
Sing Me a Song – La tecnologia come fede | Biografilm 2020
La nostra recensione di ‘Sing Me a Song’, di Thomas Balmès, uno dei 41 film selezionati alla 16ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. Clicca qui per scoprire come vedere tutti i film del Festival in streaming gratuito su MyMovies (fino al 15 giugno). Un’occasione unica, da non perdere!
Il Bhutan è un piccolo stato asiatico incorniciato dalla catena himalayana. È un paese dove il PIL non è importante quanto la Felicità Interna Lorda, un indicatore creato appositamente per calcolare il benessere della popolazione. Il Bhutan è anche l’ultima nazione del mondo ad aver visto l’introduzione di internet e televisione. La prima volta che il documentarista Thomas Balmès aveva visitato il paese era con Happiness, dove attraverso gli occhi del giovane e curioso Peyangki vedevamo il minaccioso arrivo della tecnologia. Suo zio si dichiarava disposto a scambiare uno yak per una televisione in modo da essere pronto quando il loro villaggio sarebbe stato finalmente connesso. Il bambino diceva davanti alla videocamera con un’ingenuità che tradiva la maturità dei suoi abiti monacali: “Sarò felice quando l’elettricità arriverà, ma sarò anche preoccupato. Ho sentito che è una delle principali cause degli incendi domestici”.
Sing Me a Song, il nuovo documentario di Thomas Balmès in concorso a Biografilm, riprende quell’immagine spensierata di Peyangki, unico barlume di giocosità in un mondo così austero, per distruggerla. Un cartello ci annuncia che son passati dieci anni da Happiness e adesso la tecnologia ha raggiunto anche il villaggio di Laya dopo un isolamento durato secoli. Il contrasto è chiaro fin dalla prima immagine: Peyangki è svegliato da una fastidiosa suoneria e poi si siede nell’oscurità a guardare lo schermo del telefono. Alla luce del sole che lo illuminava da bambino mentre giocava nei campi si sostituisce quella dei dispositivi elettronici, ormai percepiti come estensione dei suoi arti. Peyangki non è l’unico a essere stato toccato da questo cambiamento. I bambini del tempio ripetono le preghiere come automi mentre alcuni giocano al telefono e altri guardano video di wrestling su YouTube.
Gli insegnamenti del buddismo che questi giovani dovrebbero seguire si ritrovano ad affrontare la tecnologia, diventata ai loro occhi la vera fede. Se in Happiness Peyangki ci viene presentato come qualcuno che si è opposto alla possibilità di andare a scuola per diventare monaco, in Sing Me a Song appare completamente disinteressato. Sembra aver scoperto cosa c’è oltre il suo minuscolo villaggio e di volerlo esplorare a tutti i costi. La possibilità di una vita diversa è rappresentata dall’incontro online con una ragazza proveniente dalla capitale Thimpu. Si è innamorato di lei ascoltandola cantare in un gruppo su WeChat ed è disposto persino a vendere funghi medicinali pur di riuscire a congiungersi con “quella che sogna giorno e notte”.
La varietà di temi da esplorare in questo contesto è immensa: il conflitto tra tecnologia e fede, l’impatto che un’educazione monastica può avere sui bambini, le relazioni online e molti altri. Sing Me a Song invece si fissa su un solo concetto che diventa l’unica chiave di lettura possibile: la pervasività della tecnologia nella quotidianità di questo villaggio. Per le immagini scelte, per le linee narrative portate avanti, la presa di posizione da parte del regista è chiara e non aperta a discussioni: la tecnologia ha rovinato quell’ambiente austero e il desiderio di conoscenza che spingeva i bambini ad avvicinarsi all’abito monacale. Adesso questi giovani sono svuotati da ogni desiderio che non sia collegato alla tecnologia, sono automi che non trovano la concentrazione nemmeno per pronunciare le preghiere.
Sing Me a Song nasconde una storia profonda che potrebbe permettere, soprattutto a un pubblico occidentale, di conoscere un punto di vista diverso sulla tecnologia. Fissandosi su un’unica monolitica posizione, finisce per sabotare il suo potenziale, chiudendosi alla possibilità di un dibattito sincero. Passiamo da un mondo senza tecnologia a uno che ne è totalmente sopraffatto. È una rivoluzione radicale e permanente dove le poche voci contrarie portano solo rimproveri e accuse di perdizione. Sing Me a Song è soffocato dalla sua ricerca di una morale precisa e severa, senza considerare il modo in cui una società incorpora il cambiamento.
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