
Richard Jewell: l’indomabile onda degli eventi
Atlanta, 27 luglio 1996. Sembra una serata come le altre al Centennial Olympic park, durante le Olimpiadi, finché sotto una panchina non viene rinvenuta una borsa incustodita. Richard Jewell, un addetto alla sicurezza dell’AT&T, insiste con la polizia perché vengano chiamati gli artificieri e venga predisposto uno sgombero dell’area. I sospetti della guardia sono fondati: nella borsa si nascondono tre cilindri di esplosivo pronti ad esplodere da un momento all’altro.
Fortunatamente la gente viene allontanata a sufficienza perché il danno possa essere contenuto. Con due “soli” morti (di cui uno per complicanze dovute ad un arresto cardiaco), Jewell ha contribuito a sventare una strage. Ma il suo quarto d’ora di celebrità finirà per costare molto di più di quel che avrebbe potuto immaginare.
Clint Eastwood ormai sembra deciso a mantenere il suo status di narratore di Storie vere. Sin dal 2011, con l’uscita di J. Edgar, il regista tesse straordinari racconti epici moderni, con personaggi assolutamente reali che compiono scelte vitali per le loro esistenze, paragonabili a quelle titaniche di un eroe omerico o a quelle complesse di un eroe shakespeariano.
Abbiamo quindi con il cantante Frankie Valli, il cecchino Chris Kyle, il pilota Sullenberger, il corriere Earl Stone, eroi tormentati dagli eventi e dalla loro coscienza, ma decisi nelle loro scelte.
Così Eastwood delinea il suo eroe moderno e offre potenti morali sociali ai suoi spettatori, che, con alti e bassi, le accolgono sempre con interesse.
La vita di un uomo, da queste parti, è spesso legata al filo di un’informazione.
(Don Benito Rojo, Per un pugno di dollari)
In modo simile al precedente Il corriere (2018), questo film pone le sue basi, il soggetto, su un articolo di giornale. American nightmare: The Ballad of Richard Jewell di Marie Brenner pubblicato su Vanity Fair.
In questo articolo, ad un anno di distanza dall’attentato di Atlanta, viene raccontata la terribile persecuzione che un uomo innocente, imprigionato in un dramma quasi kafkiano, ha dovuto subire.
Ecco quindi che il film si concentra, nel suo piano narrativo principale, sul nucleo familiare di Jewell, diventando il racconto di un accerchiamento. Di un vero e proprio “embargo sociale” che proverà fortemente il nostro protagonista.
Il film ovviamente esplora anche dei piani narrativi secondari: la contro-inchiesta di Watson Bryant, il legale di Jewell, tenace personaggio prettamente eastwoodiano. Tagliente, determinato e disincantato, sostenuto, con grandissimo talento, da Sam Rockwell. C’è poi l’inchiesta vera e propria condotta dai giornali e dall’FBI, una macchina del fango dai tratti fortemente inquietanti.
Ed ecco uno degli elementi grazie ai quali il “solito” ineccepibile lavoro biografico di Eastwood si eleva.
Con Richard Jewell il regista ci racconta come un semplice sospetto possa trasformarsi, attraverso un effetto domino simile ad una valanga, in qualcosa di mostruoso e trascinante. Non è di certo il primo a farlo: i cinefili potranno ricordare Il sospetto di Vinterberg o Dogville di Lars von Trier, gli appassionati di letteratura staranno pensando a Kafka, mentre gli appassionati d’opera avranno già l’aria della Calunnia di don Basilio che squilla nelle loro orecchie.
Ma se questi esempi ci portano ad osservare la crescita di un sospetto o di una diceria, e i suoi effetti sulla gente comune, qui la riflessione va su un altro piano, facendoci capire come nessuno possa gestire una macchina come questa. Nemmeno chi si trova ai piani più alti di uno stato.
Un vortice che trascina tutti al suo interno e non è più gestibile da nessuno, anche da chi pensava di controllarlo. Nessuno l’ha creato e nessuno lo può fermare: il mostro chiederà di essere soddisfatto sempre di più e i nostri antagonisti lo faranno, arrivando a sfruttare l’ingenuità di Jewell per fabbricare prove a suo sfavore.
Solo una cosa fermerà questo circolo vizioso: lo scontro con la verità. La lotta e la determinazione di un uomo innocente, che trova la forza attraverso la sua mansuetudine di reagire ad un’ingiustizia. Questa caduta porterà i nostri antagonisti a guardarsi in faccia e a capire di essere stati manipolati dal loro stesso caso, dalla loro ambizione o dalla loro paura. Sarà amara la consapevolezza di avere solo perso tempo e di aver perseguitato ingiustamente l’unico ad avere fatto “la cosa giusta” in tutta la vicenda.
Una vicenda come questa porta anche gli addetti ai lavori della Stampa a riflettere, come dice la stessa Marie Brenner (autrice dell’articolo su cui il film è basato), su come raccontando la notizia ci si affretti a tesserci sopra giudizi affrettati senza andare oltre la breaking news.
In conclusione, Richard Jewell è un dramma biografico veramente avvincente che potrebbe emozionarvi meno di un Invictus o di un Sully, ma che sicuramente sarà in grado di lasciarvi con spunti d’interesse su cui meditare.
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