
In difesa di Keanu Reeves – Riscoperta dell’eccezione hollywoodiana
Nel lontano 2011, in una rubrica botta e risposta con due critici del New York Times, una persona ebbe il coraggio di fare la domanda fatidica: “Keanu Reeves è un attore pessimo ma bravo o un attore bravo ma pessimo?”. La risposta fu semplice e perentoria: “A chi interessa? Lui è Keanu Reeves, cavolo!”. Negli anni tutti, dai detrattori agli appassionati, si sono rivelati unanimi nel celebrare o almeno riconoscere il suo star power. Keanu Reeves è più di un attore: è un fenomeno che ha aspettato quasi trent’anni di carriera per riuscire finalmente a esplodere nel 2019. Si è trattato dell’anno in cui il terzo capitolo della saga di John Wick, John Wick: Chapter 3 – Parabellum, incassò 276,5 milioni in tutto il mondo (per un botteghino totale di tutto il franchise a 536,7 milioni di dollari), ma non solo. Le testate giornalistiche lo definivano il fidanzato dell’Internet e alla notizia lui rispose con un pacato “Apprezzo la positività”. Una petizione per rendere Reeves la persona dell’anno di TIME per il 2019 ha superato le 174 mila firme. La motivazione? Vengono menzionate le iniziative benefiche dell’attore, ma a contare è soprattutto il suo essere “la persona più genuina che ci sia”. A Glasgow venne persino organizzato un festival cinematografico completamente dedicato a lui, denominato KeanuCon. Quella di Keanu Reeves è un’immagine talmente costruita, che finisce per oscurare completamente quelle che sono le sue doti recitative (a tal punto da portarlo a interpretare se stesso in diversi film, come se a un personaggio interpretato da lui preferissero lui in quanto personaggio).

Prendere per scontato il Keanu Reeves attore è tuttavia una leggerezza non da poco. Nei suoi oltre trent’anni di carriera ha saputo adattarsi ai ruoli più diversi, passando dall’immaturo protagonista di Bill & Ted’s Excellent Adventure a Neo della trilogia di Matrix nel giro di un decennio, ma la sua particolarità sta nell’assenza apparente di trasformazione. Viviamo in un periodo dove la recitazione camaleontica e l’abilità di assumere qualsiasi veste, anche a costo di modificare il proprio aspetto in modo estremo, sono visti come l’unica strada possibile a Hollywood. Reeves in questo senso è un’eccezione, perché di fondo è sempre uguale a se stesso. Ogni personaggio che costruisce ha come fondamenta la sua persona, sia a livello fisico (nella maggior parte della sua filmografia, oltre alla lunghezza dei capelli, è sempre stato visivamente riconoscibile dal pubblico) che a quello interpretativo. Per capire meglio questo aspetto, l’esempio più lampante è il ruolo di Don Juan, da lui interpretato in Molto rumore per nulla (1993) di Kenneth Branagh. Trattandosi di un adattamento shakespeariano, la strada più accettabile e intrapresa dalla maggior parte del cast è quella di adottare una recitazione teatrale, mentre Reeves fa l’operazione contraria, portando quel personaggio in un contesto moderno. Non adatta se stesso a Don Juan, ma adatta Don Juan a se stesso. È un lavoro di certo controverso, non sempre apprezzato e che non sempre porta i suoi frutti (difatti Reeves venne nominato per un Golden Raspberry Award come Peggior Attore non Protagonista per quel ruolo), ma si è trasformato nel corso degli anni nel suo biglietto da visita.

Questa recitazione è accompagnata anche da un preciso fil rouge che collega i ruoli scelti nella sua carriera. Se si trascurano alcuni detour come l’inquietante Hank di The Neon Demon, Reeves è quasi sempre stato non solo un eroe d’azione, ma anche e soprattutto colui che è capace di salvare il mondo. Se nel 1989 nei panni di Ted Logan di Bill & Ted’s Excellent Adventure doveva essere guidato nel fare la scelta giusta, rapidamente si trasforma in un eroe emancipato, capace di stabilire le sue regole e di farle rispettare. Lo step successivo (e forse finale) di questa evoluzione è rappresentato da John Wick con la sua totale assenza di scrupoli, ma anche in questo caso lo spettatore riesce a immedesimarsi in lui per la motivazione che lo porta, nel primo capitolo, ad uccidere decine e decine di persone: la perdita del proprio cane, Daisy. A prescindere dal ruolo interpretato, portandosi dietro quel bagaglio difficile e ingombrante che è la sua immagine pubblica, Keanu Reeves è capace di creare personaggi per cui è impossibile non fare il tifo. Pure nei film più dimenticabili della sua carriera (gli esempi son molti: due su tutti, Johnny Mnemonic e Knock Knock), il suo modo di occupare lo schermo è un’ancora per il pubblico, qualcosa di conosciuto e apprezzato che può rendere anche la storia più discutibile sopportabile. Il potere di Keanu Reeves sta nell’essere capace di restare se stesso, e a volte, anche nella Hollywood delle trasformazioni, questo è più che sufficiente per far affezionare il grande pubblico.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Collins) tra il ricovero in una clinica – gestita dal non convenzionale Dr. William Beckham (Keanu Reeves) –, le sue relazioni amicali e il rapporto con il proprio corpo e la sua famiglia (non proprio […]