
Collateral beauty – Quando l’apparenza inganna
Un film corale che sulla sua locandina presenta i volti di Will Smith, Keira Knightely, Edward Norton, Kate Winslet, Helen Mirren, Michael Peña e Naomie Harris non può non suscitare interesse e aspettative da parte del pubblico. È proprio il caso di Collateral beauty (la cui regia è affidata a David Frankel de Il Diavolo veste Prada), applaudito da una fetta di pubblico nelle sale italiane e primo al botteghino, superando anche la coppia Pitt-Cotillard in Allied – Un’ombra nascosta, ma allo stesso tempo non molto apprezzato oltreoceano, al punto da essere considerato un flop (27 milioni di dollari incassati in USA a fronte di 36 milioni di budget).
In una cornice natalizia che “scalda i cuori” degli spettatori ed una trama alla ricerca di emozioni facili, Will Smith interpreta Howard, un pubblicitario sulla cresta dell’onda che cade in depressione a seguito della morte della figlia di sei anni, avvenuta a causa di un tumore. Lo stato catatonico del protagonista, che trascura il lavoro e passa le giornate a mettere in fila tessere del domino, porta i suoi amici (inscenati da Norton, Winslet e Peña), preoccupati per il futuro dell’azienda, a spiarlo tramite un’investigatrice privata. Non appena scoprono che Howard scrive delle lettere piene di odio all’amore, al tempo e alla morte, decidono di assoldare tre attori di teatro (interpretati da Keira Knightely, Jacob Latimore e Helen Mirren) con il compito di “apparire” ad Howard impersonando le tre entità astratte, col duplice scopo di spronarlo a superare il lutto e di realizzare dei video che poi, montati ad arte per eliminare gli attori, avrebbero provato la sua infermità mentale e di conseguenza lo avrebbero allontanato dal lavoro: un vero e proprio “reato a fin di bene”, che non avrà nessuna conseguenza, nemmeno un’arrabbiatura del protagonista.
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L’articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2017 sul sito http://inchiostro.unipv.it/
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