Behind the scenes of the Opera – Intervista a Viviana Nebuloni
Cover | Ph.: Lorenzo Montanelli
A proposito di opera lirica, Viviana Nebuloni è una giovanissima soprano, con un’energia e una visione travolgenti per il futuro della musica classica. L’ho scoperta su Instagram grazie all’algoritmo e al suo talento nell’uso dei social, così le ho chiesto di raccontarmi che significa lavorare, da giovane donna, nel circuito operistico sia come artista che come imprenditrice.
Così a Porta Romana la vedo entrare trafelata: reduce dall’ultima lezione con un’allieva e, come le capita spesso quando fa musica, ha smarrito la concezione del tempo. Lo chignon basso è morbido ma nel suo incauto dissolversi contribuisce a restituire una grazia naturale, una gentilezza fresca nella sua figura.
Sai, questo è uno dei pochi posti a Milano che ha una storia intrecciata alla musica e che la difende. Mi piace scoprire luoghi così.
Capisco subito che Viviana non teme di mettere la propria storia, l’intimità, le confidenze, sul tavolo.
Non si sente molto che sono di qua vero? Tutta colpa dell’orecchio musicale: il mio ragazzo è romano. La prima volta che l’ho conosciuto avevo un paio di cargo, i primi della mia vita… hanno funzionato!
Ho un sospiro di sollievo: pensavo di misurarmi con una “Beatrice” elegiaca presa e confezionata da un teatro all’italiana, e invece mi rendo conto del pregiudizio che mi ha condotto lì. Lei non è un’influencer operistica né una soprano né una manager: è Viviana Nebuloni, prima di tutto, e la sua personalità non lascia sconti all’interlocutore. Viviana attira l’attenzione su di sé, inevitabilmente, perché il nocciolo duro è la sua energia vitale, che si esprime con la musica ma non solo.
Ho compiuto le mie scelte assumendomene sempre le responsabilità, ma devo riconoscere che molti spunti mi sono arrivati dalle persone intorno a me: presto sempre ascolto alle sollecitazioni degli altri.
Il privato e il pubblico in Viviana si sono mescolati e intrecciati da sempre. Mi racconta della resistenza iniziale, quando aveva capito di voler proseguire nel difficile settore musicale, ma anche di come si è innamorata della musica grazie a incontri fortuiti e al supporto di amiche e amici, fidanzati, maestri.
Mia madre mi ha rincorso per tutta casa quando ha capito che non volevo diventare medico o ingegnere. Ma come dire a mio padre che non volevo fare il concorso per il posto fisso?
Così Viviana comincia con giurisprudenza e faticosamente tiene in piedi due percorsi, studiando Canto Lirico alla Civica Scuola di Milano Claudio Abbado. Poi cerca la convergenza per ricucire il filo di senso: fonda Operitage, in cui – supportata da tutte le maestranze del settore – fa confluire la sua vocazione imprenditoriale, il suo spirito di iniziativa, il business e la cultura.
Noto subito due cose: innanzitutto, le tematiche di confronto si accendono l’una nell’altra, stimolando un fluire di pensieri condivisi e possibili soluzioni; inoltre, la nostra conversazione subisce l’intermittenza delle fonti sonore da cui siamo attratte: il clangore delle tazzine, il fragore del pane spezzato, e poi Club Dogo in sottofondo. Faccio la domanda che mi attanaglia… ma tu come vivi questa cosa della musica pop?
Sono onnivora. Consumo di tutto. Non puoi stare fuori da ciò che vende, devi sapere qual è la musica piaciona. Tramite quello puoi avvicinare le persone a cose che non conoscono, o a cui per pregiudizio non si avvicinano.
Stai parlando dell’opera?
Vale in generale, credo. Ma nello specifico ci sono due ordini di problemi nel circuito: c’è un pubblico che anagraficamente scomparirà tra poco, e c’è un programma che è sempre identico. Tutti conoscono Rossini, anche solo per il cocktail, e basta a vendere biglietti. Ma abbiamo bisogno di libretti nuovi, con temi e idee fresche: un mio amico, Andrea Gerratana, ha composto un’opera la cui protagonista è un’anziana signora che guarda Canale 5 ipnotizzata dai salotti à la d’Urso, finché non arriva un ordine Amazon imprevisto… è una panciera! O meglio… no, non ti svelo come finisce, spero tu possa vederlo da te. Insomma, c’è la cultura nazionalpopolare italiana e l’e-commerce, che celano solitudine, abbandono, la narcolettica opinione pubblica. L’opera può parlare anche di questo!
Aspetta… questa la conosci? C’è Madame con un testo pieno di parolacce.
Ma certo che sì! Lei è una mitragliatrice!
Anche Viviana, scopro, scrive canzoni, spesso partendo da freestyle liberi, mischiando la formazione lirica con sound imprevedibili.
E quindi cosa si può fare? Insomma, mi sembra che ci siano problemi simili anche negli altri settori. Sai, i concorsi truccati, i provini che non ci sono più, le scelte di direzione e regia omologate, i critici sono agée e guardano sempre le stesse cose, la drammaturgia contemporanea è fiacca. E poi i soldi, dove si trovano i soldi?
La macchina è rotta – dice solennemente e senza mezzi termini lei. Ci sono corsi di composizione ma molti dei compositori finiscono poi a insegnare e spesso non per scelta. Ti racconto una cosa, sentiti libera di tenerla.
Io la interrompo. Viviana è giovane (e bionda! – le dico), con una carriera già avviata ma tutta da consolidare. Io, con fare democristiano ispirato al realismo politico, desidero tutelarla perché ho sperimentato sulla mia pelle il prezzo dell’onestà. Ma lei prosegue:
Ti serve l’intrallazzato politico, l’intrallazzato accademico, e la quota scomoda che però sa parlare il linguaggio del marketing. Questi sono i produttori a cui mi rivolgo io, per esempio. Se vuoi farti finanziare qualcosa di nuovo per scuotere gli onanisti incalliti che guardano ogni anno lo stesso Schiaccianoci, devi passare da qua. Che poi non è così lontano dall’impresariato del XIX secolo.
Viviana ha le idee molto chiare: non possiamo pensare di raggiungere grandi numeri con prodotti troppo concettuali.
Ci sono persone che (comprensibilmente) pensano che la Bohème sia un dolcetto.
Mi strappa una risata amara mentre replico… sì, ma io che la vado a vedere una volta, perché dovrei tornare a rivederla?
Pensaci, tu hai usato questo verbo: vedere. Bisogna cominciare valorizzando il fatto che l’opera non solo si guarda ma si ascolta: la macchina teatrale è pesante, le opere durano troppo per la soglia di attenzione odierna (sigh!), non ci sono accompagnamenti alla visione mediatici che ne spiegano i tratti contemporanei. Non puoi catapultare i nuovi pubblici dentro quattro ore di rappresentazione: prendi invece l’opera e la porti fuori dalla sua casa tradizionale, con formati artistici ibridi e più snelli.
Per questo usi i social?
No, aspetta! Non voglio i titoli sensazionalistici, tipo la giurista soprano o l’opera influencer. Sono una musicista che cerca di navigare in un ecosistema ostile ma anche pieno di bellezza.
Io la seguo da un po’ su Instagram. Nonostante il mio scetticismo un po’ passatista per i nuovi media e per il tasso di conversione tra like e presenza incarnata (cioè quanti di quelli che ti seguono poi vengono ai concerti, per esempio?) mi sono accorta subito che Viviana è scaltra e attenta a equilibrare l’attività di promozione della sua professione a lampi di quotidianità in cui, scherziamo, raccontare la “bionditudine”. Non a caso, per la Civica Abbado tiene dei corsi su come usare meglio i social per fare networking.
Puoi usare i social in modo attivo o passivo, tutto qui. Ho cominciato scrivendo a persone per parlare di Operitage: sai quanti non mi hanno mai risposto? Alcuni lo hanno fatto dopo un anno, e da lì sono cominciate collaborazioni. Ma ci vuole costanza: io passavo ore ogni giorno cercare attivamente profili nei vari settori, dal LùBar al Tempio del Futuro Perduto, con cui avrei voluto mettere a terra il mio progetto.
E le shitstorm? E i DM indesiderati?
Ci sono anche quelli, come nella vita reale. Li vivo abbastanza bene: ho una community che mi supporta ed è interessata a quello che mostro, sia i temi più tecnici legati alla musica che quelli più sociali che riflettono altri percorsi che mi stanno a cuore, ad esempio Chroma Studio della fotografa Agnese Puma: un nuovo polo artistico nel cuore del Prada District. Riesco a prendere le distanze e non ci rimango troppo male dai commenti scomodi.
Le racconto che io, invece, faccio un uso piuttosto spudorato del mio feed Instagram perché con 700 follower me lo posso permettere, mentre lei sente la responsabilità di un’audience così ampia.
Ho un po’ di pudore quando metto il mio corpo davanti alla fotocamera perché è quello che le persone aspettano per accusarmi di mercificare la mia femminilità. Perciò sono molto attenta a ciò che pubblico e tutelo la mia intimità e le persone che amo.
Penso che potremmo aprire un intero capitolo sull’erotizzazione del corpo femminile e sull’autocensura che questo ci impone, ma il terreno è scivoloso: sono consapevole delle inchieste, delle denunce, dei soprusi, della compravendita di favori per ascendere all’olimpo della cultura italiana. Ma mai mi era capitato di parlare direttamente con una coetanea che queste cose le aveva viste direttamente.
Hai mai avuto paura?
Qualche volta, ma non solo io. Spesso i colloqui di lavoro si traducono in uffici vuoti con luci soffuse, anche lo stalking è più diffuso di quanto si pensi a tutti i livelli. Conosco mie coetanee (e coetanei, perché esiste anche quella lobby) che lasciavano un tacito spiraglio sulla possibilità di concretizzare dei ménage con loro, pur di risultare interessanti ai vertici del sistema. Che poi, il vero vertice siamo esclusivamente noi stessi, uomini e donne.
La provoco… insomma, queste persone magari hanno usato la propria libertà sessuale con questo fine, dovremmo condannarle?
Assolutamente no, ma io non intendo associare la mia musica e professionalità al mio essere donna. Che qualcuno si definisca direttore o direttrice, non me ne voglia Vera Gheno, ciò che conta è che abbia davvero talento e sappia arrivare al pubblico, come dicevamo prima. Solo questo per me merita tutta la mia stima – lascio le polemiche nello sfarfallio di un clickbait.
La lucidità, l’ardore, la fibra morale con cui Viviana prende posizione sono notevoli: da giovanissima, scansa i fossi e prova a circondarsi di professionisti in cui crede.
A volte, anche solo frequentando queste persone, può succedere che gli altri si facciano un’opinione di te distorta, anche se tu provi a sottrarti a queste logiche.
Ho mollato tanti lavori mal pagati, tutte le volte avevo il terrore di lanciarmi nel vuoto ma poi, credimi, le opportunità si presentano raddoppiate se hai le competenze! Qualcuno le riconoscerà, e la tua integrità verrà ripagata.
E adesso dove guardi?
Sto fondando una società che fornirà servizi musicali innovativi. A volte è difficile la mia vocazione all’imprenditorialità si sovrappone anche a rapporti amicali, ma è un progetto in cui credo molto per innovare il business musicale. Sentiamoci tra qualche tempo e ti racconto meglio.
Niente buste sottobanco, retribuzioni ridicole e squilibrio di genere?
Piuttosto ci rimetto io.
In bocca a lupo.
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Intervista di classe dei due protagonisti. Ci hanno svelato una ragazza di talento, una “donna vertical” determinata e colma di passione. Credo che abbia centrato dei temi innovativi per rilanciare la lirica ai tempi tecnologici e colpisce l’ardore con cui supporta il suo progetto, le sue idee.