
La primavera della mia vita – La Sicilia esoterica di Colapesce e Dimartino
«Le storie di questa casa vuota bastano a riempire una reggia. Quando eravamo dei nani impazziti, ricordi? Poi arrivò quel cane nero, non si dormiva la notte. Cicale e formiche facevano festa nel cortile. L’odore di pianta annaffiata, di cuoio e di carne montana, la mia bicicletta e i tuoi soldatini immersi nel fango. E una mosca che pareva sempre la stessa, ogni anno era lì. E insieme a quel geco, la cena e un pigiama, e la sera veniva un po’ prima». Reduci da un percorso più che decennale fatto di lunghe nottate estive, spensieratezza infantile, partenze e ritorni, e racconti di una terra «ca nun teni cu voli partiri e nenti cci duni pi falli turnari», Colapesce e Dimartino debuttano al cinema con La primavera della mia vita, diretto da Zavvo Nicolosi e sceneggiato dai due cantautori insieme a Michele Astori.

I festeggiamenti per i dieci anni dall’inizio del percorso artistico del duo di Solarino e Misilmeri sono proseguiti ben oltre quel 2020 che ha tenuto a battesimo la collaborazione tra Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino con la pubblicazione dell’album I Mortali (e la successiva riedizione de I Mortali2), la distribuzione de I Mortali Live Movie su YouTube, e la loro prima partecipazione al Festival di Sanremo (chi afferma di essere riuscito a dimenticare il jingle di Musica leggerissima mente spudoratamente!), dove i due sono appena ritornati con Splash, il cui videoclip è stato diretto da Zavvo Nicolosi. Se squadra (al 100% sicula) che vince non si cambia, perché non rinnovare la collaborazione? È così che nasce il primo film interpretato da Colapesce e Dimartino, un road movie ambientato tra le strade assolate di una Sicilia metafisica ed esoterica. D’altronde, i due artisti hanno spesso dimostrato velleità cinematografiche in passato – basti pensare al videoclip di Reale (che mescola rotoscopio e animazione disegnata a mano), Giorni buoni (un singolare cannibal movie a cui l’estetica de La primavera della mia vita guarda più di una volta), Brezsny e L’altra guancia. In occasione del press tour dell’album I Mortali, Colapesce ha dichiarato: «L’adolescenza è sicuramente un tema che ci affascina. È una fase dove tutto è più rapido e amplificato, due ore sembrano settimane. Ti senti immortale. Eterno. Col tempo, invece, finisci per fare pace con la mortalità della vita, quel senso oggettivo che, una volta compreso, ha il suo fascino».

Ne La primavera della mia vita, Lorenzo e Antonio sono due adulti incompiuti che non si vedono da tre anni. Dopo aver posto fine al progetto musicale de I Metafisici, i due hanno intrapreso percorsi diversi. Antonio è scomparso senza spiegazioni; Lorenzo ha abbracciato il lavoro su commissione ma la sua vita ha preso una brutta piega, tra spot pubblicitari, ansie, paranoie e ipocondrie. Il ritorno del primo, riappacificato con l’esistenza, porta con sé una proposta piuttosto strampalata: i due, infatti, hanno ricevuto l’incarico pagato profumatamente da un misterioso gruppo committente – quello dell’Antico Ordine Semenita – di creare una guida ragionata alle leggende della Sicilia, con tanto di documentazione fotografica, da consegnare improrogabilmente entro una settimana, pena il mancato versamento della cifra pattuita. Per Antonio e Lorenzo ha inizio un viaggio di formazione che si snoda tra diverse città della Trinacria, alle prese con la leggenda della segale cornuta di Alicudi, strani sogni che spingono i personaggi ad affrontare i fantasmi del loro passato, la presunta origine messinese di William Shakespeare, il mito dei giganti antropofagi noti con il nome di Lestrigoni, il premonitore Trionfo della Morte, cover band dei Doors, pirati gattopardeschi dipendenti da droghe sintetiche, cene a mano armata e un mafia-tour (lo Speedy Pizzo) organizzato come sistema industriale per offrire ai turisti un’occasione unica per vivere il volto autentico della Sicilia. Ben presto, però, Lorenzo scopre che Antonio gli nasconde un segreto. La verità non tarda a venire alla luce.

Paradossalmente, è proprio l’andamento rapsodico (d’altronde Zavvo Nicolosi – che noi di Birdmen Magazine abbiamo intervistato – è noto per aver diretto numerosi videoclip per Colapesce e Dimartino) a impreziosire La primavera della mia vita e a conferirgli organicità attraverso l’accumulo onirico di storie che, qui, come fossimo in Big Fish di Tim Burton, contribuiscono alla costruzione di un universo sufficiente a sé stesso eppure aperto agli stimoli più svariati e alle referenze più eterogenee. La Sicilia del colorato duo di musicisti è una terra funambolica e picaresca, e le inquadrature – un po’ tableau vivant, un po’ fumettistiche e un po’ post di Instagram – alimentano il tono straniante di un mondo contraddittorio e deludente che diventa più accettabile perché traslato in una rappresentazione surreale. Il mistero è malinconico e sconfina nel buffo e nell’esistenzialismo, e come in molte delle canzoni della coppia, probabilmente è comprensibile soltanto da uno sguardo fanciullo, l’unico in grado di decodificare e accettare la sinestesia di sentimenti tumultuosi a cui un tale sposalizio tra finzione e realtà dà vita. Dietro il tumulto dell’apparenza si cela uno strano torpore che condanna la Sicilia alla trasformazione in una moderna Aurora, in attesa di un bacio che possa risvegliarla e amarla, nonostante tutte le sue profonde contraddizioni. A noi spettatori non resta altro che prestare fede all’odissea di Colapesce e Dimartino e cadere vittime del fascino illeggibile di una terra che condanna chi vi abita a una sorta di sonno eterno ma che, forse, vorrebbe solo sentirsi realmente amata e che si deposita come tesoro prezioso nel cuore di chi vi soggiorna anche solo di passaggio percependo il portato mitico e il segreto eterno e inconfessabile di «un posto in cui non cresce mai» veramente «l’addio».
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