
Mani rosse: tutto al servizio delle emozioni – Intervista a Francesco Filippi
Ernesto ha 12 anni e vive praticamente segregato in casa, terrorizzato dal mondo esterno, per via di una zia apprensiva (ma assente). Luna ha 14 anni e ha il potere di produrre dalle sue mani il colore rosso (sembra sangue ma non lo è): dietro a questo potere si nasconde la violenza che subisce da parte del padre. Due adolescenti il cui incontro fortuito darà vita a una storia ricca di immaginazione e forti emozioni.
Ambientato in una Bologna di fantasia, Mani Rosse è un corto di animazione diretto da Francesco Filippi e prodotto da Sattva Film in collaborazione con Rai Ragazzi. È stato premiato come miglior cortometraggio al Fabrique du Cinema Awards 2018.
Dopo aver assistito alla proiezione del film al cinema Odeon di Bologna, abbiamo avuto modo di intervistare il regista Francesco Filippi:
Il film si districa tra una parte legata alla realtà, affidata alla stop-motion, e una parte legata all’immaginazione, alla fantasia e al sogno, affidata ai disegni animati. Perché hai deciso di utilizzare queste tecniche?
La ragione è doppia. La prima motivazione è di tipo artistico, la seconda di tipo produttivo. Nella prima versione della sceneggiatura predominava la stop-motion: c’era solo una sequenza in 2D legata al sogno. Quando ho incontrato il produttore Michele Fasano, per poter accedere a un bando Media che era l’unico finanziamento potenzialmente disponibile, avevamo bisogno di almeno 24 minuti di durata e c’era quindi la necessità di ampliare la sceneggiatura. Dal momento che l’elemento onirico era appena accennato nella versione originale, ho pensato che avrebbe meritato di essere esplorato maggiormente, perché il cartone parlava dei graffiti, della creatività, dell’immaginazione dei ragazzi, e lo strumento 2D calzava a pennello, in quanto se si vuole esplorare il mondo dell’immaginazione – un mondo più fluido, più onirico, meno materico – il 2D è più indicato rispetto alla stop-motion, che è molto legata alla tridimensionalità del qui e ora. Abbiamo optato, così da dare ancora di più questo senso del “flusso di coscienza”, per avere quasi sempre dei piani sequenza (al contrario dei tagli nella rappresentazione del mondo reale), mantenendo il sapore pittorico come colorazione. Questo perché la stessa stop-motion aveva sin dall’inizio – pur essendo legata al dato materico, tridimensionale, reale – le pennellate digitali del direttore artistico Mauro Dal Bo, destinate non solo al classico lavoro di matte painting e di integrazione di fondali, ma anche ad arricchire le scenografie di colori, di dettagli e di senso emotivo, al fine di restituire il fatto che la nostra esperienza del reale è filtrata dalla nostra soggettività. La sfida del 2D è stata quella di evitare che i sogni potessero essere interpretati come qualcosa che non mandasse avanti la storia. Dai pareri che stiamo raccogliendo, mi sembra di poter dire che la sfida sia vinta, perché quello che ho inseguito nella scrittura, e poi nella realizzazione delle scene, è andare a esplorare il senso delle cose che accadono, l’incontro spirituale tra i ragazzi, le loro paure, il loro ripensare se stessi, ripensare il mondo, costruirselo… quello dell’immaginazione è uno strumento per diventare adulti. Il senso delle cose che accadono non è affatto qualcosa che non accade, che non incide sulla nostra realtà. Il senso di un evento è quello che per noi è importante.
Il simbolismo nel film è molto forte, ad esempio per quanto riguarda il colore rosso o le mani. Me ne puoi parlare?
Lavorare con le immagini è quello che dobbiamo fare come cineasti, nel senso che i significati, le azioni, i sentimenti, devono passare il più possibile per le immagini. Sta poi nella sensibilità e nel gusto, e anche nel tipo di lavoro che vuoi fare, rendere il simbolismo più o meno esplicito. Ci sono diverse possibilità di lavorare in questo senso: si possono utilizzare dei simboli che prescindano dal film – vedi Ejzenstejn – cosa che però ho preferito evitare, poi c’è tutto il mondo della metafora, delle allusioni, che è altrettanto importante. Nella fattispecie, nel caso di Mani Rosse, il rosso vale come sangue, anche se si dichiara che non lo è. E in questo senso è il colore della violenza. “Il colore è una specie di emozione”, dice Luna, è la rabbia che lei ha dentro che fa sì che ciò che lei produca dalle sue mani sia solo ed inevitabilmente rosso. Il rosso inoltre si porta dietro tutta l’esperienza umana legata al sangue: alla ferita come al sangue mestruale, che è sì legato alla vita e alla nascita, ma anche all’infelice credenza dell’impurità delle donne. Luna incarna “la strega”, è così che viene chiamata dal padre. Le mani si portano dietro l’ambiguità di essere polifunzionali. Cosa vuoi fare con le tue mani? Vuoi creare bellezza o violenza? Questo è il binomio all’interno del quale oscilla Luna.
Ci sono diversi elementi che sono portatori di senso volutamente. Però ritengo che per lo spettatore non sia necessario smontare la costruzione narrativo-simbolica del film al fine di comprenderne il senso. Questa è la differenza tra un film criptico e un film che usa i simboli e le metafore in maniera accessibile. La cosa ideale per me è avere un film che sia “a strati”, con più livelli di lettura: la mia idea di film è comunque legata a una comunicazione rivolta a tutti.
Mani rosse è indirizzato innanzitutto agli adolescenti. Spesso in Italia è difficile scindere il binomio animazione=bambini, eppure tu hai deciso di spostare più in là l’asticella scegliendo inoltre un target a cui non è semplice rivolgersi. Da cosa è nata l’idea per il film? Quali sono le difficoltà nel rivolgersi agli adolescenti?
L’idea del film è nata da un episodio realmente accaduto. Un ragazzino che conoscevo, all’epoca adolescente, mi raccontò che la sua fidanzata si era presentata a casa sua per chiedere ospitalità, piena di lividi perché suo padre la picchiava. Mi sembrava una storia interessante da raccontare perché è una storia vera, che può capitare, ma al di là della statistica e dell’importanza del tema, poteva rappresentare la storia di un ragazzo che supera la situazione difficile in cui si trova e quindi può diventare un eroe di riferimento, un modello di comportamento, di coraggio, che aiuta anche a relativizzare i nostri problemi.
Le difficoltà di rivolgersi agli adolescenti sono molteplici. Innanzitutto, gli adolescenti non sono facili da accontentare, devi avere il coraggio di prenderli sul serio, di esporti alle loro critiche. L’animazione è spesso considerata un prodotto per bambini e l’adolescente si rivolge a consumi culturali diversi dalle proprie esperienze infantili, come il cinema di fiction o i videogiochi. Grazie all’animazione giapponese e allo sdoganamento dell’animazione per adulti, che da un po’ di anni timidamente comincia ad esserci, sempre meno è solo ed esclusivamente territorio infantile. Ma c’è ancora molta strada da fare. Un’altra difficoltà sta nel convincere gli interlocutori produttivi, i partner, i distributori, perché è un territorio dove non c’è un mercato consolidato, dal momento che non ci sono molti precedenti. Tipicamente il cinema per adolescenti – e soprattutto il cinema d’autore per adolescenti – è di fiction, è di lungometraggio e in genere proviene da paesi nordeuropei. In Italia non c’è una vera tradizione di cinema per ragazzi, al di là di qualche caso sporadico, come la serialità di Bud Spencer e Terence Hill e qualche Comencini, per cui qualcuno che decida di investire in un cinema d’animazione per adolescenti si chiede innanzitutto se possa vendere.
Cosa pensi della situazione dell’animazione in Italia?
La situazione attuale è già migliore rispetto a soli dieci anni fa. Siamo indietro rispetto ad altri Paesi, ma le cose si stanno muovendo, direi anche abbastanza velocemente. Ad esempio il lavoro che stanno facendo i napoletani di Mad Entertainment con L’arte della felicità o Gatta Cenerentola è importantissimo, perché hanno sdoganato l’idea che possa esserci un’animazione italiana di buon livello per adulti, fatta con passione e competenza. Inoltre piattaforme come Netflix hanno aperto i consumi a storie meno incanalate dentro i classici palinsesti tradizionali.
Qui le prossime proiezioni:
Qui il trailer di Mani Rosse:
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] Visioni Fantastiche inaugura la sua Online Edition con Gamba Trista, cortometraggio di animazione scritto, diretto e prodotto da Francesco Filippi. Il film, ambientato a Bologna, affronta il tema della disabilità attraverso l’autoironia del protagonista. Nella prima edizione del Festival, l’autore ha vinto il Premio al Miglior Cortometraggio nel Concorso Internazionale 12+ con il mediometraggio Mani Rosse. […]