
Cosa ci dice la seconda stagione di Luke Cage sul futuro Marvel/Netflix?
Monografie
Se la Fase Uno dell’Universo Marvel/Netflix, similmente all’omologa fase cinematografica, preparava i singoli personaggi allo scontro contro un nemico comune, La Mano, la Fase Due, invece, sembra concentrarsi maggiormente sulle vite e le vicende dei singoli personaggi. Complice forse anche una seconda metà della Fase 1, nello specifico Iron Fist e Defenders (qui e qui le nostre recensioni a Defenders), non proprio brillante (specialmente la prima), le seconde stagioni dei difensori urbani di New York possono essere riassunte, volendo usare un gergo militare con “ripiegamento e ricognizione”; ma non ritirata, sia chiaro. Piuttosto un allontanamento dall’universo condiviso a tutti i costi e il ripiegamento a parabole e cicli narrativi incentrati sui singoli personaggi, delle serie ancor più monografiche insomma. La seconda stagione di Luke Cage, in particolare, può vantare una delle parabole ascendenti più convincenti di sempre a scapito però di un ritmo insostenibilmente lento e di alcuni dialoghi, densi di contenuto, ma che cozzano con l’anima action e pulp della serie. Ancora più della prima, questa seconda stagione di Luke Cage si conferma giustamente a due velocità, dove il ritmo serrato delle fasi di scontro tra protagonista e antagonista è spesso bruscamente interrotto dai momenti di introspezione individuale e famigliare. Senza per questo mai raggiungere (e per fortuna) la piattezza contenutistica della seconda stagione di Jessica Jones ma senza neanche mai convincere pienamente lo spettatore che ciò che si stia guardando sia effettivamente utile alla trama. Certo fa sempre piacere assistere a una polimorfa Alfre Woodard, e non mancano piacevoli sorprese anche dall’altro villain, Bushmaster, una versione ancora più fisica e battagliera del Killmonger cinematografico di Micheal B. Jordan, qui interpretato da Mustafa Shakir. Ma in generale la sensazione che lasciano le fin troppo forzate parentesi familiari sono di una generale incompiutezza quando non addirittura di mancanza di idee. E qui arriviamo al secondo aspetto ovvero:
Family First
Con Jessica Jones prima e Luke Cage poi, la sterzata Marvel/Netflix sulla vita e i trascorsi familiari dei protagonisti è ormai chiara. A questo si aggiunga la già in parte annunciata stagione 3 di Daredevil la quale, come si deduce dal cliffhanger di Defenders vedrà l’arrivo della madre di Matt. Una sterzata che indubbiamente garantisce da un lato delle storie di grande impatto introspettivo ma, appunto, dall’altro rischia di compromettere non poco il dinamismo delle vicende. È il caso, come accennavamo, della seconda stagione di Jessica Jones, dove il dramma familiare ricopre completamente l’intera parabola dei protagonisti. Non troppo ma sufficientemente diverso, è la gestione della tematica nella seconda stagione di Luke Cage, dove l’alternanza “famiglia-lavoro” funziona meglio anche grazie alla convincente interpretazione di Reginald E. Cathey (tra l’altro venuto a mancare lo scorso febbraio). Ma persino Luke Cage non può farcela da solo e allora ecco l’altro aspetto del futuro Marvel/Netflix:
Meno team, più team-up
Se durante la seconda stagione di Jessica Jones, verso la fine, si accennava a un possibile arrivo di Patsy Walker/Hellcat, la seconda stagione di Luke Cage ci ha invece benedetto con l’arrivo del dinamico duo marvelliano, gli “Heroes for Hire”, Power Man & Iron Fist. Oltre ad aver finalmente visto su schermo il Danny Rand che molti aspettavano e meritavano, la comparsa dei due eroi assieme chiarisce ulteriormente la direzione intrapresa da Netflix: non di abbandonare completamente l’Universo Condiviso ma semplicemente di declinarlo in maniera diversa ovvero attraverso la ricorrenza ai ben noti “team-ups”, ovvero gli incontri tra singoli personaggi e le relative collaborazioni; un espediente narrativo ben rodato nei fumetti del resto almeno quanto le storie di squadre come Avengers e X-Men. A conferma di tale scelta ci arriva la notizia che nella seconda stagione di Iron Fist sarà presente Misty/Knight, che nei fumetti è niente meno che la moglie del nostro protagonista.
Questa virata, diciamo meno intraprendente per quanto riguarda le interconnessioni tra personaggi, porta con sé svantaggi e vantaggi: i primi si riassumono in una minore libertà macro-narrativa, i cui effetti si sono già visti ampiamente nella seconda stagione di Jessica Jones. I secondi spaziano da una maggiore accuratezza nella psicologia dei personaggi fino alla possibilità di realizzare cicli narrativi più completi e autoconclusivi, attirando così più spettatori occasionali.
L’articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2018 sul sito http://inchiostro.unipv.it/
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