
La Fandango: «un bordello e una casa editrice che fa crocifissi»
L’editor Rosaria Carpinelli, consulente editoriale di autori che vanno da Carofiglio (entrambi) a Walter Veltroni, passa, a pochi anni dalla sua fondazione, alla Fandango, dopo una lunga esperienza con il colosso Rizzoli. Una decisione inusuale, quasi inspiegabile a giudicare dalla differenza di dimensioni delle due case e soprattutto dalla differenza di stipendio: è stato come se «un giocatore della Juventus passasse alla squadra di calcetto del Bar Sport» ne dice Alessandro Baricco. Ma una spiegazione la si può dare, perché alla Carpinelli non interessava lavorare per una grande casa editrice che puntasse esclusivamente sulla moda e il gusto del pubblico. Voleva lavorare per qualcosa che fosse anche un’idea, un percorso culturale, un modo nuovo di fare editoria, e questo l’ha trovato, appunto, nella Fandango editore.
Fandango nasce come casa cinematografica: Domenico Procacci inizia, nel gennaio del 1989 a Roma, un progetto culturale destinato diventare molto più ambizioso del previsto. E le premesse, bisogna dirlo, non erano modeste neppure in partenza. Fandango si propone, sin da subito, di allargare gli orizzonti italiani a quelli internazionali. Inizia così con il film La stazione (1990), presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, opera che ottiene il David di Donatello per il miglior regista esordiente (Sergio Rubini) e il Nastro d’argento. Da allora si susseguono svariati successi che dagli anni novanta arrivano sino ai giorni nostri, basti pensare a Caos calmo (Antonello Grimaldi; 2008) a Mine vaganti (Ferzan Özpetek; 2010) e a Gomorra (Matteo Garrone; 2008) – di cui produce anche la serie televisiva). Ma le ambizioni non si riducono a questo, perché da casa cinematografica, la Fandango diventa anche casa editrice nel 1998 e casa discografica nel 2001: ciò in risposta all’idea di voler essere, più che un’azienda, un modo di guardare alla realtà, sotto molteplici aspetti. Allora troviamo tra le fila degli scrittori lanciati e poi legati alla casa editrice nomi noti quali Sandro Veronesi e Alessandro Baricco, che così parla di cosa significhi per la Fandango sperimentare e avere uno sguardo nuovo sul mondo: «Noi scrittori potevamo pubblicare quello che volevamo, non importava che vendesse oppure no, perché avevamo la casa cinematografica che ci copriva le spalle: era come se al primo piano di questo edificio ci fosse un bordello, che era la parte che fatturava, piena di soldi, con un gran via vai, e noi, nel seminterrato, potessimo permetterci di intagliare dei piccoli crocifissi di legno che non avrebbero reso niente.».
È l’idea che ci si trovi in un luogo in cui si può osare, si possono pubblicare novità incerte e originali, si può scommettere. Perché una scommessa è stata, quella di Procacci e della casa editrice, sorella minore della cinematografica: con un minuto gruppo di scrittori, tra cui Baricco e Veronesi, si cerca, da allora, la novità, la stranezza. Tant’è vero che uno dei primi libri pubblicati da Fandango è stato Infinite Jest di David Foster Wallace. «Lo confesso: in inglese, quando fu scoperto, ho letto solo le prime cinquanta pagine. Ma mi sono bastate quelle per capire che si trattava di un capolavoro.». E un successo editoriale, in effetti, lo è stato, ed è proprio Sandro Veronesi a raccontare, in una conferenza al Salone del Libro 2019, come il processo sia stato lungo e complesso, lui che ne è stato il protagonista. La mole di pagine, la complessità dello stile, i neologismi in una lingua diversa costrinsero non solo Veronesi, ma tutta l’equipe Fandango a una scommessa quasi a occhi chiusi, senza garanzie. Fu solo una volta tradotto da Edoardo Nesi che tutto il gruppo avrebbe potuto leggerlo per intero; ma non c’era tempo, la data di pubblicazione era prossima. Si organizzò così un gruppo di letture che comprendeva più di cinquanta persone tra scrittori, editori, e anche l’allora ministro dell’istruzione. Insomma, questa casa editrice nasce da un progetto ambizioso e azzardato, che può permettersi certi colpi di testa proprio grazie al grande successo del Cinema. Non dobbiamo infatti dimenticarci che si parte da lì, da grandi successi del grande e piccolo schermo. Ma gli autori lanciati dalla casa editrice non sono marginali: sono state, in gran parte, scommesse fruttuose. Certo, una volta cavalcata l’onda del successo sono passate ad altro, basti pensare a Maurizio De Giovanni che ora pubblica per Einaudi. Tuttavia, questa casa editrice continua a sperimentare, con competenza, fiuto e rigore. Alle origini, il fascino nacque proprio dal senso di instabilità e dalla possibilità di scovare autori diversi e tra i più originali. C’è una continua collaborazione tra il cinema e il libro: non solo si è sceneggiatori di una serie televisiva (come Laura Paolucci) o di un film, ma ci sono anche casi in cui da un inedito si produca un lungometraggio prima del lancio del libro.
Ma non si parla solo del passato: si guarda soprattutto ai progetti per il futuro e alle sfide che questi lanciano. Sia il cinema, sia il libro, secondo Procacci, si trovano di fronte a un punto di svolta. Il primo rimane indietro rispetto all’avanzata della serialità, ma non solo: il grande cambiamento che si prospetta riguarda il supporto del cinema. Vale ancora qualcosa investire sulla televisione? Ha ancora senso parlare di cinema quando il web propone contenuti sempre più di qualità a prezzi contenuti? È per rispondere a questi interrogativi che si rinsalda la collaborazione tra Fandango e Scuola Holden: una collaborazione che punta sullo storytelling seriale, ma soprattutto su come parlare di cinema e su come riportare su di esso l’attenzione. E il libro? Che fine farà l’editoria, l’oggetto libro nei prossimi anni? Anche qui, si tratta di un supporto che cambia. Il futuro si apre al digitale, che pone le grandi questioni dei diritti d’autore, della pirateria, per un contenuto molto più facile di un film da diffondere illegalmente. E quanto incide la vendita on-line sulla casa editrice? Il colosso Amazon divora tutto senza apparente pietà: qual è lo spazio dell’editore? Anche qui, si tratta di reinventarsi. Si tratta, ci dice Carpinelli, di compiere una vera e propria rivoluzione editoriale: si tratta di rendere il libro un oggetto che è irripetibile, che si compra perché è quell’oggetto lì e non un insieme di pagine scritte. Allora è il mestiere dell’editing che si reinventa, o così si prospetta.
Insomma, per quanto piccola rispetto alle grandi catene librarie, la Fandango mantiene una linea consapevole e coerente nelle proprie pubblicazioni, aggiudicandosi sempre almeno un posto in classifica tra le nuove uscite. Va sottolineato, ancora, che questa piccola bottega di crocifissi di legno può permettersi molte acrobazie grazie al bordello del piano di sopra; ma, ad oggi, non c’è poi una grande differenza di fatturato tra i due piani.
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