Il caso Mattei – Sessant’anni dalla morte, cinquant’anni dal film
Poche figure nella storia dell’Italia contemporanea paiono così importanti come Enrico Mattei: da operaio in fabbrica a presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), coinvolto nelle relazioni internazionali con URSS e Stati Uniti, nel movimento di decolonizzazione dei Paesi arabi, nei conflitti tra correnti interne della Democrazia Cristiana. Mattei riuscì a essere rilevante in ognuna di queste vicende storiche, forte della consapevolezza dell’importanza strategica di petrolio e metano per l’Italia del dopoguerra. Morto nel 1962 in un incidente aereo, la sua scomparsa ha subito alimentato indagini e speculazioni sulle circostanze dell’avvenimento.
Nel 1972 esce nelle sale Il caso Mattei, diretto da Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté nei panni dell’eponimo protagonista. L’opera si aggiudica la Parla d’oro e una menzione speciale per per Volonté, protagonista anche del premiato ex aequo La classe operaia va in paradiso (1971). Il film resta, con il punto di forza della struttura, un memorabile tentativo di trattare, partendo da un fatto di cronaca, le ramificazioni politiche dell’operato di Enrico Mattei.
La narrazione segue due fili paralleli, alternati per mantenere rapido il flusso da una scena all’altra: uno è quello biografico, che prende le mosse dall’immediato dopoguerra e dalla nomina di Mattei come presidente dell’Agip, con il mandato di liquidare l’azienda statale; l’altro è il filo investigativo, più marcatamente documentario, che traccia i contorni delle indagini sull’incidente aereo in cui perse la vita l’allora presidente dell’Eni. L’incidente aereo, che separa in modo netto le due cronologie, è la prima sequenza raccontata nel film, perché la morte di Mattei è in fondo l’aspetto più immediatamente intrigante del personaggio. E prima dei titoli di coda, dopo aver riflettuto sui legami tra l’Eni e la politica italiana e internazionale, dopo aver sviscerato gli interessi in gioco, il regista ci riaccompagna, rallentando il ritmo narrativo, a quell’ultimo volo; finalmente vediamo Mattei che sale a bordo dell’aereo, accompagnato da quel giornalista americano che sappiamo essere morto con lui.
La peculiarità del film, opera meritoria al di là dell’interesse storico dei fatti trattati, sta proprio nella capacità del regista di montare le informazioni diffuse e contraddittorie in un sistema di scene propriamente narrative, che non riducono la complessità della materia e anzi rendono facilmente comprensibili gli snodi di vita e morte dell’«uomo più potente d’Italia».
Il film ha qualcosa dell’agiografia: Volonté è un Mattei estremamente carismatico, complice specialmente il montaggio che concede spesso al protagonista l’ultima parola. D’altro canto è vero che il personaggio storico si presta a essere letto come un martire, morto perché scomodo alla mafia e alle “sette sorelle”, le compagnie del cartello petrolifero statunitense. La figura energica, caparbia e indipendente che esce dallo schermo non diventa stucchevole grazie alla stretta aderenza alla realtà e la leggerezza con cui viene trattato il materiale più aneddotico: tanto per fare un esempio, la cura con cui Mattei ispezionava l’operato degli addetti alle pompe di benzina viene puntualizzata in una scena dalla durata di una manciata di secondi, di grande efficacia anche per la sua brevità.
Dopo cinquant’anni il film ha maturato una pregnanza postuma forse ancora maggiore di quella che aveva all’uscita: lo spettatore contemporaneo conosce la realtà delle guerre del Golfo e della guerra in Crimea, sa che gas e petrolio continuano a essere pilastri dell’economia globale. Al valore che aveva nel 1972 il sogno di un’Italia energeticamente indipendente si è aggiunta l’ombra dell’inquinamento ambientale e l’urgenza di fonti alternative: il quadro oggi ancora più complicato moltiplica l’interesse per l’affaire e di conseguenza per il film che lo racconta.
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Sì, un film straordinariamente innovativo nella composizione di recitazione e materiale documentario; questa è tra le opere che aprono la strada al cinema “civile” che avrebbe percorso il decennio. Grande Rosi e grande Volonté.
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