Drive My Car – Parole e ruoli da autenticare

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Andrea Giangaspero

È redattore per «Birdmen Magazine». Ha conseguito a Pavia la laurea magistrale in Filologia Moderna: scritture per la scena e per lo schermo, con una tesi su Abbas Kiarostami. Ha preso parte alla Giuria Internazionale del Premio UNIMED alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia. Gestisce rassegne cinematografiche ed è stato docente del Seminario di Analisi del film all'Università di Pavia. Ama smodatamente la prima squadra della capitale, la musica di Max Richter, la pizza, il ramen e i ravioli al vapore, il povero Balthazar e, ovviamente, il Cinema Orientale.

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  • […] Da Murakami, Hamaguchi adatta per il cinema il racconto Drive My Car. Lo allunga, esagera l’uso della parola senza neppure smarrirla nel contraltare del silenzio (abitato dal linguaggio dei segni, che difatti pronuncia parole coi gesti). Un film densificato di idiomi tra loro diversi che sposta di continuo la comprensione di un dolore. Per venirne a patti, tocca allora alla condivisione di esso, entro una vecchia Saab rossa o sul palco durante lo Zio Vanja di Cechov, all’apertura del proprio sguardo verso l’altro: anche quando questo dolore abita in un terreno che non si conosce, in un’immagine complessa che nell’idioma sconosciuto dei segni coreano impone uno sforzo in più, allontanarsi da sé e scomodarsi per imparare a guardare, a capire di nuovo. Andrea Giangaspero / Leggi la recensione […]

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