, in un contesto in cui l’individualismo fa da padrone. Non è detto, tuttavia, che la fine del mondo debba essere qualcosa di negativo: potrebbe rappresentare un nuovo inizio per la coppia, una scossa, un ricongiungimento con la natura che renderà più forte la loro relazione, sebbene il finale lasci aperta la questione. Postcards from the end of the world è una riflessione sull’esistenza, accompagnata da una musica epica, da frequenti impallamenti nella messa in scena, e dalla voice over di un narratore onniscente, che in qualche modo compensa la mancanza di comunicazione nella coppia.
Playback. Ensayo de una despedida, Agustina Comedi
Attraverso dei filmati Vhs del Gruppo Kalas, un collettivo transgender operante a Córdoba negli anni Ottanta alla fine del regime militare, Agustina Comedi ricostruisce la figura sfuggente della Colo e di altre performer, quasi tutte decedute a causa dell’AIDS. All’unica sopravvissuta, “La Delpi”, viene assegnato il compito di ricordare, di estrarre dalla pellicola la sostanza di quel tempo, il senso delle battaglie sociali combattute su un palcoscenico. In questo modo i filmati hanno la funzione di testimoniare la rinascita e allo stesso tempo la morte di un gruppo e di un’epoca ormai scomparsi.
Zhe li bu shi na li (Here is not there), Nelson Yeo
La voce di un televisore in un acquario spiega come le meduse siano animali che nuotano liberamente in un ecosistema acquatico; pochi minuti dopo Xun regala a Ching una lampada in cui due meduse galleggiano nelle luci multicolori, come segno di fidanzamento e di speranza all’interno dell’ecosistema del magazzino dove lavoratori cinesi e malesi vengono sfruttati. In questo stridere di immagini si consuma il senso di Here is not there di Nelson Yeo, in questa condanna di cattività si esaurisce la vita dei due giovani protagonisti, i due schiavi liberi impossibilitati ad amare.
La Quarta Parca, Angelica Gallo
Nella mitologia romana, le tre Parche presiedono al destino umano: la prima fila lo stame della vita; la seconda gira il filo, attribuendo ad ogni vita una durata; la terza lo recide, determinandone la fine. Angelica Gallo, nel cortometraggio documentario La Quarta Parca, indaga la figura di chi accompagna negli ultimi giorni le persone che hanno deciso di mettere fine alla propria vita. Un ruolo che capovolge il fatalismo delle Parche mitologiche. “Nel rapporto con la sofferenza, noi siamo soli”, dice la protagonista Sabina Cervoni Gartner, membro di Exit a Ginevra. Con la voice over si rivela il suo vissuto, ciò che l’ha condotta a intraprendere questo percorso di vita: ora, il suo compito è quello di assistere chi ha scelto di porre fine alla propria sofferenza ricorrendo all’eutanasia.
Clean with me (After Dark), Gabrielle Stemmer
Se provate a digitare “clean with me” sulla barra di ricerca di YouTube, vi sorprenderete della quantità di risultati; Gabrielle Stemmer non si ferma qui. Punto di partenza della sua indagine, la moltitudine di video nasconde un malessere da parte delle donne che vi si ritraggono. Si tratta di donne sole ed ansiose, spesso con figli e con marito assente, che fanno della pulizia il centro della propria vita. “Cleaning has always helped to soothe my anxiety“: i lavori domestici diventano l’unico modo per tenere la mente e il corpo occupati. La scelta stilistica di realizzare un desktop movie si rivela particolarmente azzeccata nel cogliere le dinamiche di un fenomeno che si palesa sul web. Interessante analisi sociale, Clean with me (After Dark) scava nel profondo senza necessità di alcun commento vocale da parte dell’autrice: a parlare è il montaggio.
Fische (Fish like us), Raphaela Schmid
A cena in un ristorante cinese, tra un involtino primavera e l’altro, sentiamo dialogare gli avventori. Dalla narrazione intrecciata, spicca su tutti i personaggi una coppia di fratelli: i due – un fratello e una sorella – si incontrano dopo la morte della madre. Il senso di colpa li attanaglia e rende difficile superare la loro mancanza di comunicazione. Tuttavia, ad aiutarli nella riconciliazione e nell’elaborazione del lutto, c’è un acquario di pesci rossi. Girato su pellicola, Fische di Raphaela Schmid fa del suo punto di forza una fotografia satura e un’arguta sceneggiatura.
Still Working, Julietta Korbel
Presso l’ormai chiusa centrale elettrica di Chavlon, a custodire l’ultima turbina rimasta attiva, c’è un solo uomo: Pavlov, un tempo operaio della fabbrica, accompagnato dal suo alano bianco e nero. Still Working, con pochissimi dialoghi, ne racconta il dramma; alla centrale non resta che la demolizione. Coadiuvata da immagini d’archivio che documentano la costruzione della centrale nel 1965, la narrazione del declino della fabbrica – e conseguentemente di uomo che vi ha dedicato la sua esistenza – si fa straziante.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista