
Nika – Vite da strada | Primo film italiano realizzato con lo smartphone
Il 23 dicembre 2020, nella prestigiosa sala Federico Fellini di Cinecittà, Mirko Alivernini ha presentato in anteprima il suo ultimo lavoro: Nika – Vite da strada. Nika è il primo film italiano girato utilizzando esclusivamente smatphone: un Huawei P20 Pro e un P30 Pro. Alivernini, che aveva già vinto il “Premio Innovazione Cinematografica” al Montecatini International Short Film Festival, intraprende la strada dell’innovazione tecnologica sperimentando un metodo di filmare che potrebbe costituire il futuro del cinema. Utilizzando un telefono sia come supporto video che come supporto audio, il cinema diventa alla portata di tutti (ce lo avevano già dimostrato grandi registi internazionali, pensiamo a Soderbergh). Se questo piccolo medium, estensione del corpo umano del XXI secolo, permette di girare un intero film, ciò di cui domani si avrà bisogno per essere registi sarà soltanto il talento. Potremo dimenticarci dei grandi finanziamenti, degli insostenibili investimenti e dell’arte del 75mm di Tarantino; tutto il processo cinematografico si comprimerebbe su un solo dispositivo ed il nostro telefono diventerebbe lo strumento per creare, produrre e fruire cinema.
Nika – Vite da strada è la storia di una giovane donna della periferia romana, costretta ad affrontare gravi problemi economici a causa di ingenti debiti creati da un padre alcolizzato. La protagonista (Noemi Esposito) è una lottatrice, la quale cerca di guadagnare qualcosa attraverso degli incontri clandestini, finché non inizia ad allenarsi in una palestra con l’obiettivo di vincere il titolo di campionessa mondiale.
Il film affronta vari temi sociali d’attualità: la povertà, l’alcolismo, l’usura, i combattimenti clandestini e la dipendenza dalle scommesse, il tutto distillato da una chiave di lettura femminista. In Nika le donne esibiscono una vigorosa fisicità, affrontano la vita a denti stretti e facendosi carico dei problemi di cui sono causa gli uomini.
Mirko Alivernini ci presenta un progetto solido sul piano della tecnica, il quale tuttavia soffre alcune debolezze sul fronte creativo. Durante la proiezione può capitare che lo spettatore sia indotto ad uscire per un attimo dalla finzione narrativa, costretto a colmare certe lacune della sceneggiatura. Se è vero che alcuni dettagli, narrativi e scenografici, possono apparire manchevoli, è altrettanto vero che il film pone l’accento sugli elementi d’innovazione che presenta, facendone un prodotto che si lascia, nel suo complesso, seguire. Nonostante la fotografia non sia sempre sufficientemente “pulita”, la tecnologia utilizzata non pone grossi limiti alla fruizione, soprattutto in virtù del fatto che il nostro sguardo è ormai abituato ad una visione frenetica di immagini di bassa qualità. In particolar modo, le scene di combattimento, bisognose di una certa velocità e chiarezza d’azione, risultano di più difficile lettura.
Il regista ha deciso di articolare il film attraverso l’alternanza di primi e primissimi piani, che si susseguono in modo frenetico ed enfatizzano la precisione di ripresa del supporto in situazioni di staticità, generando dei volti che sono paesaggi di rughe ed imperfezioni. L’uso del telefono come macchina da presa permette dunque di star addosso a personaggi e oggetti, ma inibisce la fluidità dei movimenti.
Prima della proiezione del film, è stato presentato un estratto di una nuova serie prodotta e creata dallo stesso Alivernini, ancora una volta utilizzando solo lo smartphone. I Reduci, in cui ritroviamo il regista anche in veste di attore, è una serie d’azione ad alta tensione, di cui è stata mostrata una sequenza che si presenta quasi come un film di guerra, piena di armi, esplosioni e scontri a corpo libero. In questo caso il supporto utilizzato fa sentire maggiormente la sua presenza, mettendo a nudo i suoi limiti tecnici; l’inferiorità fotografica dello smartphone si impone tra lo schermo ed il pubblico come elemento di disturbo. La frenesia delle battaglie corpo a corpo, unite all’impiego delle armi, probabilmente non si addice all’immagine caotica generata dal telefono, che causa nello spettatore un senso di confusione. Tuttavia, l’attitudine alla lettura di movimenti turbolenti potrebbe costituire un fattore soggettivo e lo stesso prodotto potrebbe destare impressioni contrastanti in ogni spettatore: è probabile che un occhio abituato alla grafica da videogame sia più abile nella decifrazione di tali movimenti sdoppiati. Si rimanda la valutazione di queste questioni all’uscita della neonata serie su Amazon Italia, annunciata durante l’evento senza una data precisa (le puntate sono tuttavia già disponibili su Amazon America).
Nika – Vite da strada, invece, dovrebbe riuscire a raggiungere le sale cinematografiche prossimamente, nonostante sembrerebbe più consigliabile fruirne su un supporto domestico per ovviare ad alcuni problemi causati dalla risonanza dell’audio in sala.
Una notizia molto interessante, di cui si è fatto cenno durante l’anteprima, è il progetto del regista, sostenuto dalla casa di produzione «Mainboard», di avviare dei corsi di formazione per giovani esordienti che permettano ad altri autori di seguire le orme di Alivernini e dare seguito al cinema delle nuove tecnologie.
È inutile ormai cedere al cliché di domandarsi se questo sia ancora cinema, perché il cinema non muore, come non muore la società, ma si trasforma. La macchina cinematografica cambia, si adatta all’evoluzione della tecnica e alle esigenze dei consumatori. Qualunque sia il supporto di ripresa o di fruizione, il cinema sarà sempre cinema, a patto che sia in grado di generare emozioni.
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