
Chiara Ferragni – Unposted: non si può che “postare”
Chiara Ferragni – Unposted (2019), documentario firmato da Elisa Amoruso, è finalmente disponibile su Amazon Prime. La passerella d’inaugurazione è avvenuta al Festival del cinema di Venezia, in sezione “Sconfini” – si dirà che lo sconfinamento è rappresentato dall’animazione e conseguente proiezione del suo profilo Instagram in versione cinematografica. Concedere lodi a questo film è, in effetti, uno sforzo non facile: la pellicola manca imperdonabilmente il bersaglio prefissato, trovando nella contraddizione il suo Leitmotiv. Scavando oltre la superficie, però, Chiara Ferragni – Unposted è un film che a suo modo risulta prezioso, rappresentando un’improbabile lente sul fenomeno del culto della personalità nell’epoca dei social media.
Agiografia di Santa Chiara
«Chiara ha sicuramente una dote particolare: quella di essere una donna che lavora, ma di aver mantenuto anche una certa naturalezza […] il rischio è anche che a volte ti puoi sentire un po’ un prodotto di marketing tu stesso»
(Silvia Fendi Venturini)
“Agiografia”, letteratura relativa ai santi (Zanichelli). Questa è stata una delle parole più usate dalla critica per definire Chiara Ferragni – Unposted. In un senso secondo, più generale, un’agiografia è l’esaltazione di una persona, tramite un racconto che a volte mescola fatto storico e mitologia. Quest’ultimo è il senso con cui, ad esempio, Claudia Catalli ha usato la parola “agiografia”, parlando del film su GQ. Sulle pagine di Fata Morgana Web, invece, Emanuele Fadda ha ascritto il film di Elisa Amoruso al genere agiografico, letteralmente alla storia dei santi. In linea con quanto scritto da Fadda, c’è un clamoroso iato fra l’obbiettivo della pellicola e il contenuto veicolato nei fatti: la promessa di presentarci Chiara Ferragni come una persona normale, genuina, viene gravemente tradita dalla retorica della narrazione, che la dipinge invece come un essere che si erge al di sopra della massa.
La dichiarazione di voler “unpostare” Chiara è il vizio che compromette l’intero lavoro di Amoruso, dato che assistiamo a 85’ di celebrazione del personaggio. Per quanto le testimonianze raccolte cerchino di parlare della Ferragni umana, il messaggio è ben altro: Chiara è un’incorruttibile sostanza divina ed è impossibile pensare di muoverle delle critiche. Il suo manager, giornalisti, persino Silvia Venturini Fendi baciano i piedi della bionda insalatina del valore di circa 40 milioni di euro; nel mentre la santa, esattamente al centro del quadro, accompagnata dai suoi adepti e da canzoni ritmate in background, irradia nel mondo un’aura divina. Ella vive presso di noi, ma la sua anima è presso Dio – i suoi miracoli, invece, sono presso Instagram.
Predestinazione: possiamo diventare Chiara?
«Il potere è sempre stato definito come l’abilità di influenzare gli altri […] ma i social media hanno democratizzato questo potere, perché il fatto di avere uno smartphone e poter accedere ai social media significa che le persone che in passato non avevano voce, ora ce l’hanno»
(Moira Forbes)
Chiara Ferragni – Unposted è perfettamente in linea con una tipica narrazione della “banalizzazione” operata dagli influencer. Le celebrità del web sono spesso accomunate dall’intenzione di vendersi come persone normali, genuine, “come noi”. Le social media star, di fatto, ci parlano dall’altro capo del media: non persone, bensì personalità, esseri umani inaccessibili che si raccontano per noi. Dio, però, non si mostra ai re, si rivela invece ai pastori analfabeti: questo perché il miracolo, per quanto inaccessibile intellettualmente, dev’essere percepibile come a portata di mano, un potenziale che si cela in ognuno di noi. Chiunque deve poter immaginare di essere Chiara Ferragni – la differenza fra lei e noi sta solo nei numeri del pubblico. I fatti, però, smentiscono questa narrazione: c’è una sola Chiara Ferragni. Per quanto “normale” la si voglia vendere, Chiara sarà sempre meno normale degli altri. Si vorrebbe, inoltre, raccontarci di una dimensione social dove chiunque ha il potere di condizionare il mondo attraverso i suoi contenuti; peccato che Chiara, a differenza nostra, sia “cercata dagli arabi, dai cinesi…” e così via. La differenza sta nel fatto che chiunque può aprire un profilo su un social network ma pochi possono diventare degli influencer, ed è evidente che questo Amoruso e i suoi personaggi lo sanno benissimo, anche quando cercano di dirci il contrario.
Questa, che è l’antinomia regina del film, scorre di continuo fra una scena e l’altra grazie al ruolo della madre di Chiara. Fin dall’inizio si mostra come devota all’immagine delle figlie, costantemente impegnata nel filmare ogni singolo istante della loro vita; Chiara è una bambina da lei descritta come “indipendente”, di cui si percepiva intuitivamente un grande futuro. Lungo tutto il documentario, la Chiara bambina si alterna dialetticamente alla Chiara del presente, cercando di negare che vi sia un qualche tipo di distanza (differenza) fra una bimba innocente e un titanico brand multimilionario in carne e social. A riprova di ciò la pellicola, così come si apre, termina su un fermo immagine di Chiara da bambina, chiudendo entro al cerchio la negazione dell’evidenza, cercando di illudere lo spettatore con una menzogna confezionata molto male. Insomma, raccontandoci che si possa diventare Chiara Ferragni semplicemente condividendo sé stessi sui social, senza sforzarsi troppo di nascondere il fatto che, in realtà, solo la profetica imprenditrice Chiara avrebbe potuto diventare sé stessa.
Chiara deve restare “posted”
«Chiara ci espone completamente l’unico personaggio che lei sa fare, cioè sé stessa»
(Francesco Vezzoli)
In sostanza, quando si dice che un film è pessimo non si vuol per forza dire che sia da evitare; ed è proprio questo il caso, perché ciò che emerge da tutti gli errori e i limiti è un documento intrigante per capire la contemporaneità. Chiara Ferragni – Unposted è straordinario nel riuscire inavvertitamente dove fallisce di più: presentarci con onestà il mondo degli influencer. Il meccanismo di sgonfiamento della loro santità è una montatura, e se anche funzionasse sarebbe deleterio. Elisa Amoruso voleva spostare i social dall’obiettivo della telecamera, mostrarci la Chiara che si cela dietro l’interfaccia di Instagram. Se non che non c’è e non può esserci alcuna Chiara fuori da Instagram: ogni giorno è la festa di Santa Chiara, nella misura in cui ogni frame del film è celebrativo – o almeno apologetico – della sua figura. Qualsiasi cosa sia il mondo fuori dai post, sempre che una dimensione altra (virtuale?) rispetto alla nostra esista, quel mondo deve restare una Città Proibita, è il miracolo di Chiara può funzionare solo restando misterioso, solo restando posted.
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