
Horse girl – Labirinto senza uscita
Secondo la definizione pubblicata dall’utente The #1 Defenestator sull’enciclopedia online semiseria Urban Dictionary, una horse girl è una ragazza in linea di massima tranquilla, introversa e impacciata. Non è nerd nel senso tipico del termine, i suoi hobby sono più strani e quasi oscuri. In generale si tratta di una persona blanda, nella media, contraddistinta come dice lo stesso termine dalla sua passione per i cavalli. Sarah, la protagonista di Horse Girl di Jeff Baena, rientra perfettamente all’interno di questa definizione. Attraverso il viso tenero e gli occhi ingenui dell’interprete Alison Brie (Annie Edison di Community, adesso disponibile su Netflix nella sua interezza e di sicuro una delle comedy che Birdmen vi consiglia di recuperare), l’horse girl del titolo assume le sembianze della protagonista tipica del film indie americano medio.
È il classico brutto anatroccolo che non riesce a sfruttare il suo potenziale: Sarah lavora in un negozio di bricolage, quasi accudita da una sua collega (la sempre rassicurante Molly Shannon), si lascia abbindolare dai servizi online che vogliono rivelarti le tue origini con un semplice campione di DNA. Passa le sere a guardare Purgatory, una serie TV fittizia che appare come un crossover tra X-Files e Supernatural, mentre la sua coinquilina Nikki (Debby Ryan, protagonista di Insatiable) vorrebbe aiutarla a farsi una vita. Così, tra una lezione di Zumba e visite al cavallo che un tempo le apparteneva, Sarah incontra Darren (John Reynolds, tra i protagonisti del fin troppo sottovalutato Search Party) e se ne innamora. Horse Girl però non è una cringe comedy nel puro stile Duplass – i due fratelli sono qui in veste di produttori e Jay anche come interprete in un piccolo ruolo – come potremmo aspettarci. La sua forza risiede infatti nel giocare con le aspettative del pubblico.
Fin dai primi minuti emerge dapprima sottotraccia per poi farsi sempre più manifesta una sensazione di disagio, come se il film fosse un puzzle e tutti i pezzi fossero in ordine tranne uno. Prima Sarah si vede apparire davanti agli occhi per una manciata di secondi cose inspiegabili e i suoi episodi di sonnambulismo si fanno sempre più frequenti. Poi si sveglia dai suoi incubi che si fanno sempre più uguali e la sua coinquilina le fa notare i graffi sui muri del corridoio. Nel cercare risposte ai suoi comportamenti sempre più erratici Sarah affoga nella paranoia. Tra teorie complottiste e la paura di essere osservata dagli alieni, però, non riesce più a capire dove finiscano le creazioni della sua mente e dove inizi la realtà. Horse Girl riesce a giocare su questa ambiguità senza dare risposte definitive e lasciando lo stesso quesito, che affligge la protagonista, aperto per lo spettatore.
Il film, da un’idea della stessa Brie che poi lo ha co-sceneggiato insieme al regista, nasce dal sincero intento di parlare di malattia mentale. Ispirata alla sua stessa storia familiare (la nonna soffriva di schizofrenia paranoica), l’attrice ha dichiarato in un’intervista a PopSugar di essere stata attratta dalla parte forse più narcisistica del tutto, ovvero dalle paure legate alla sfera personale, al poter finire un giorno a non fidarsi più della propria mente. Horse Girl decide di usare un punto di vista interno per trattare la condizione della protagonista, scelta che non sempre funziona. Perdendosi nel complicato labirinto della mente di Sarah, la storia vaga senza una vera e propria direzione, finendo così per frustrare lo spettatore piuttosto che spingerlo a provare empatia per lei.
Se il film riesce a funzionare nonostante la dispersione narrativa, il merito è di Alison Brie e del suo vero e proprio tour de force nei panni di Sarah. Avere la nota attrice comica, distintasi soprattutto per serie come Community e GLOW, in un ruolo così diverso, quieto e destabilizzante, è un altro dei tanti modi che Horse Girl usa per giocare con le aspettative del pubblico circa la direzione che verrà presa dalla storia.
Horse Girl è uno dei film più azzardati che siano mai stati proposti da Netflix. Sicuramente farà storcere il naso a molti, confusi dall’impenetrabilità e dall’ambiguità della storia, ma è proprio nel disagio la cifra stilistica del suo regista, Jeff Baena, già dietro al delizioso The Little Hours che vedeva tra le protagoniste di quella riscrittura del Decameron anche Alison Brie. Horse Girl è un esperimento non totalmente riuscito, ma che merita di essere visto anche solo per il coraggio e per il candore che lascia emergere.
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Na cagata pazzesca