
L’inizio come fine – Smarrimento di Lucia Calamaro e Lucia Mascino al Franco Parenti
Quando non si riesce a continuare, non si può che ricominciare
In sala siamo in molti. Non tanto (o non solo) perché Smarrimento di Lucia Calamaro ha inanellato anche al Franco Parenti di Milano una serie di sold out, ma perché il palco – apparentemente una camera d’albergo, un salotto bianco e lineare – si espande e si aggroviglia in un flusso di coscienza da cui fuoriescono personaggi, storie, citazioni di Guattari (o Derrida, è uguale) e cortocircuiti di tentativi e instabili inizi.

La dinamica è apparentemente semplice. O, meglio, delineata: Lucia Calamaro scrive per Lucia Mascino il suo primo monologo teatrale, Smarrimento. Lo spettacolo, prodotto da Marche Teatro, mette in scena una scrittrice in crisi creativa. I romanzi iniziati da tempo non riescono a concludersi e gli editori tentano di recuperare parte dell’anticipo organizzando reading e conferenze. Subito la scena si allarga: Lucia-e-Lucia sul palco senza sipario, noi sotto che abbiamo letto i suoi scritti, rispondiamo alle domande, ridiamo di gusto alle battute che strizzano l’occhio ai nostri studi.
Lucia-e-Lucia non è che non scrive più, è che non finisce. Ha un paio di incipit, delle scene già abbozzate che continua ad appuntarsi freneticamente mentre parla, perché se non te le scrivi subito poi scappano. Ha anche due personaggi: Anna, che vive il suo mondo con una certa ferocia e quest’anno lo passa lontano da casa per lavoro. Quando ha conosciuto Paolo lo ha quasi aggredito, gli ha chiesto Tu per chi campi? Qual è il tuo buon motivo?
La domanda però non fa esattamente per Paolo, che quest’anno rimane a casa con i bambini, una piccola, Margherita, e l’altro invece adolescente che quando torna si chiude in camera e non risponde. Paolo ha quella goffaggine dolce abitualmente attribuita ai padri, quelli buoni, quando gli tocca una moglie in carriera e devono gestire la famiglia. Quelle scene di domesticità maschile che anche se non vuoi ti fanno una certa tenerezza, anche se la casa è in disordine e le cose non sono buone come quando le cucina lei: si agita un po’ ma non è isterico, con il grembiule lasso mette a letto la bambina: sì la mamma manca anche a me, chiama di nuovo il figlio che la cena si fredda. Anna no, Anna è gelida, distante, risponde dal letto della stanza d’albergo: lo sai che metà delle coppie che conosciamo vivono a distanza.

Poi, nulla. Cioè non proprio nulla, un alternarsi sfocato di vorrei. Mascino scivola tra le voci, i personaggi e le emozioni con maestria rara, è una, due, cinque, siamo duecento e poi di nuovo da sola, delicata e attenta come le luci che gradualmente tingono la stanza bianca in cui si muove, anche lei vestita di bianco. Quando non si riesce a continuare, non si può che ricominciare scrive Calamaro nel testo e a conclusione della nota di regia che accompagna lo spettacolo nel suo tour peninsulare: “Smarrimento” è un dichiarato elogio degli inizi e del cominciare.
La sua stessa storia, in qualche misura, lo è: presentato nelle sale già due anni fa, viene quasi immediatamente arrestato dalla pandemia, si ripensa, si trasforma, ritorna come un’ondata potente tra quella che potrebbe sembrare l’ultima delle varianti del virus e quella che rischia di diventare la terza delle guerre mondiali. Quando non si riesce a continuare, non si può che ricominciare: il testo di Calamaro cristallizza un sentire non (più?) esclusivo del mondo creativo e autoriale. Quella sensazione di ebrezza agli albori di un nuovo progetto, la convinzione adrenalinica che sì, lavorerai giorno e notte, non dormirai per settimane se necessario, ma lo realizzerai: è lui, Il progetto. È lei: La Persona, L’amore. Siamo noi: L’umanità che non potrà che uscire migliore da questo periodo, tutto questo sarà valso a qualcosa. Ricominciamo.

Poi la vita, i giorni, gli impegni, il lavoro, le bollette, le priorità, la paura. Come Paolo ci aggiustiamo il grembiule e ci limitiamo a tenere precariamente insieme il tutto in attesa che torni qualcosa, o qualcuno. Smarrimento sta tutto in questo interstizio, con tutta l’intelligenza, l’ironia e il talento che sono necessari per guardarsi allo specchio e riconoscersi in questo ritratto.
Ma la nevrosi non lascia scampo. È leggera, ma inesorabile, quasi compiaciuta: cominciare, ri-cominciare, ha qualcosa a che fare con la dipendenza. Un’eredità disillusa che forse ci arriva dal secolo scorso, trivellato da un susseguirsi di avanguardie nate e terminate in pochi anni. O forse siamo sempre stati così, smarritə. Come uscirne, Lucia-e-Lucia, Anna, Paolo e Margherita non lo accennano. Rimangono incastratə, così a lungo da trasformare l’attesa in una stanza d’albergo, un salotto bianco e lineare.
11 – 20 Febbraio 2022 | Franco Parenti Sala AcomeA
uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro
per e con Lucia Mascino
scene e luci Lucio Diana
costumi Stefania Cempini
allestimento tecnico Mauro Marasà
tecnici Cosimo Maggini, Michele Stura, Jacopo Pace, Federico Occhiodoro, Marco Scattolini, Lorenzo Guerriero
amministratore di compagnia Serena Martarelli
direttore di produzione Marta Morico
organizzazione, distribuzione Alessandro Gaggiotti
assistente di produzione Claudia Meloncelli
comunicazione e ufficio stampa Beatrice Giongo
produzione MARCHE TEATRO
durata 55’
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