
Ipostasi famigliari – “Mine Vaganti” esplodono a teatro
Nella sala c’è qualcosa di strano. Non è la presenza di quell’individuo in platea, attore che si colloca in una chiara zona di confine (il tema della liminalità è centrale, ma procediamo per gradi), accanto a quei gradini che conducono al palco. La stranezza manifesta nasce dal fatto che lo spettatore, al quale è pur minimamente nota la produzione filmica di Özpetek (una specie questa presente in sala), non cessa di chiedersi come potrà la felice scenografia cinematografica divenire felice drammaturgia teatrale, quali saranno i compromessi attuati, le aggiunte e i tagli operati.
È il 28 di febbraio 2023. Va in scena al Teatro Civico di Tortona Mine Vaganti, spettacolo tratto dall’omonimo film del 2010 di Ferzan Özpetek, ancora in tour per l’Italia (qui). Tuttavia, è improprio, quantomeno generico, sostenere che, in questo caso, lo spettacolo vada in scena. In vero, è più corretto dire che lo spettacolo e noi spettatori con esso entriamo in scena, nel momento in cui Tommaso (Erik Tonelli), il figlio minore, il personaggio in platea, si rivolge a noi, abbattendo una quarta parete che non si è mai innalzata: in questa pièce, lo spazio scenico finisce per coincidere, più o meno, con l’intero teatro.
Tommaso ci invita a guardare alla vicenda passata della sua famiglia, al momento in cui ha deciso che era ora di fare coming out. Ma la famiglia Cantone, la famiglia di Tommaso, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali altoborghesi non è pronta per l’evento, tanto più se anche l’altro figlio è omosessuale e batte sul tempo il fratello minore nel dichiararsi tale. Tommaso deve tacere, costretto dalla famiglia a diventare quello che l’altro fratello non è riuscito ad essere, ossia un nuovo pater familias, ipostasi del precedente, ancora in vita e interpretato da Francesco Pannofino.

Ipostatizzarsi non è soltanto una riduzione, ma anche un perdere sé stessi. Tommaso è sul punto di perdersi, se non fosse per l’azione della nonna: personaggio più riuscito, sia al cinema (era interpretato dalla compianta Ilaria Occhini) che a teatro, è donna angelicata che indirizza lungo la vera via della felicità, via lungo la quale è bene sbagliare sempre per conto proprio. «Tommaso, sei stato bravo a resistere. Fai così. Sbaglia sempre per conto tuo. […] Fanno così le persone che vogliono essere felici», afferma la nonna, interpretata da Simona Marchini, il pezzo forte della troupe, accanto ai ben noti nomi di Pannofino e Iaia Forte.
Configurandosi il racconto come sguardo sul passato, l’eco delle memorie del protagonista non è il solo che risuona. Là dove la memoria di Tommaso è debole e fallace, interviene quella dei cari amici, narratori dal pronto, quanto salace e allusivo motto di spirito, la cifra più eloquentemente comica del racconto. Lo sguardo retrospettivo della memoria non visualizza solo la vita di Tommaso; c’è la memoria della nonna, che, rimirando ora lo specchio, ora il pubblico, rende manifesta la sua storia, e ci sono le memorie dei genitori i quali, con un tentativo scientista, si sforzano in vano di dare una spiegazione razionale a quello che per loro è l’inspiegabile per antonomasia.
Lo sguardo al passato modifica la scena, fatta di pochi, essenziali oggetti domestici, composta perlopiù da teli che si muovono, ossia memorie che da un nebuloso agitarsi nell’aria diventano concreta azione in scena, epifanie. Tutto cambia, tutto muta, e il ricordo non è sempre fedele a sé stesso. La liminalità di cui sopra risiede in questa costante e ambigua mescidanza, per cui il vero si dà come somma di parziali falsità o ambigue verità, per cui nulla è mai come sembra. Emblematico di ciò è il ricordo della madre, ricordo di un pomeriggio al mare, ricordo tanto vero, quanto falsato dalle proprie convinzioni.

E lo spettatore? Egli che è entrato in scena? Egli diviene personaggio in toto, colui al quale è affidato il ruolo più ingrato: la platea diviene la piazza del paese e noi, il pubblico, l’insieme dei paesani che, mosso da un’irrefrenabile pulsione scopica, si accinge a guardare (e a giudicare). «Ho realizzato una commedia […] dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena» (Ferzan Özpetek). Che sia di ciò cosciente o no, Özpetek gioca con lo statuto ontologico del pubblico, il quale guarda in quanto pubblico a teatro, ma anche in quanto paese incuriosito. La potenza visiva, in senso estremamente letterale, è accresciuta, portata ad un alto grado. Si guarda, non si cessa mai di osservare l’oggettivarsi costante di un ricordo.
L’altro polo della vicenda è l’esplosione, il cui campo semantico è evocato già dal titolo. Il ricordo può essere visto come manifestazione, epifania si è detto, ma anche come esplosione, specie quando la sua forza apre nuove prospettive: ecco l’ambiguo passato del padre (una novità rispetto al film) che forse in gioventù si è divertito un po’ troppo. Esplosione che diviene gesto meditato, atto cosciente di autoaffermazione, considerando la scelta della nonna, la mina vagante per eccellenza, che si congeda da questa vita per sua scelta, dandosi la morte.
Il melanconico lirismo della pellicola viene attenuato in nome di un più lineare lieto fine, che non ha quel sapore dolce e amaro del film. La coralità della scena del funerale della nonna, ridotta nella pièce a notizia di cronaca, lascia posto in sala ad un più chiaro e didascalico epilogo, in cui il rapporto tra i famigliari si risana nel disteso e conviviale clima di una serata trascorsa tutti insieme. Per fortuna, l’ipostasi non si è data e la libertà del protagonista marca la verità della nonna: forse dogmatica, forse resa a slogan pubblicitario, ma ci ricorda che si è felici solo se si sbaglia per conto proprio.

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Mine Vaganti
uno spettacolo di Ferzan Özpetek
con Francesco Pannofino, Iaia Forte, Erik Tonelli, Carmine Recano e con Simona Marchini e (in o.a.) Roberta Astuti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Luca Pantini, Jacopo Sorbini
scene Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Pasquale Mari
produzione Nuovo Teatro in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana
diretta da Marco Balsamo
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