
Il Corriere – The Mule, nessuno fermi Clint Eastwood
“Chi si ferma è perduto” è un motto che si addice alla perfezione all’ultima fatica di Clint Eastwood, Il Corriere – The Mule, prodotto, diretto e interpretato dall’88enne regista di San Francisco. La storia, ispirata ad un fatto realmente accaduto e raccontato nel 2014 da un giornalista del New York Times, è quella di un uomo, Earl Stone, il quale, costretto a chiudere l’attività da floricoltore a causa dell’avvento di internet, accetta più o meno consapevolmente di trasportare centinaia di chili di cocaina per conto del cartello della droga di Sinaloa. L’ennesima scelta discutibile di un personaggio tanto affascinante quanto respingente.
Earl infatti è un marito, padre e nonno assente, che ha scelto di dedicare tutta la sua esistenza al lavoro tralasciando gli affetti famigliari, mancando regolarmente a matrimoni, compleanni e feste varie. Ora, nonostante l’età, fermarsi e godere della vita insieme ai propri cari non è semplicemente un’opzione: ed è così che in breve tempo l’insospettabile Tata (“nonno”) diventa il miglior corriere del cartello mettendo tutti in scacco, a partire da Colin Bates (Bradley Cooper), l’agente della DEA che gli sta dando la caccia. Una straight story di lynchiana memoria ma al contrario, con un personaggio apparentemente senza morale che compie i suoi viaggi solo per egoismo e avarizia, perché sì, con i soldi guadagnati aiuta la nipote (l’unica che si ostina a volergli bene) a finire gli studi, ma la maggior parte li usa per soddisfare vizi personali come comprare un nuovo fiammante pickup o trascorrere una notte in motel con due prostitute. I suoi rimpianti per un passato irrimediabilmente perduto rivelano certamente un cuore dietro quella scorza da duro, ma chissà se il suo riscatto finale sia poi così sentito. Perché Earl non può e dopotutto non vuole fermarsi. Sa di essere colpevole e alla fine, da vero uomo, non ha paura di dichiararsi tale.
Nell’epoca degli #OscarsSoWhite e del #MeToo una personalità come quella di Clint Eastwood forse è diventata troppo scomoda, troppo politically incorrect, ammesso che questa definizione oggi abbia ancora un senso. Earl Stone è proprio il personaggio eastwoodiano che ci aspetteremmo a questo punto, un antieroe crepuscolare orgogliosamente fuori dal tempo, veterano della Guerra di Corea e fiero patriota americano (la prima bandiera a stelle e striscie appare dopo meno di dieci secondi dall’inizio), pronto a fare la morale ai giovani sempre incollati ai cellulari e ad attaccare la presunta inutilità di internet. Earl Stone è chiaramente un conservatore, burbero e sboccato, razzista e omofobo, anche se poi consiglia ad un giovane trafficante di uscire dal giro per farsi una vita e si ferma a riparare l’auto di una famiglia di afroamericani (chiamati senza troppi giri di parole “negri”), non si sa se per spacconeria o per buon cuore. La rappresentazione dei messicani inoltre è quanto di più stereotipato ci sia, ma potrebbe essere altrimenti? È il punto di vista onnivoro, straripante di Clint Eastwood uomo, attore e regista a dominare la pellicola. È il suo sguardo leggendario il termometro emotivo del film ed è il suo corpo gracile e malandato a reggerne tutta l’azione. Tutti gli altri compongono un buon cast di contorno (oltre ad un solido Cooper ci sono Andy Garcia, Lawrence Fishburne, Michael Peña, Dianne West e Taissa Farmiga), ma sono solo dei satelliti che ruotano attorno al monumentale Clint, che torna in scena da attore in un suo film dopo Gran Torino (2006) per una storia molto scorrevole (non cè un minuto di troppo in questo film, non un momento che non serva all’economia del racconto) che alterna sapientemente dramma, umorismo e momenti di tensione da vero thriller poliziesco, una commedia amara on the road dotata di una insospettabile vitalità che potrebbe esere – ma naturalmente ci auguriamo di no – la chiosa perfetta ad una vita vissuta al massimo, proprio come quella di Earl Stone. Un film d’altri tempi. Eppure così perfetto per questi tempi.
IL FILM SARA’ IN PROGRAMMAZIONE ANCHE AL CINEMA POLITEAMA DI PAVIA.
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[…] da decenni a sfornare circa un film all’anno (addirittura due nel 2018: 15:17 to Paris e The Mule, in cui torna dopo alcuni anni anche a recitare), mantenendo una qualità sempre elevata e […]
[…] titanica. Nell’ultimo decennio sono usciti ben otto film da lui diretti di cui uno, Il corriere – The Mule (2018), lo ha visto tornare a recitare dieci anni dopo Gran Torino (2008) e a sei da Di nuovo in […]