
“The Deep Blue Sea”: dissolutezza mascherata da amore
The Deep Blue Sea è una storia struggente di amori affaticati e spezzati in un tremendo tiro alla fune giocato tra infatuazione e ossessione. Scritta da uno dei più celebri drammaturghi dell’Inghilterra del XX secolo, quest’opera di Sir Terence Rattingan è stata completata nel 1952. Il carattere sedizioso dell’autore è fondamentale per comprendere a fondo l’identità dei suoi scritti, ambientati tutti in quell’upper-middle class britannica in cui lo stesso Rattingan, figlio di un diplomatico protestante, era cresciuto. Definendosi un outsider o un “omosessuale inquieto” amava incentrare le sue piéce sul tema della frustrazione sessuale e delle relazioni finite, con i loro conseguenti adulteri.
È proprio questa totale disillusione (e dissolutezza) amorosa a contraddistinguere The Deep Blue Sea, spettacolo messo in scena al Teatro Fraschini di Pavia. La regia di Luca Zingaretti, noto al pubblico per la sua interpretazione del commissario Montalbano nella famosa serie televisiva, ha saputo portare in scena l’opera definendone con attenzione ed abilità le coordinate: un atto unico di un’ora e quarantacinque minuti che con un climax ascendente sviluppa la narrazione rendendola incalzante per lo spettatore. La sua regia, asciutta ma curata e attenta ai dettagli, non solo conosce a fondo il testo e non se ne discosta, ma riesce a rappresentare perfettamente le emozioni che lo permeano. Gli attori si fanno portatori di sentimenti forti e di un’ironia raffinata con un’ottima interpretazione di spiccato talento.
Il pubblico si ritrova quasi incastrato in un incipit sconvolgente, la scena un presunto suicidio attorniata da una scenografia estremamente curata e funzionale (di Carmelo Giammello), volta a ricreare l’ambiente di un salotto. Ampie finestre fanno da sfondo ad un semplice arredo casalingo composto da divani ed oggetti sparsi, pareti alte ed adornate da quadri tutti molto simili tra loro. Qui viene ritrovato, ad opera dei vicini di casa, il corpo di una donna, autrice di quegli stessi quadri, accasciato al pavimento: Hester Collyer Page, protagonista della vicenda (che avrà luogo nell’arco di un’intera giornata) ed interpretata da Luisa Ranieri, compagna di vita e di scena di Zingaretti. Come sarà chiaro sin dalle prime battute la donna è vittima di una disperazione nella quale si è catapultata con le sue stesse mani. Inizialmente moglie di un facoltoso giudice dell’Alta Corte, Hester abbandona suo marito per vivere la sua relazione extra coniugale con Freddie, un ex pilota della Raf alcolista. Iniziata come una storia d’amore sfrenata e ricca di passione, ben presto la situazione tra i due amanti si raffredda, una volta che si scontra con la realtà: Freddie è un inetto, un ignavo senza alcuna speranza di riscatto, senza lavoro, senza soldi e senza alcuna ispirazione che non sia fondata sulla superficialità dell’apparenza.
Proprio a causa di questa situazione la donna tenta il suicidio aprendo il gas in casa e lasciando una lettera al suo amante (amante ormai per definizione e non di fatto) e, per una fortunata serie di coincidenze, riesce a salvarsi. Inizia qui un calvario fatto di attenzioni spasmodiche da parte dei vicini di casa preoccupati che Hester possa ripetere il gesto; tra questi spicca la figura di un ex dottore radiato dall’albo, Mr. Miller, mediatore del processo comunicativo che avverrà tra Hester e la propria coscienza. Mentre perfino l’ex marito della donna paleserà il suo timore per il gesto da lei compiuto e le confesserà di esserne ancora innamorato, Mr. Miller e la signora Collyer iniziano a maturare un forte senso comune di solidarietà. Sono entrambi due personaggi emarginati dalla società, hanno fatto dell’amore la loro vita e per questo ne sono stati distrutti. Il primo ha perso la possibilità di praticare la sua professione di medico, la seconda ha perduto il suo amore per il giovane Freddie ed il suo buon rango sociale.La chiave di volta dell’intero spettacolo si concentra in uno serie di dialoghi proprio tra questi due personaggi; Mr. Miller nota, in uno dei tanti quadri uguali appesi alla parete della casa, qualcosa di meravigliosamente intenso e differente. Un quadro acerbo, dipinto dalla donna quando era solamente una ragazza, ma ricco di quell’intensità che in tutte le altre tele non era presente.
Attorno a questa dimora cambiano tinte, luci e colori (persino la posizione delle lancette dell’orologio appeso alle pareti) ad indicare le varie fasi della giornata; l’intero plot narrativo ha vita in un unico spazio chiuso, esattamente in come Casa di bambola di Ibsen. Ma se in quest’ultima Nora è la protagonista portatrice di un forte ideale borghese, l’opera di Rattingan ci mostra una donna più decisa nelle sue scelte. Il frangente finale di The Deep Blue Sea è cruciale a svelare tale determinazione: Hester smette di implorare il suo compagno, Freddie, di non lasciarla ed inizia a fargli la valigia, senza proferire parola. Egli, dopo aver tanto insistito per andarsene, è finalmente libero: ed è proprio quando Hester comprende la tossicità della loro relazione, proprio quando decide di liberarsene, che Freddie pare tentennare, sconvolto esattamente come il suo pubblico.
Così come Nora esce dalla porta di casa non prima che Torvald le abbia ricordato che senza di lui è perduta, allo stesso modo noi non sappiamo se Hester Callyer Page avrà la forza di lasciare effettivamente Freddie e tornare a vivere. Le luci si spengono, il sipario si chiude, gli attori tornano sul palco spogliati delle pelli dei loro personaggi e ringraziano il pubblico. Tanti interrogativi non sono stati risolti, tanti dubbi sulle psicosi di Hester o sui personaggi che le gravitano attorno non vengono approfonditi.
Il profondo mare azzurro di passione è deleterio per la protagonista, che ne rimane spesso soffocata ed offuscata. La bravura del cast e dei suoi collaboratori è stata fondamentale per la resa così mirabile di uno spettacolo dall’intensità emotiva tanto distante quanto vicina a noi: è sì la storia di un amore del dopo guerra in una Londra lontana, ma è anche la vicenda di una donna che, non chiedendo nulla in cambio, dona tutta se stessa e perisce del suo stesso amore.
«Cosa ti è successo, Hester?»
«L’amore.»
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