
Laboratorio Probabile Bellamy – Il cinema in pellicola a Genova
In occasione della seconda edizione del Alle Ortiche Festival, che si terrà alle Serre di San Nicola dal 24 luglio al 2 agosto, abbiamo deciso di scoprire più da vicino la realtà del Laboratorio Probabile Bellamy, che insieme all’APS Alle Ortiche e a tante altre realtà locali, ha curato e promosso il festival. Per farlo abbiamo incontrato Ilaria Sechi, componente del direttivo dell’associazione.
Quando e come è nata l’associazione?
L’associazione è nata nel 2004 su iniziativa di un gruppo di studenti universitari fuori sede di Lettere che avevano in comune la passione per il cinema. Al tempo in università a Genova c’era un’aula video, la biblioteca era molto utilizzata: era un luogo in cui ci si incontrava, si guardavano film e se ne parlava. L’associazione è nata dalla voglia di creare degli incontri sul cinema.
Dopo i primi incontri, realizzati al Film Studio di Savona, grazie a un finanziamento universitario per le attività studentesche, è stato realizzato un documentario sulla poesia contemporanea che ha portato i ragazzi dell’associazione a girare l’Italia per incontrare poeti come Zanzotto e Testa. Questo è stato il primo prodotto del Laboratorio Probabile.
In associazione c’è sempre stato grande interesse nel dare vita a eventi e iniziative. Nel 2007, quando sono arrivata avevano iniziato a girare un altro documentario e dopo poco è nata l’idea di realizzare un grande evento che fosse attinente alla didattica cinematografica. Siccome all’epoca a Genova, oltre alla SDAC (Scuola di Arte Cinematografica), non c’erano istituzioni che se ne occupassero, abbiamo deciso di organizzare un evento in cui un regista abbastanza noto tenesse workshops e laboratori.
Così, nel 2009 abbiamo organizzato la prima edizione di Spazio Cinema, dieci giorni di incontri con professori da tutta Italia, sul tema dell’ospitalità. Durante la settimana si tenevano gli incontri, nel fine settimana Giorgio Diritti teneva un workshop di tre giorni sulla scrittura e il programma terminava con altri cinque giorni di workshop con il regista Albert Serra. Da lì non abbiamo più smesso: abbiamo organizzato altre edizioni di con registi come Gaglianone, Frammartino e altre personalità del cinema italiano riconosciute a livello nazionale.
E voi avevate dimestichezza con il settore della regia e della produzione?
Samuele, uno dei soci fondatori, è un regista di professione. Oltre a lui in associazione abbiamo sempre avuto un comparto più tecnico, uno più progettuale e uno più critico. Siamo sempre stati abbastanza variegati.
Il nome invece che origine ha?
Samuele ha sempre detto che deriva da una canzone De André che parla di una serie di pirati tra cui compariva Bellamy. Laboratorio lo hanno voluto per indicarne la natura pratica, sperimentale, mentre probabile è stato più per scherzo, perché sembrava improbabile crearlo davvero.
A un certo punto avete anche iniziato a organizzare proiezioni in pellicola, con gli appuntamenti di Intolerance.
Sì, dal 2013 abbiamo iniziato a curare una programmazione di film in pellicola al Teatro Altrove della Maddalena. Ogni lunedì proponevamo uno o due film, a seconda delle rassegne che curavamo. Era un appuntamento fisso che è andato avanti fino al 2018, quando l’Altrove ha chiuso. È stata una bella esperienza, ma anche molto stancante: Genova non è una città che sostiene molto queste iniziative.
Poi però avete continuato a organizzare Boom, la rassegna estiva di cinema all’aperto nel chiostro della Maddalena. È rimasto un lavoro a occasione?
Proprio perché il Laboratorio è un’associazione nata quando eravamo ancora studenti nessuno di noi ha mai pensato di farla diventare uno strumento lavorativo. È sempre rimasta un’associazione senza scopo di lucro, come se fosse un lavoro di volontariato che coinvolgesse una nostra grande passione.
Purtroppo, da sempre abbiamo riscontrato – e riscontriamo – una grande difficoltà nel ricevere un sostegno economico da parte del comune. Genova in questo senso è una città vecchia, in cui si continuano a finanziare iniziative e associazioni con un’esperienza decennale, che funzionano, ma non riesce a dare fiducia e un adeguato sostegno alle molte e variegate realtà associative, spesso portate avanti da giovani, che la città offre. Noi siamo una delle tante realtà che soffre di questa politica comunale.

Nonostante questa “ottusità” comunale, voi continuate a proporre eventi di qualità unici nel loro genere. Siete l’unica realtà genovese – e una delle pochissime realtà nazionali – che proiettano film in pellicola, ricreando ogni volta un’atmosfera unica che sa di altri tempi. Tecnicamente, contando solo sulle vostre forze, come riuscite a coprire i costi della SIAE e di gestione dei proiettori?
Per quanto riguarda gli eventi di cinema all’aperto nel chiostro della Maddalena, abbiamo sempre contato sull’autofinanziamento. Dopo il successo della prima edizione, la cosa più bella è stata vedere che alcuni negozianti del quartiere iniziavano a sostenerci concretamente, permettendoci di coprire i costi di noleggio delle pellicole, mentre il resto delle spese erano coperte dalle offerte di chi seguiva la rassegna e spontaneamente contribuiva.
Quanti siete in associazione?
Tra i più attivi siamo in sei [oltre a Ilaria nel direttivo sono Carla Grippa, Giulia Iannello, Samuele Wurtz, con Marco Bertora e Gabriele Principato come consiglieri ndr]. Poi ci sono altri volontari che ci aiutano durante le attività.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, come reperite le pellicole e i proiettori?
La passione per la pellicola è iniziata all’Altrove, dove c’era un proiettore non utilizzato che aveva fatto 15 ore di proiezione dal suo acquisto. Lo abbiamo rimesso in funzione sia perché non volevamo che l’Altrove fosse un cinema canonico, sia perché ci spiaceva che ci fosse un apparecchio inutilizzato. È un proiettore che un tempo avrebbero definito “da oratorio”, piccolo e portatile, che non ha bisogno della cabina di proiezione e può proiettare anche all’aperto.
Da questo ritrovamento è nata una vera e propria passione: volevamo salvare tutti i proiettori che trovavamo. Ne abbiamo recuperato un altro proveniente dal cinema Verdi di Varazze e all’Altrove lo abbiamo rimesso in funzione. Nel frattempo tra l’altro avevamo scoperto un bacino di persone che sapeva maneggiare queste macchine. Vecchi proiezionisti dei cinema di Genova che, con l’avvento del digitale, si sono trovati a fare i bigliettai o a schiacciare play. Per loro ritrovare di nuovo un proiettore in pellicola in funzione voleva dire poter di nuovo lavorare come avevano sempre fatto.
Avete salvato solo proiettori o anche delle pellicole?
No, per le pellicole si può diventare collezionisti, ma non si può proiettarle come privati. Le pellicole non hanno più distribuzione a meno che non siano di alcune cineteche. Queste, essendo degli organi istituzionali, possono effettuare dei prestiti culturali, ma non per attività commerciali.
Dunque, le cineteche imprestano le pellicole, come le biblioteche imprestano i libri, però esclusivamente per un uso, pubblico o privato, gratuito?
Sì, per organizzare proiezioni ed eventi di promozione culturale gratuiti. E di fatto è quello che noi facciamo. A livello pratico, oltre a chiedere in prestito le pellicole bisogna anche riuscire ad avere i diritti per proiettarle. A volte le cineteche stesse li posseggono, altrimenti per darci la pellicola hanno bisogno del consenso distributore. Solo che spesso i distributori o non esistono più o sono distributori del film su altro supporto.
È un lavoro molto particolare perché bisogna cercare le case di distribuzione e trovare il modo di contattarle. Molto spesso, se il distributore è onesto, non avendo più i diritti sulla pellicola, ci permette di proiettare il film senza problemi, altre volte invece ci chiede comunque di pagarne i diritti poiché ha il theatrical (il diritto di produzione di un film in situazioni pubbliche, che un tempo comprendeva anche il supporto della pellicola).
E a quali cineteche fate più riferimento?
Ci sono essenzialmente quattro-cinque cineteche a cui facciamo riferimento: Bologna, Bergamo, Milano, Roma… La Cineteca Griffith di Genova è un discorso ancora diverso. Ha un gran patrimonio, molto particolare e raro, purtroppo non ben sfruttato, né a livello locale né a livello nazionale.
La cineteca è stata fondata da Angelo Humouda, palestinese di madre genovese che si era trasferito negli anni ’70 a Genova. In via Luccoli aveva creato una sorta di cinema privato in casa, molto affascinante, regolarmente frequentato da un circolo di amici cinefili. Dal 1975 Humouda aveva poi fondato ufficialmente la cineteca dedicata a Griffith, del cui cinema era molto appassionato e di cui possedeva diverse pellicole acquistate negli anni. Quando poi è morto, l’ultima erede dell’associazione era Alba Gandolfo che con Massimo Patrone ha portato avanti la gestione della cineteca. La cineteca ha materiale sufficiente per allestire un museo: dalle pellicole in super8 alle lanterne magiche. Delle oltre 5000 pellicole, ce ne sono sicuramente anche molte da restaurare.
Speriamo che in futuro qualcosa possa cambiare. Intanto eventi come Alle Ortiche Festival sono una bella occasione per promuovere il cinema in pellicola. Nel tempo siete anche riusciti a crearvi un bel seguito di appassionati sostenitori che, ne sono certa, non vedono l’ora di rivedervi. Ci vediamo alle Serre, sarà bello!
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