
Storie di libertà a Nòt Film Fest
La quarta giornata di Nòt Film Fest, il festival dedicato al cinema indipendente di Santarcangelo di Romagna che proseguirà fino al 27 agosto, ha avuto come suo focus la ricerca di libertà da parte dell’uomo. Si tratta di una libertà che deve essere intesa in tutte le sue possibili declinazioni: la possibilità di vivere come si desidera, occupando gli spazi promessi, usando la propria creatività come meglio di desidera. Birdmen, fiero media partner di Nòt Film Fest, vi presenta due lungometraggi e due cortometraggi, liberi anche nella struttura e nella fantasia, che portano sullo schermo questa tematica in declinazioni diverse e soprendenti.
Vi ricordiamo che è possibile recuperare i titoli presentati negli anni a Nòt Film Fest sulla piattaforma di streaming dedicata a cui è possibile accedere con una prova gratuita di sette giorni.

Memorie di una lavanderia ad acqua di Filippo Maria Cariglia
Il quartiere San Pio di Lecce sta cambiando. Le attività commerciali storiche stanno chiudendo, le strade si riempiono di persone e di musica ma solo di notte. Per osservare questa rivoluzione, Filippo Maria Cariglia sceglie l’oblò di una lavatrice: una lavanderia ad acqua, dopo vent’anni di attività, è prossima alla chiusura. L’innovazione che aveva portato al tempo dell’apertura non bastava più per sopravvivere in una nuova epoca per quella città.
Filippo Maria Cariglia porta con Memorie di una lavanderia ad acqua, basato sulla sua omonima raccolta di racconti, uno sguardo delicato sul fenomeno della gentrificazione, che sta modificando assetti, strade, popolazioni in modi improvvisi e inspiegabili. Lo fa con un occhio di riguardo alle persone che hanno reso quello che sono, raccontando le loro storie come se fossero la tradizione orale di un popolo destinato a perire e tramandarle fosse l’unico modo per permettere la loro sopravvivenza.

Free Time di Ryan Martin Brown
Drew (Colin Burgess) è stufo di riempire tabelle Excel: è ancora in quel range di età tra i 20 e i 29 anni dove si è in un eterno limbo tra l’adolescenza e la reale età adulta e proprio per questo si trova a considerare il lavoro come una prigione che lo trattiene dal poter viaggiare e vivere la sua vita come desidera. Proprio per questo decide di licenziarsi, di uscire dall’ufficio con una scatola contenente tutti i suoi effetti personali e una pianta, e di riprendersi la sua libertà.
In Free Time, Ryan Martin Brown traccia un quadro leggero e ispirato dell’ennui dei nuovi adulti, ridendo delle strategie che usano per sfuggire alla loro stessa vita. Il futuro potrà essere luminoso come annuncia la canzone che accompagna i titoli di testa, ma tutto dipende da quello che ciascuno di noi vuole farne. Drew difatti si trova spaesato in un mondo che non ha mai saputo esplorare e finisce per essere pedante, detestabile e poi per guidare un’inaspettata rivoluzione. Tutte caratteristiche tipiche dell’essere umano medio nei suoi vent’anni.

Cinemeta di James Arterberry
Perché fare un corto? Cinemeta di James Arterberry prova a rispondere a questa domanda in due modi: prima suggerisce scherzosamente che i registi di cortometraggi sono gli ultimi guardiani della forma cinematografica e poi spiega che si tratta di un mero biglietto di ingresso ai festival, anche perché il mercato distributivo è sempre più scarso. Cinemeta è come spiega il sottotitolo un corto estremamente consapevole di se stesso che vuole scherzare sulla sua forma. Difatti fin dall’inizio i due protagonisti cercano altri significati nelle inquadrature che stanno realizzando per prepararsi a rispondere alle domande del pubblico in un possibile Q&A.
Tra sovraintepretazioni, paranoie e tanto altro, il mestiere del regista include tantissimi altri compiti, tra cui indovino, maestro di parafrasi, diversity and inclusion manager. Con una divertente sorpresa anche nei titoli di coda, Cinemeta riflette sullo stato attuale del cinema e soprattutto sul senso del cortometraggio à tout-court.

Me, Myself & the Void di Timothy Hautekiet
Jack, un comico alla disperata ricerca del successo, scopre il suo stesso corpo inerme sul pavimento del bagno. Non si ricorda come ci sia finito e gli indizi che riesce a raccogliere non lo aiutano. Una manifestazione del suo migliore amico prova a guidarlo in quest’indagine in un vuoto misterioso al di fuori del tempo e dello spazio, mentre Jack ricostruisce l’ultimo periodo della sua vita, dal fallimento della sua relazione con Mia alla delusione dei suoi genitori.
Me, Myself & the Void, il debutto nel lungometraggio del regista belga-inglese Timothy Hautekiet, riflette in modo delicato, anche se a volte un po’ semplicistico, sulla salute mentale, sui silenzi che distruggono rapporti e sulle seconde possibilità. Guidato dall’irresistibile Jack De Sena, il film vede anche la partecipazione di Kelly Marie Tran, conosciuta ai più come Rose Tico nell’ultima trilogia di Star Wars.
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